La vita del Buddha è senza dubbio uno degli aspetti più affascinanti della religione buddista; in modo particolare ci concentreremo sulla fase della giovinezza.
Le numerose versioni esistenti furono composte svariati secoli dopo la sua morte e nessuna di esse può essere considerata completamente storica.
Secondo la leggenda, gli Shakya erano gli antenati del Buddha appartenenti ad una classe nobile di guerrieri a capo della città di Kapilavastu. Il Buddha storico fu concepito quando sua madre, Māyā, sognò di essere penetrata dal fianco da un elefante bianco. In seguito alla sua nascita, i saggi affermarono che quest’ultimo sarebbe diventato Buddha se avesse lasciato il palazzo, o un monarca, in caso contrario.
Māyā diede luce al bambino nella postura della fertilità, ed il neonato immediatamente si alzò, fece sette passi e dichiarò che quella sarebbe stata la sua ultima rinascita; fu chiamato Siddhārta, ovvero “colui che ha raggiunto la meta ultima”. Su di lui era possibile vedere segni e simboli della sua superiorità, i cosiddetti “Laksana”.
Siddhārta passò buona parte della sua giovinezza segregato nel palazzo di famiglia su volontà del padre, che sperava per lui un futuro da monarca. Cercò di intrattenerlo con ogni tipo di piacere e lo fece anche sposare.
Ciò non bastò a soddisfare la curiosità del Buddha, che voleva vedere il mondo esterno: a ventinove anni uscì per la prima volta dal palazzo reale ed acquisì la consapevolezza della crudeltà della vita attraverso le famose “quattro uscite”.
Durante la prima uscita incontrò un uomo anziano, che gli fece comprendere quale fosse il destino di tutti gli uomini. Durante la seconda, vide un uomo malato che gli fece riflettere sulla pazzia dell’uomo nel divertirsi, nonostante lo spettro costante della malattia. Nel terzo episodio, Siddhārta si imbatté in un funerale, che rappresentò per lui il riconoscimento della sventatezza dell’uomo che vive dimenticandosi della morte. Infine, egli vide dei contadini, quindi provò compassione e dolore per la sofferenza degli stessi e degli animali.
Il Buddha giunse così alla conclusione che la sofferenza accomunasse tutti gli uomini, e che essa fosse causata dall’attaccamento alla vita.
Dopo aver visto un mendicante religioso, decise di abbandonare la vita familiare, perché solo come asceta poteva raggiungere la condizione spirituale senza macchia. Egli quindi si spogliò dei suoi ornamenti, si tagliò i capelli ed iniziò la sua nuova vita ascetica.
In seguito si recò da alcuni maestri asceti e scelse il cammino dell’austerità, il che rappresentava un percorso di rinuncia e mortificazione del corpo. Le sue giornate erano caratterizzate dalla meditazione e dalla rinuncia, insieme ad alcuni suoi discepoli.
Dopo sei anni, capì che cercare l’Illuminazione con la mortificazione del corpo era poco efficace e che per conseguirla era necessario un corpo sano: proclamò così “la via di mezzo”. Ciò provocò l’abbandono da parte dei suoi discepoli, che lo videro come un atto di debolezza.
Tutti questi eventi fanno da presupposto al raggiungimento dell’Illuminazione da parte del Buddha e ci danno spunti interessanti per comprendere meglio i principi fondamentali della religione Buddista.
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