Esodo: storia vera oppure racconto biblico?

L’Esodo è il secondo libro presente all’interno della Bibbia cristiana e della Torah; qui è narrata la vicenda di Mosè, il profeta che liberò il popolo israelita dalla schiavitù degli Egizi dopo aver incontrato Yahweh (Dio) apparso nel deserto con le sembianze di un piccolo arbusto in fiamme che non si consumava. Il ricordo di questo avvenimento è parte integrante della Pasqua ebraica. Durante questa festività è d’obbligo per i genitori rammentare ai propri figli l’importanza e le origini della celebrazione. Leone Tondelli, biblista e paleografo, spiega il significato della Pèsach in una sua nota scritta per l’Enciclopedia italiana del Dizionario Treccani:

[..] la Pasqua, la più solenne festività nazionale, non ne era che una vivida commemorazione. Se essa segnava anche l’inizio della primavera e della mietitura, tali significati naturalistici erano passati in seconda linea. I genitori ebraici dovevano spiegare annualmente ai loro figli il significato dei riti espressivi che si celebravano. Ai fatti dell’Esodo si riconnette pure l’uso dei pani azimi e l’offerta dei primogeniti […]

La figura di Mosè e la fuga dall’Egitto hanno ispirato molti pensatori, studiosi e artisti. Sigmund Freud dedicò un saggio sulla figura del patriarca biblico dal titolo L’uomo Mosè e la religione monoteistica, lo scrittore tedesco Thomas Mann scrisse il racconto religioso La Legge e anche il cinema hollywoodiano restò affascinato da tale vicenda. Cecil B. De Mille diresse il lungometraggio I dieci comandamenti del 1923 e l’omonimo remake del 1956, la Dreamworks realizzò Il Principe d’Egitto nel 1998 e nel 2014 Ridley Scott presentò nelle sale il kolossal Exodus-Dei e Re con Christian Bale nei panni di Mosè.

D’altro canto, il problema della storicità dell’Esodo e di Mosè hanno animato diversi dibattiti tra studiosi di vari discipline come teologia o storia antica; non esistono fonti egizie che parlano di una migrazione di massa e le piramidi non furono realizzate da schiavi bensì da contadini quando non erano occupati con i raccolti.

L’esodo come storia vera: alla ricerca del faraone biblico

Lo storico ebreo-romano Giuseppe Flavio nella sua opera Antichità giudaiche (Antiquitates iudaicae) identificò l’anno dell’Esodo con il 1680 a.C., ossia il momento in cui gli Egizi scacciarono un popolo nomade che si era insediato nel Delta del fiume Nilo: gli Hyksos. Essi erano una popolazione semitica come gli Ebrei e gli Arabi, il che fa presupporre che il sovrano della vicenda biblica fosse stato Ahmose I, una tesi esposta molti secoli prima dallo storico greco Erodoto.

Invece altri studiosi presero in considerazione l’ipotesi che “il faraone dell’Esodo” (da distinguere da “quello dell’oppressione”, reo dell’uccisione di molti bambini giudei) fosse identificabile con Tutmosi III (1501-1447) oppure Amenophis II (1447-1420).

L’ipotesi di Eusebio di Cesarea, accolta da molti biblisti nei secoli scorsi e dalla cultura popolare, proponeva che il faraone dell’Esodo fosse stato Ramses II (1303-1212/1213 a.C.), uno dei monarchi più noti della fase del Nuovo Regno (quella fase che comprende la storia egizia dalla cacciata degli Hyksos fino al XI secolo a.C.). Purtroppo non abbiamo prove per affermare ciò.

In primis, gli scribi non registrarono nessun cataclisma paragonabile alle Dieci piaghe d’Egitto durante il regno di Ramses II (del quale abbiamo molti documenti), inoltre sappiamo che egli non morì in mare durante la caccia ai profughi Ebrei di Mosè come nel racconto biblico piuttosto di vecchiaia e in quegli stessi anni: il re aveva riportato una vittoria (secondo le fonti storiche egiziane) a Qadesh, nell’attuale Siria, sconfiggendo il popolo indoeuropeo degli Hittiti che minacciavano di espandersi verso le coste del Levante.

Merenptah: le evidenze storiche

Nonostante l’impossibilità di essere identificato con il faraone dell’Esodo, probabilmente Ramses II era quello dell’oppressione che schiavizzò gli Ebrei e ordinò la morte dei figli maschi. I passi dell’Esodo raccontano che gli schiavi realizzarono due imponenti città egizie:

Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses.

(Es. 1,11; fonte: Laparola.net)

La città di Ramses può essere identificata con Pi-Ramses, dimora del faraone e sede degli archivi reali che raccontano le sue imprese. Così gli studiosi hanno identificato il monarca ostile a Mosè con Merenptah (1273-1203 a.C.), il tredicesimo figlio di Ramses II e suo successore.

L’egittologo scozzese Kenneth Kitchen, nel suo saggio Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo (Pharaoh Triumphant. The Life and Times of Ramesses II, King of Egypt,1982), descrisse una popolazione semita che ebbe contatti con gli Egizi durante il Nuovo Regno conosciuti con il nome di Habiru.

[…] Si aggiunsero agli stranieri già residenti nel paese molte migliaia di Caananei, Amorrei, Hurriti, portati in Egitto come prigionieri di guerra per lavorare nei grandi possedimenti templari e statali. […] Tra il variopinto coacervo di gente arruolata a forza per tali lavori, erano i cosiddetti Apiru, detti Habiru nelle fonti mesopotamiche: persone senza residenza fissa e senza radici, che si gettavano, o erano gettate, in vari generi di mestieri, compresi i lavori pesanti nell’edilizia. […] Mescolati con gli Apiru erano senza dubbio quelli che nella Bibbia compaiono sotto il nome di Ebrei, e in particolare i clan d’Israele, insediati nel Delta orientale dai lontani giorni in cui i loro antenati Giuseppe e Giacobbe erano per primi arrivati in Egitto, fuggendo la carestia.

Tra il 1887 e il 1888, gli archeologi scoprirono a Tell el‛Amārnah diverse tavolette che menzionano questa popolazione nomade, così come le loro omologhe ittite di Boğazköi. Tale documento trasformerebbe Ramses II in colui che schiavizzò queste tribù, identificabili con gli Ebrei.

Infine la scoperta più importante sulla storicità dell’Esodo fu la Stele di Merenptah, ritrovata nel 1896 dall’egittologo Flinders Petrie; il testo documenta la vittoria del faraone Merenptah contro alcuni nomadi in Libia e un popolo della Palestina noto con il nome di Ysir. Sulla stele sono riportate le seguenti parole:

Israele è distrutto. Non ha più nulla da seminare.

Questo interessante documento testimonia un legame storico tra gli Egizi e gli Ebrei, inserito nel quadro della politica estera nel Vicino Oriente.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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A proposito di Salvatore Iaconis

Laureato in Filologia moderna presso l'Università Federico II di Napoli il 23 febbraio 2024 e iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 25 gennaio 2021. Sono cresciuto con i programmi educativi di Piero e Alberto Angela, i quali mi hanno trasmesso l'amore per il sapere, e tra le mie passioni ci sono la letteratura, la storia, il cinema, la filosofia e il teatro assieme alle altre espressioni artistiche.

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