Gli imperatori romani più moderni per l’epoca: vediamone 8

La storia dell’Impero Romano è senza dubbio tra le più affascinanti ed epocali, in primis grazie alle riforme di imperatori intelligenti, astuti e moderni per la loro epoca: molti di questi hanno trasformato Roma nella più ampia struttura politica e sociale della civiltà occidentale. Inoltre, l’espansione costante dell’Impero intimoriva i suoi vicini, arrivando a toccare persino l’Asia e l’Africa; senza dimenticare che la capitale prosperò per anni, la cultura fiorì e la popolazione viveva dignitosamente. L’Impero romano è senza dubbio il meraviglioso risultato di menti sopraffine e sensibili: la nostra storia ancora oggi ricorda valorosi uomini di alta statura morale, ampie doti intellettuali, capacità politiche e militari. Vediamo otto imperatori romani più importanti di sempre.

Gaio Giulio Cesare (100 a.C. – 44 a.C.): dittatore e console, per alcuni il primo imperatore romano

Con Cesare comincia a formarsi, a piccoli passi, quello che sarebbe stato poi nominato il periodo aureo romano: nasce nel 100 a.C. dalla gens Iulia, una famiglia non troppo benestante che gli ha insegnato a vivere umilmente. Cresce, infatti, in una modesta dimora di un quartiere popolare: proprio questo contesto influì sul suo pensiero politico, che lo ha portato a sostenere i Popolari, a difendere la gente comune e a scontrarsi con l’élite aristocratica e con il Senato. Cesare diventa, oltre che un dittatore, anche un uomo politico, condottiero, tribuno militare, questore e console. Secondo alcuni studiosi, ad esempio Svetonio, può essere considerato il primo vero imperatore romano. Celebre è una sua frase pronunciata innanzi alla statua di Alessandro Magno: «Non vi sembra che ci sia motivo di addolorarsi se alla mia età Alessandro regnava già su tante persone, mentre io non ho fatto ancora nulla di notevole?».

Giulio Cesare, per diventare console, stipula il triumvirato con Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo. Però, il Senato storce il naso, non apprezza il potere crescente di Cesare, così lo manda in Gallia per allontanarlo da Roma. Ma è proprio in Gallia che Cesare sbaraglia i nemici, così da ottenere l’appoggio dei senatori Cicerone e Catone Uticense: da qui, Giulio Cesare inizia la totale conquista del territorio per l’espansione di Roma. Nel 50 a.C. Cesare riesce addirittura a soffocare la rivolta delle tribù galliche del re Vercingetorige nonostante l’inferiorità numerica dei suoi uomini. L’anno clou, però, è il 49 a.C., quando varca il fiume Rubicone – il confine che vietava al generale di entrare a Roma – dichiarando guerra al Senato. Appena conquista il potere, trasforma le istituzioni statali in monarchiche poiché, secondo lui, la Repubblica non poteva avere la stessa capacità di controllo senza una sola e forte personalità: è proprio il suo carattere potente e autoritario a renderlo uno dei dittatori romani più importanti della storia. Per quanto riguarda le riforme, Cesare assegna terre a contadini e soldati, promuove le opere pubbliche, rafforza i confini e modifica il calendario: l’anno restò di 12 mesi, sette dei quali di 31 giorni, quattro di 30 e febbraio di 28 o 29; inoltre, gennaio e febbraio diventarono i primi mesi dell’anno anziché gli ultimi, com’era stato deciso da Numa Pompilio (753 a.C. – 673 a.C.). Nel giorno delle Idi di Marzo, nel 44 a.C., venne attuata la congiura di Bruto, Cassio e altri sessanta senatori contrari al potere di Cesare, i quali si consideravano i legittimi custodi della tradizione repubblicana. Alla morte di Cesare, la Repubblica non venne salvata e ciò mette in luce la crisi dei valori del Senato. Ma è proprio l’idea di Giulio Cesare a spianare la strada ad un’altra forte personalità, Ottaviano Augusto: uno dei più grandi imperatori romani.

Augusto (63 a.C. – 14 d.C.): il primo degli imperatori romani, epocale e leggendario

Augusto nasce nel 63 a.C. e viene adottato da Giulio Cesare: dietro alla sua figura si nasconde un’aura rigorosa, potente e sopraffina. Non per niente l’epiteto onorario che designa gli imperatori romani è proprio “Augusto“, il titolo portato dagli stessi fino al 610: un famoso augurio che veniva pronunciato in Senato durante l’investitura del nuovo imperatore era proprio «Felicior Augusto, melior Traiano», ovvero «Più fortunato di Augusto, migliore di Traiano», col quale si voleva dare ad Augusto un’ombra mistica e divina.

