Franz Reichelt: il sogno di volare e la sua tragica sperimentazione

Franz Reichelt

Franz Reichelt: la storia dell’inventore austriaco soprannominato il «sarto volante».

Era il 4 febbraio 1912, ore 8 e 22 del mattino, quando Franz Reichelt tentò nell’impresa di volare gettandosi dal primo piano della Torre Eiffel a 60 metri di altezza.

Il paracadute che usò era di sua invenzione, ma risultò fallace: non si aprì e il suo corpo si schiantò al suolo morente.

Non è tuttavia certo che la sua morte fu dovuta all’urto col suolo: la sua autopsia rivelava una morte avvenuta prima, durante la caduta, provocata da un arresto cardiaco.

Dal video qui riportato, è possibile notare un Franz Reichelt titubante che, salito sull’orlo della rampa della torre di ferro parigina, esita diversi secondi prima di decidere di lanciarsi nel vuoto. Un’esitazione però accompagnata da un sorriso in contrasto con la precarietà dell’invenzione che stava per sperimentare: un paracadute “homemade” a cui si affidò con l’entusiasmo cieco di un sognatore. Il primo ad aver tentato una simile impresa.

Franz Reichelt: il sarto arrivato a Parigi con la passione per il volo

Appassionato di moda, Franz Reichelt arrivò a Parigi dall’Austria nel 1898 all’età di venti anni. Il suo atelier sorgeva in Rue Gallion ed era frequentato dalle signore di alta società, soprattutto quelle viennesi, presso cui ottenne grande successo. Le sue abilità sartoriali erano notevoli e presto si cimentò anche nella costruzione di crinoline: quelle strutture rigide e a gabbia che si nascondevano sotto le gonne e le rendevano alte e gonfie.

Ma la moda e la sartoria presto incontrarono l’altra sua grande passione, l’aviazione.

Prima di lui, il 17 dicembre del 1903 erano stati i fratelli Wright, Wilbur e Orville, i primi ad aver compiuto quello che viene considerato come vero “primo volo”: erano riusciti a far compiere al loro Flyer, una macchina “più pesante dell’aria” con un pilota a bordo, un volo di diversi secondi per ben quattro volte.

Varie e molteplici erano le sperimentazioni fatte dagli aviatori dell’epoca pionieristica. Quello che mancava però era uno strumento, un paracadute, appunto, che avrebbe garantito la sicurezza del volo e dell’aviatore in caso di caduta. L’Aero-club de France aveva poi messo in palio un premio in denaro per chi avesse costruito un paracadute efficiente.

Franz Reichelt volle dare il suo contributo. Imbastì così il suo “abito da paracadute”.

La “tragica sperimentazione”

Prima di indossare la sua “tuta paracadute” Franz Reichelt utilizzò i manichini del suo atelier come cavie per la sua invenzione.

Fece loro indossare dapprima delle ali pieghevoli e poi il suo paracadute casalingo, lanciandoli giù dal quinto piano del suo palazzo. I risultati ottenuti con le ali pieghevoli sembravano essere positivi. Incoraggiato dai parziali successi, Franz passò al perfezionamento della tuta adattandola all’uomo e rendendola quanto più leggera possibile. Il paracadute rimaneva tuttavia del peso di ben 70 chili. Sia il collaudo sui manichini che schiantavano al suolo mutilati, sia quello che fece lui stesso indossando la tuta e gettandosi da basse quote su balle di fieno, fallirono.

Franz Reichelt si convinse così che il problema fosse l’altezza: quello che gli serviva era un’altezza maggiore che solo la Torre Eiffel poteva offrirgli. Era sufficiente il primo piano della torre, un’altezza di 60 metri.

Nessuno riuscì a fermare uno sperimentatore incallito, neppure l’Aero-club de France che, viste le criticità del paracadute homemade, tentò di distoglierlo dall’intento. Ci volle un anno prima che Franz Reichelt riuscisse a ottenere il permesso di lanciarsi dalla Torre.

Molti scossero la testa quando la mattina del 4 febbraio 1912, l’austriaco si apprestava a salire sulla Torre Eiffel per prepararsi al lancio.

Sono le 8:22 quando, salito sul parapetto, il sarto volante si abbandona alla folla che dal basso lo osserva intrepida. «À bientôt» ( A Presto!) urla, il volo dura pochissimi secondi. Un volo di 57 metri per un corpo di poco più di 60 kg imbracato in un ingombrante mantello volante.

La sperimentazione fu, come sappiamo, tragica. Il notaio che avrebbe dovuto decretare il successo dell’impresa, ne decretò invece la morte misurando i metri di profondità della fossa che il suo corpo aveva scavato al suolo.

«Expérience tragique», tragica sperimentazione: così, all’indomani della vicenda, i giornali parigini definivano l’impresa del sarto volante. Chissà che il suo arresto cardiaco prima dello schianto non ne salvò, almeno, il suo spirito di sognatore? Probabilmente neppure l’ennesimo fallimento avrebbe scoraggiato un uomo ambizioso e caparbio come Franz Reichelt.

Fonte immagine di copertina: Alamy

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