Ashoka (304 a.C − 232 a.C) è stato uno dei più importanti sovrani dell’Impero Maurya. In breve tempo riuscì a porre sotto il suo dominio gran parte del subcontinente indiano oltre a zone dell’Afghanistan, Persia e Bengala. La storia di Ashoka si intreccia con la leggenda: un sanguinoso imperatore che seminò morte e guerra a un certo punto si convertì al buddhismo, iniziando a predicare la non-violenza. La sua conversione è una delle più famose della storia e ha influenzato profondamente il buddhismo. La domanda che si sono posti storici e studiosi è: la conversione dell’imperatore è stata una scelta politica o spirituale?
La storia di Ashoka
La sua nascita sembrerebbe essere stata predetta da Gautama Buddha stesso. Sua madre, una delle spose dell’imperatore Maurya Bindusāra, pur non essendo di sangue reale era stata accettata nell’harem per via di questa profezia. Sebbene fosse il più giovane dei principi, Ashoka grazie al suo carattere forte e determinato riuscì ad ottenere il rispetto dei suoi fratelli. Loro tentarono spesso di ostacolarlo cercando di metterlo contro il padre. Quest’ostilità gli costò due anni di esilio nella regione di Taxila. In seguito alla malattia di Bindusāra, molti ministri lo convinsero a prendere il suo posto, preferendolo al successore designato Susima. Dopo aver accettato l’incarico, Ashoka attaccò Pataliputra e uccise tutti i suoi fratellastri, affermando il suo potere. Le fonti datano la sua incoronazione al 268 a.C, ben quattro anni dopo l’effettiva presa di potere. In questi quattro anni Ashoka conduce un governo violento e ostile con l’intento di sottomettere l’intero subcontinente indiano.
Il punto di svolta nella storia di Ashoka fu la guerra di Kalinga iniziata intorno al 261 a.C. Questo territorio aveva un’importanza strategica per l’impero Maurya grazie alla sua posizione sulle rotte commerciali tra il nord e il sud dell’India, oltre ad essere un posto ricco di risorse naturali. Kalinga tentò di mantenere la sua indipendenza nonostante la crescente potenza dell’impero di Ashoka, una scelta percepita come un affronto all’imperatore. La guerra fu feroce e violenta da entrambe le parti, causando circa 100.000 morti e 150.000 prigionieri del territorio fino ad allora indipendente. Kalinga venne annessa all’Impero ma la consapevolezza del massacro cambiò profondamente Ashoka, consumato dal rimorso.
La conversione dell’imperatore
Secondo quanto narrato nelle leggende buddhiste (Ashokavadana) l’imperatore, dal giorno successivo alla fine del conflitto, dopo aver camminato sui cadaveri, perse il sonno per molto tempo. Probabilmente la moglie Devi, inorridita dalla sua ferocia lo lasciò portando via anche i figli. Il suo avvicinamento alla fede buddhista sembra essere stato graduale e principalmente innescato dalla figura di qualche monaco che ha iniziato a dialogare con lui. Su questo le diverse fonti biografiche raccontano storie diverse. Quel che è certo è che dopo la sua conversione, Ashoka fermò le sue conquiste militari e si dedicò alla diffusione del Dharma, abbracciandone tutti i principi (non-violenza, compassione, tolleranza religiosa). Nominò una nuova classe di funzionari Dharma-mahamatras incaricati di diffondere il buddhismo insieme a missionari che viaggiavano in Sri Lanka, Siria, Egitto, portando il Dharma fuori dai confini indiani. Ashoka si impegnò nella costruzione di monumenti buddhisti di vario tipo (stūpa, vihara e colonne con iscrizioni).
Molto conosciuti sono gli editti di Ashoka, delle iscrizioni che si trovano su rocce e pilastri in tutto il territorio Maurya. I temi principalmente trattati sono la sua conversione, precetti morali e religiosi, e il benessere del popolo e degli animali. All’interno di queste iscrizioni Ashoka si auto-definisce il “prediletto degli Dei”, per via della profezia che ha caratterizzato la sua venuta al mondo e il suo essere considerato un vero e proprio chakravartin, ovvero un sovrano universale che regna in modo benevolo e pacifico.
Nel corso del tempo gli storici si sono interrogati su quali fossero le reali motivazioni dell’imperatore. Nonostante non sia possibile avere una risposta certa, è probabile che la scelta di Ashoka sia dovuta a una serie di ragioni tanto politiche quanto personali. La sua propensione verso il buddhismo potrebbe essere stata motivata da un reale cambiamento interiore ma è anche utile notare che, in un Impero così grande e vario, adottare i precetti buddhisti di non-violenza e compassione avrebbe garantito maggiore armonia. Inoltre, dopo aver sparso così tanto sangue e aver sottomesso intere regioni promuovere un approccio pacifico sarebbe stato utile a ripulire l’immagine negativa che gli era stata attribuita. Dalle fonti si evince infatti che, precedentemente il suo soprannome era quello di chandrashoka ovvero, Ashoka il crudele, e che solo successivamente venne riconosciuto come Dharmashoka, ovvero Ashoka il giusto. In ultimo va tenuto in considerazione che molto probabilmente il ritratto che è stato tracciato dell’Imperatore prima della conversione (specie nelle fonti buddhiste) possa essere stato enfatizzato e esagerato per amplificare il cambiamento positivo che la conversione avrebbe avuto sul suo approccio politico e morale. Indipendentemente dalle sue motivazioni, la storia di Ashoka rimane una grande testimonianza. Egli attraverso la sua conversione, ha dato un grande contributo allo sviluppo e alla diffusione del buddhismo in tutto il territorio indiano e non solo.
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