Ottaviano Augusto è stato un eccezionale politico: ha sempre ascoltato il volere del Senato e soprattutto le necessità del proprio popolo, forgiando lo stato in un’ottima burocrazia. Stabilizzò infatti il consiglio d’amministrazione, si estese incorporando nuove province, soffocò le continue guerre civili, negoziò accordi di pace ampliando così il benessere generale e fece fiorire l’arte. Ha soprattutto posto, da vero Pater Patriae, le basi dell’Impero. Non per niente, è proprio grazie a lui se parliamo di età augustea, durante la quale si raggiunse l’apice di splendore culturale e letterario. Ciò che rende Augusto uno dei più importanti imperatori romani è sicuramente la sua personalità tosta: quando Marco Antonio rifiuta di cedergli l’eredità di Cesare, allora Augusto, tramite l’appoggio del Senato, sconfigge Antonio nel 44-3 a.C. a Modena e, contro il Senato, marcia sulla capitale per ottenere il consolato. Ottaviano però, essendo più cauto e astuto di Cesare, evita di prendersi titoli e funzioni che possano urtare le visioni e tradizioni dei senatori e del popolo, cosicché il nuovo governo non risulti da un mutamento, bensì da adattamenti della costituzione repubblicana e dalla concentrazione di più cariche. Si prese, quindi, il proconsolato delle Gallie, della Spagna e della Siria, il titolo di imperator, diventò pontefice massimo e “princeps civitatis” (il primo dei cittadini) e “Augusto”, conferendosi uno status divino. Riorganizza lo stato riformando il Senato, riordina l‘amministrazione delle province imperiali e senatorie, crea il fisco e la gerarchia dei funzionari per la sua amministrazione, da un nuovo ordinamento all’esercito, istituisce il corpo dei pretoriani ovvero la guardia del corpo dell’imperatore e si sforza, tramite le leggi, di ripristinare l’onore della religione, della famiglia e l’agricoltura. Ultimo ma non meno importante, Augusto favorì ogni tipo di arte, facendola fiorire in tutta Roma, la quale si ornò di illustri monumenti e vide l’ascesa di artisti come Orazio, Virgilio e Ovidio; non solo, poiché Augusto faceva anche arte, era infatti scrittore di libri e poemetti.

Vespasiano (9 d.C. – 79 d.C.): una ventata d’aria fresca tra gli imperatori romani

Con Vespasiano si entra nell’era flavia, una discendenza che si stacca da quella Iulia di Cesare e Augusto. Perciò, la sua origine non era aristocratica: per garantire il suo diritto al trono, convince il Senato a promulgare la Lex de imperio Vespasiani, la quale decretava che Vespasiano stesso, nell’interesse statale, aveva il permesso a concludere trattati internazionali, intervenire nelle elezioni dei magistrati e non essere vincolato dalle leggi o dai plebisciti. A livello personale, Vespasiano è, tra gli imperatori romani, riconosciuto come umile e uomo dal grande senso dell’umorismo; inoltre, si parla di un Vespasiano “avaro“, un uomo estremamente prudente con il proprio denaro. In realtà, la sua era un’azione dettata dalla necessità, poiché la politica di Nerone aveva svuotato le casse statali e automaticamente la politica internazionale richiedeva grandi spese militari: dando importanza alle finanze imperiali, il suo governo diventa sempre più pacifico e stabile. Attraverso quest’attenta amministrazione, Vespasiano riuscì a equilibrare il bilancio, promosse diversi lavori pubblici e diede inizio a nientepopodimeno che all’attuale simbolo della capitale per eccellenza: il Colosseo, o “anfiteatro flavio“. I suoi successori furono i suoi figli diretti, ovvero Tito e Domiziano: con quest’atto si afferma la trasmissione ereditaria del potere.

Alla sua morte nel 79, gli successe Tito (39 d.C. – 81 d.C.) continuando la sua stessa politica: assestamento delle finanze imperiali, riduzione delle spese pubbliche, distribuzione di grano al popolo. L’anno dopo, l’imperatore inaugurò il Colosseo, iniziato tempo prima dal padre. Domiziano è l’ultimo imperatore della dinastia flavia; alla morte del fratello, senza eredi, gli succede. A differenza degli imperatori romani Vespasiano e Tito, non possedeva le simpatie dell’aristocrazia, ma per assicurarsi l’appoggio degli eserciti aumenta le paghe dei legionari e dei pretoriani e imposta una politica estera aggressiva.

