Fiabe più belle, la nostra top 10

fiabe più belle

Molte delle fiabe più belle che oggi conosciamo, che sono entrate a far parte della nostra tradizione e della cultura di massa, hanno in realtà origini antichissime: ne presentiamo qui le dieci, secondo noi, più famose.

Con il termine fiaba indichiamo dei racconti scritti da un autore che, prendendo avvio dalle tradizioni popolari e con l’intento di intrattenere, hanno per protagonisti giovani provenienti da mondi fatati, principi, principesse pronti a far diventare realtà i sogni di milioni di bambini.
Differentemente, invece, identifichiamo come favole dei racconti aventi per protagonisti degli animali che, oltre ad intrattenere, assolvono ad una funzione educativa perché caratterizzati da una morale finale.

La volpe e l’uva
Scritta dal celebre scrittore greco Esopo, la favola racconta di una volpe crudele che, trovatasi molto affamata in un vigneto, cercò di afferrare da tralci di vite dei grossi e succosi grappoli d’uva. Purtroppo, nonostante provasse e riprovasse, non riuscì. Cercando di contenere l’imbarazzo del fallimento, decise di andarsene, affermando che l’uva fosse «troppo acerba» per essere mangiata. La morale finale è ben individuabile: intende descrivere tutte quelle persone che, amareggiate dal fallimento, disprezzano lo stesso premio precedentemente oggetto del loro desiderio. Quante volte, infatti, abbiamo sentito il famoso proverbio «Quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba»?

Il topo di campagna e il topo di città
«L’erba del vicino è sempre più verde», questo il secondo detto che descrive al meglio il significato dietro l’apparentemente semplice favola di Esopo Il topo di campagna e il topo di città. Essere invidiosi di ciò che non abbiamo e non apprezzare ciò che già si ha sintetizza molto bene la trama della favola. Due topolini, uno di campagna e uno di città, stanchi delle rispettive vite decidono di scambiarsele per un po’, così da vivere l’uno nei panni dell’altro. Tuttavia, si resero ben presto conto di quante difficoltà la vita dell’altro presentava, nonostante fosse la cosa che più avevano desiderato al mondo, realizzando, alla fine, che ciò che avevano avuto fino a quel momento forse tanto male non era.

Hansel e Gretel
Le fiabe, spesso, si rivelano essere assai cruenti ed inquietanti ed è questo il caso di una delle fiabe più conosciute dei fratelli Grimm: Hansel e Gretel. La fiaba parla di due fratelli, Hansel e Gretel appunto, che, vivendo con la famiglia in una situazione di estrema povertà, vengono abbandonati dal padre nel bosco sotto pressioni della loro perfida matrigna. Non riuscendo più a trovare la strada del ritorno, giungono alla casa (fatta interamente di marzapane) di quella che apparentemente sembra essere una vecchia molto affabile. Quest’ultima, però, si rivelerà essere una terribile strega che cattura bambini con l’intento di divorarli. Nonostante ciò, grazie alla loro astuzia e furbizia, i due fratelli non solo riusciranno a non farsi divorare, ma con uno stratagemma attuato da Gretel riusciranno anche ad uccidere la perfida strega, rubarle tutti i suoi averi e tornare a casa sani e salvi.

Biancaneve
La fiaba di Biancaneve (Schneewittchen in tedesco), è una delle fiabe più apprezzate dai bambini e, la versione da noi conosciuta, fu scritta da Jacob e Wilhelm Grimm. La trama, sicuramente nota ai più, parla di una giovane fanciulla che alla nascita fu chiamata Biancaneve, per via della sua pelle bianca come la neve e i suoi capelli color ebano. Dopo la morte della moglie, il padre di Biancaneve si risposò con una matrigna cattiva che, invidiosa della giovane, la convinse a mangiare una mela avvelenata che la fece cadere in un sonno profondo. Non molti sanno, però, che le diverse varianti della fiaba originale presentano particolari molto più cruenti rispetto alla versione Disney che tutti conosciamo. Nella versione del 1812, ad esempio, la strega cattiva non ordina al cacciatore di portare il cuore di Biancaneve bensì il suo fegato e il suo polmone, così da poterli mangiare con sale e pepe. Nella versione successiva, quella del 1819, il cacciatore porterà alla matrigna un cuore e un polmone non appartenenti a Biancaneve ma ad un cinghiale che, alla fine, verranno comunque mangiati dalla matrigna. Nella versione Disney, inoltre, la strega cattiva si presenterà alla porta di Biancaneve una sola volta convincendola a mangiare la mela avvelenata. Differentemente, invece, accade nelle versioni precedenti dove, nella prima, la strega si presenta due volte, attentando alla vita della fanciulla prima con un pettine avvelenato e poi con la celebre mela; nella seconda, la matrigna busserà alla porta di Biancaneve tre volte tentando di ucciderla prima con un nastrino, poi con il pettine avvelenato ed, infine, con la mela.

