L’eresia ariana fu una delle più significative e complesse controversie teologiche del cristianesimo antico. Durante i primi secoli, infatti, la dottrina cristiana era in una fase di continua elaborazione e i teologi dibattevano su quelli che sarebbero diventati i dogmi fondanti della fede. All’inizio del IV secolo, un argomento in particolare generò uno scontro profondo: la natura della Trinità divina e, specificamente, il rapporto tra Dio Padre e il Figlio.
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Che cos’è l’eresia ariana
Il teologo e presbitero di Alessandria, Ario, propose un’interpretazione della Trinità che ebbe un seguito enorme. Secondo Ario, il Figlio (Gesù Cristo) non era eterno come il Padre, ma era stato creato dal Padre dal nulla prima di tutti i tempi. Di conseguenza, pur essendo una creatura divina e superiore a tutte le altre, il Figlio non condivideva la stessa sostanza del Padre e gli era subordinato. Questa dottrina è nota come subordinazionismo. Ario sosteneva che “ci fu un tempo in cui il Figlio non era”, minando il concetto di coeternità delle figure divine.
Concetto chiave | Dottrina di Ario (arianesimo) | Dottrina di Nicea (cattolicesimo) |
---|---|---|
Natura del figlio | Creato dal nulla per volontà del padre | Generato, non creato, eterno come il padre |
Relazione con il padre | Subordinato e di sostanza diversa | Della stessa sostanza del padre (consustanziale) |
Divinità del figlio | Una divinità inferiore, non pienamente dio | Vero dio da vero dio, uguale al padre |
Il concilio di Nicea del 325 e la condanna
La rapida diffusione delle tesi di Ario portò a una profonda spaccatura nella cristianità. Per questo motivo l’imperatore Costantino, preoccupato per la stabilità politica dell’impero, convocò il primo concilio ecumenico della storia: il concilio di Nicea del 325. La scelta non fu solo religiosa: un impero unito necessitava di una fede unificante. Durante il concilio, le tesi di Ario furono strenuamente contrastate. L’assemblea dei vescovi definì la dottrina ariana come eretica e stabilì la base del futuro Credo cristiano. Per definire il rapporto tra Padre e Figlio fu introdotto il termine greco homooùsios, tradotto in latino come “consustanziale”, a significare che il Figlio è “della stessa sostanza” del Padre. Ario fu esiliato e i suoi scritti condannati.
La diffusione dell’arianesimo dopo la condanna
Nonostante la condanna, l’eresia ariana non scomparve. Anzi, continuò a diffondersi, sostenuta da imperatori successivi come Costanzo II, un convinto ariano che cercò di imporre questa visione in tutto l’impero. L’arianesimo, piuttosto che estinguersi, trovò nuova vita soprattutto tra i popoli germanici. Grazie alla predicazione del vescovo Ulfila, che tradusse la Bibbia in lingua gotica, Goti, Vandali e Longobardi abbracciarono in massa la fede ariana. Per queste popolazioni, l’arianesimo divenne anche un segno di identità culturale distinto da quello dei Romani cattolici.
L’editto di Tessalonica e la sconfitta dell’arianesimo
La sconfitta definitiva dell’arianesimo all’interno dell’Impero Romano arrivò nel 380 con l’imperatore Teodosio I. Emanando l’editto di Tessalonica, egli dichiarò il cristianesimo secondo i canoni del concilio di Nicea come unica religione di stato. Per la prima volta, la religione professata dalla Chiesa venne definita “cattolica” (dal greco, “universale”). L’arianesimo e tutti gli altri culti furono ufficialmente bollati come eretici e messi fuori legge. Il primo concilio di Costantinopoli del 381 ribadì la condanna. Sebbene l’arianesimo sia sopravvissuto per alcuni secoli tra i regni germanici, l’editto di Teodosio ne segnò il declino irreversibile, consolidando il dogma trinitario come fondamento della cristianità. Per approfondimenti sulla dottrina nicena è possibile consultare le fonti ufficiali, come il Simbolo della Fede riportato nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Fonte immagine sull’eresia ariana: Wikipedia.
Articolo aggiornato il: 19/09/2025
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