Traiano (53 d.C. – 117 d.C.): tra gli imperatori romani, quello più generoso che ha portato l’Impero nel periodo d’oro

Tra gli imperatori romani, Traiano è forse quello più amato per il suo carattere umano, colto ma ambizioso. Di pensiero riformatore, ascende al potere nel 98 d.C. e, per la prima volta, un uomo provinciale e nato fuori Roma (di preciso a Betica, in Spagna) sale al gradino imperiale grazie alle sue eccezionali conquiste militari. Nerva, il suo predecessore, scelse quindi un uomo apprezzato dall’esercito e dal Senato: Traiano era infatti estraneo alle lotte intestine di Roma e si era mostrato un valoroso e abile generale. Nerva scelse semplicemente colui che riteneva degno: Traiano vantava infatti dieci anni d’esperienza come militare, combatteva e comandava e inoltre aveva già ricoperto incarichi politici, ad esempio come pretore in Spagna e come console. È un uomo umile e saggio perché conosce il sacrificio e la gloria della vita militare, e comprendeva alla perfezione i bisogni del popolo: grazie alla sua humanitas ottiene il titolo onorifico di “Optimus princeps“, in riferimento a Giove, il “governante perfetto“.

Morto Nerva, Traiano viene proclamato imperatore, anche se il suo arrivo a Roma viene posticipato al 99 d.C. poiché quest’ultimo desidera concludere la spedizione militare nella regione del Reno prima di recarsi nella capitale. Traiano, tra tutti gli imperatori romani, si prende il merito di aver trasformato il II secolo d.C. nell’età d’oro romana: massima estensione territoriale, vasto programma di opere pubbliche (costruzione del porto di Traiano a Fiumicino, Foro di Traiano e nuovo acquedotto a Roma) e riforme sociali, grande rispetto per il Senato e per il popolo, stimolava l’economia e migliorava le infrastrutture. In campo economico, le iniziative prese da Traiano sono numerose: ad esempio, egli cercò di migliorare i commerci e gli scambi, di stimolare l’iniziativa privata, diminuire le tasse e, inoltre, mise in vendita i beni dai precedenti imperatori per poter reinvestire il denaro. Rilancia l’agricoltura sostenendo i piccoli proprietari terrieri, diminuendo il tasso d’interesse al 5% per permettere agli agricoltori di avere il denaro a sufficienza per migliorare il lavoro nelle terre, e così i senatori dovettero investire un terzo dei loro capitali nel settore agricolo. Nel 103, Traiano crea l’Institutio Alimentaria per aiutare i bambini italiani bisognosi: l’imperatore prelevò delle somme dal suo patrimonio per garantire un avvenire sicuro e sereno ai bambini orfani di veterani dell’esercito e a quelli affamati e poco abbienti, sia legittimi che illegittimi, soprattutto nelle campagne. Le tracce storiche di questo gesto si possono ritrovare sull’Arco di Traiano a Benevento, dove viene raffigurata la distribuzione dei beni ai bambini poveri: questi ricevevano vitto e istruzione, poiché secondo Traiano era fondamentale sostenere sia le famiglie che la ripresa demografica. Il generoso imperatore investì il denaro pubblico anche nella costruzione di opere pubbliche: questa scelta non intendeva solo abbellire Roma, ma anche a migliorarne la viabilità, a velocizzare i commerci e gli scambi e per dare lavoro ai settori più poveri della popolazione. In campo militare seguì una politica espansionistica ambiziosa: la Dacia divenne una provincia romana e la colonna Traiana ne è monumento celebrativo. Riesce a conquistare l‘Armenia, la Mesopotamia e l’Assiria, arrivando fino al Golfo Persico. In ambito politico cerca di mediare con il Senato, cosicché potesse governare in modo equilibrato e tranquillo.

Adriano (76 d.C. – 138 d.C.): la pace sociale a Roma… e una grande storia d’amore!