La Belle Addormentata nel bosco
Tra le fiabe più famose di tutti i tempi annoveriamo sicuramente anche La bella addormentata nel bosco. Le versioni che ricordiamo sono principalmente due: quella di Charles Perrault e quella dei fratelli Grimm. La versione di Perrault, che dà alla fiaba il titolo così come lo conosciamo noi oggi, parla di una fanciulla che, il giorno del suo battesimo, verrà condannata da una fata malvagia ad un triste fato: all’età di quindici anni si sarebbe punta con un fuso e sarebbe morta. Tuttavia, le altre fate presenti al battesimo riescono a modificare l’incantesimo: la giovane non sarebbe morta, ma sarebbe sprofondata in un sonno lungo cento anni da cui si sarebbe potuta risvegliare solo grazie al bacio di un principe. Nonostante tutte le precauzioni prese dal Re e dalla Regina, compiuti i quindici anni la fanciulla va incontro al suo triste destino venendo però risvegliata cento anni dopo da un principe che, giunto al castello, si innamorò perdutamente di lei. Vi è una seconda parte della versione di Perrault che non è presente nella versione dei Grimm che vede la nascita dei figli del principe e della principessa: Aurora e Giorno. In questa versione, il principe tiene la madre, una temibile orchessa mangia-bambini, all’oscuro della notizia; tuttavia, quando l’orchessa scopre la verità decide di uccidere tutti i componenti della famiglia mangiandoli per cena. I due bambini e la principessa riusciranno a salvarsi grazie all’aiuto del furbo cuoco che, invece di servire all’orchessa i loro corpi, serve un agnello, una capra ed un cervo.

Cappuccetto Rosso
Una bambina, un lupo e una nonnina: Cappuccetto Rosso è sicuramente LA fiaba tra le fiabe e, così come è accaduto per Biancaneve e La Bella Addormentata nel bosco, anche questa presenta diverse varianti. Le due versioni a noi più note sono, ancora una volta, quella di Perrault e dei fratelli Grimm. La prima, quella di Perrault, era pensata per avere una morale finale ed incisiva, non caratterizzata dal lieto fine. Nella versione francese, infatti, non c’è nessun cacciatore che salva la nonna e la bambina aprendo la pancia del lupo e, soprattutto, ci sono degli espliciti riferimenti sessuali che, probabilmente, più che incantare inquietavano. Dei fratelli Grimm, invece, conosciamo due versioni: la prima è la versione classica giunta sino ai nostri giorni, la seconda, invece, rappresenta un seguito dove Cappuccetto Rosso sarà avvicinata da un secondo lupo. Tuttavia, reduce dall’esperienza passata, la bambina riesce ad ingannare il lupo dandogli le indicazioni sbagliate e ad avvisare tempestivamente la nonna. Arrivato alla casa della nonna e avendo trovato la porta sbarrata, il lupo cercherà di entrare in casa attraverso la canna fumaria del camino, alla cui base, però, la nonna aveva posto una pentola d’acqua bollente. Il lupo vi cadrà dentro e morirà.

Alì Baba e i Quaranta Ladroni
Un caso eclatante della narrativa breve è caratterizzata da Le mille e una notte. L’opera si presenta come una raccolta di racconti di origini orientali, di differente ambientazione e scritte da diversi autori. I vari racconti sono tenuti insieme da una cornice narrativa nella quale viene raccontata la storia del re persiano Shahriyar che, traumatizzato dal tradimento della moglie, uccide tutte le sue nuove spose dopo la prima notte di nozze. La situazione viene però stravolta da Sharazad che decide volontariamente di offrirsi in sposa al re, avendo pensato ad uno stratagemma per non essere uccisa. La donna infatti, ogni notte, intratterrà il Re raccontandogli delle storie, senza mai però raccontare il finale che verrà appositamente rimandato al giorno dopo, così da avere la sicurezza di non essere uccisa. Tra le varie fiabe facenti parte della raccolta, ricordiamo Alì Baba e i quaranta ladroni. Il protagonista, Alì Baba, è un taglialegna che, mentre un giorno lavorava nel bosco, sentì le voci di alcuni ladroni che, con la formula magica «Apriti Sesamo» entrarono in una caverna. Dopo che i ladroni si furono allontanati, incuriosito, Alì Baba decise di provare ad entrare, scoprendo così le ricchezze contenute nella caverna e rubandone una parte. Quando i ladroni si accorsero dell’intrusione, decisero di vendicarsi presentandosi a casa di Alì Baba fingendosi mercanti d’olio e trasportando con loro quaranta giare che, in realtà, erano pieni di ladroni pronti ad ucciderlo. La schiava Morgiana, accorgendosi dell’inganno, salvò la vita al giovane versando all’interno delle giare dell’olio bollente che uccise i ladroni. In segno di riconoscenza, saputo dell’accaduto, Alì Baba concederà Morgiana al suo primogenito.

La Belle e la Bestia
Tra le fiabe più belle e più rielaborate di tutti i tempi annoveriamo sicuramente anche La Bella e la Bestia le cui origini vengono fatte risalire addirittura a ad Apuleio che, nel suo L’ Asino d’oro, racconta la travagliata storia di Amore e Psiche. Una prima stesura della fiaba così come la conosciamo oggi avviene attraverso la penna della scrittrice francese Gabrielle-Suzanne Barbot de Villenueve. La scrittrice ci narra di una giovane donna che, costretta a convivere con un’orrenda bestia, finisce per innamorarsi di quest’ultima. Successivamente, la fiaba fu rimaneggiata ed accorciata dall’aristocratica francese Jeanne-Marie Leprince de Beaumont. Lavorando come insegnante, Beaumont non solo decise di abbreviare la storia per renderla più immediata, ma utilizzò anche un tipo di linguaggio per niente artificioso che potesse rendere la fiaba più incisiva e la morale finale più immediatamente comprensibile. Rivolgendosi ad un pubblico di bambini, Beaumont decise anche di eliminare qualsiasi tipo di riferimento sessuale e qualsiasi tipo di elemento eccessivamente disturbante e sanguinoso. La sua versione fu talmente apprezzata che nel 1857 fu tradotta per la prima volta in inglese. La fiaba così come la conosciamo noi oggi è stata oggetto di numerose interpretazioni ed analisi che hanno visto nei personaggi di Belle e della Bestia la dicotomia (e la conseguente accettazione) del bene e del male. Difatti Belle, che rappresenta il bene, impara ad amare e ad apprezzare la Bestia che, a sua volta, rappresenta il male. La loro relazione starebbe a rappresentare la capacità dell’essere umano di accettare il male dentro di sé, trasformarlo ed elevarlo. Così come Belle accetta il suo male (e quindi la possibilità di amare la Bestia), al tempo stesso la Bestia deve trasformare il proprio male e renderlo degno, così poter essere oggetto di amore e di affetto.

Cenerentola 
Tra le fiabe più belle annoveriamo anche Cenerentola, la cui tradizione nasce nell’antico Egitto con la storia della schiava Rodopi. Secondo questa più antica versione, l’iconica scarpa non era di cristallo ma di velluto rosso. Con l’arrivo in Europa, fu attestata nelle successive versioni come scarpa d’oro, considerato il materiale più prezioso all’epoca. Perrault la fece diventare una scarpina rivestita di un particolare tipo di pelliccia detta “vair”, parola che fu confusa con la pronuncia di “verre” (“cristallo”) dando origine all’iconica scarpa di cristallo tramandataci fino ai nostri giorni. Prima delle versioni di Perrault e dei fratelli Grimm, è doveroso citare anche la versione di Giambattista Basile presente ne Lo Cunto de li Cunti: La Gatta Cenerentola, versione assai differente ambientata a Napoli. All’interno della fiaba di Basile ci sono numerosi elementi che divergono dalla versione di disneyana memoria come, ad esempio, la protagonista, Zezzolla, che arriverà persino ad uccidere la matrigna. Cenerentola è il perfetto esempio delle origini plurisecolari delle fiabe, tant’è che la ritroviamo anche nella tradizione cinese con il titolo Yeh-Shen. È interessante citare questa versione in quanto è proprio da qui che nasce il particolare della scarpa di cristallo che poteva essere indossata solo da Cenerentola: infatti in Cina, era considerato simbolo di nobiltà avere i piedi molto piccoli ed, avendo Cenerentola i piedi più piccoli del regno, era chiaro che la scarpina di cristallo potesse essere indossata solo da lei. Cenerentola è anche l’esempio del forte impatto che le fiabe hanno avuto a livello culturale. Lo stesso nome della protagonista, Cenerentola, oggi viene utilizzato per descrivere una persona estremamente buona e, il più delle volte, costretta a vivere così come la protagonista della fiaba, obbligata a svolgere pesanti lavori domestici. Allo stesso modo il nome della sorellastra di Cenerentola, Genoveffa, oggi viene utilizzato per descrivere, in maniera alquanto dispregiativa e maleducata, donne che non sono ritenute particolarmente avvenenti.

Jack e la pianta di fagioli
L’ultima fiaba che presentiamo è una fiaba molto popolare in particolar modo in Inghilterra e negli Stati Uniti. Jack e la pianta di fagioli narra di un bambino, Jack (“Giacomino” nella versione italiana), che andò al mercato per vendere la sua mucca che non produceva più latte. La mucca fu venduta ad un vecchio che, in cambio, diede a Jack dei fagioli magici. La madre del bambino, pensando che il figlio fosse stato raggirato, andò su tutte le furie e gettò via i fagioli. La mattina seguente, proprio nel punto in cui la mamma di Jack aveva gettato i fagioli, era cresciuta un’enorme pianta. Jack vi si arrampicò trovandosi nel regno di un gigante enormemente ricco. Il bambino, non solo riuscì a rubare dell’oro ma anche la celebre gallina dalle uova d’oro, abbattendo successivamente la pianta e vivendo, conseguentemente, nell’agiatezza per tutto il resto della sua vita insieme alla madre. Nessuna informazione ci è nota rispetto all’autore del racconto, che apparve per la prima volta nel libro The History of Jack and the Bean-Stalk per poi essere resa celebre dal folclorista australiano Joseph Jacobs.

Immagine in evidenza: Wikipedia

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