Adriano, uomo colto e amante dell’arte, era di origine spagnola come il suo predecessore, il quale lo aveva curato per succedergli e selezionato per diverse posizioni militari e civili. L’eredità di Traiano ha caratterizzato l’espansione territoriale e Adriano ha lavorato sodo per consolidare i territori e per mantenere la pace esterna ed interna. Il periodo di pace sociale e benessere economico stabile (beatissimum saeculum) inizia proprio con Adriano, uno degli imperatori romani più amati oggi che ha garantito all’Impero una vita felice. Uomo curioso e intelligente, Adriano viaggia spesso, fonda città, costruisce strade e acquedotti, fa realizzare delle enormi opere difensive per garantire la protezione dei confini imperiali. Un esempio è il Vallo di Adriano in Britannia, una muraglia di torri e trincee situata strategicamente, ovvero dove avvenivano più spesso le incursioni di popolazioni barbare della Caledonia, l’attuale Scozia. Quindi, a differenza di Traiano, la politica espansionistica di Adriano è difensiva e punta alla massima sicurezza grazie al reclutamento militare regionale che rese fissi i reparti dell’esercito ai confini, poiché formati dagli abitanti delle stesse regioni sotto il suo controllo. Infatti, in precedenza, i soldati venivano trasportati nella regione conquistata in base agli eventi e alle esigenze: è proprio questa nuova visione della sicurezza ai confini a permettere all’Impero di entrare in un periodo pacifico. Giuridicamente, Adriano si avvale di esperti giuristi per l’elaborazione dell’editto perpetuo: quello che noi chiameremmo codice civile e penale, raccoglieva ed ordinava le leggi, gli editti precedenti e i senato-consulti in modo da dare una legislazione unica all’Impero. Inoltre, era anche un letterato, musicista, architetto, esteta, ammiratore della civiltà greca ma anche dall’animo umano, ovvero dissoluto e tormentato, una complessa personalità. Adriano non era particolarmente amato dal senato, poiché veniva giudicato “troppo moderno” ed esageratamente accentratore del potere: infatti, l’imperatore rafforzò il consilium principis, un ristretto nucleo di consiglieri che collaboravano assieme a lui. Lo stato ruotava quindi attorno al principato, seppure nel rispetto della tradizione senatoria. I funzionari del consilium, della classe dei cavalieri, lavoravano per il controllo delle finanze, della giustizia, del patrimonio, della contabilità e delle opere pubbliche. Infine, tra gli imperatori romani, Adriano fu tra i più tolleranti verso i cristiani: inserisce, nei confronti degli accusatori dei cristiani, l’onere di prova, ovvero la dimostrazione che i credenti avessero realmente commesso danni o reati contro lo stato. Una salata punizione spettava a chiunque facesse accuse ingiuste ai cristiani. In ultimo, toglie ai padroni il diritto di vita e di morte sugli schiavi.

Tra tutti gli imperatori romani, è colui che si è maggiormente occupato dell’edilizia monumentale, ancora oggi riconosciuta e visitata da migliaia di turisti da tutto il mondo: esempi famosi sono Castel Sant’Angelo a Roma, il suo meraviglioso mausoleo o la Villa Adriana presso Tivoli, più grande di Pompei, composta dalle Terme e dal Teatro marittimo che s’innalza su un laghetto e un canale. Quando era stanco, l’imperatore si rifugiava proprio alla Villa Adriana, oggi patrimonio dell’umanità dal 1999. Infine, il Vallo di Adriano: era costituito di due elementi principali, il muro (di 117 km e con 320 torri) e il vallo. Si dice che Adriano, stanco della corte si rifugiasse sovente in questo isolotto alzando il ponte.

Adriano, ai nostri giorni, affascina per la sua storia d’amore con il giovane Antinoo: non a caso, il libro su Adriano per eccellenza, di Marguerite Yourcenar, mostra in copertina il bellissimo Antinoo. Siamo intorno al 123 d.C. quando i due s’incontrano in Oriente, durante un viaggio: da quando i loro sguardi s’incrociano, Adriano e Antinoo non si separano più. Il giovane, infatti, seguiva l’imperatore ovunque e ne ammirava la saggezza; Adriano invece nutriva una forte stima nei suoi confronti per la sua bellezza ed intelligenza. Il loro era un rapporto profondo, di puro affetto e stima sincera, di reciproco rispetto e curiosa complicità. La loro storia non ha, però, un lieto fine: nel 130 d.C., in Egitto, Antinoo muore in circostanze ancora oggi oscure. Chi sostiene per una caduta in acqua o chi pensa al suicidio o all’omicidio per gelosia: ciò che sappiamo oggi è l’immenso dolore di Adriano, il quale decise di divinizzarlo, istituendo una festività nel suo giorno di nascita. Di volta in volta lo assimila a differenti divinità: da Hermes a Dioniso fino ad Osiride. Non solo, poiché l’imperatore decise di fondare ad est del Nilo, in suo onore, la città di Antinopoli, dove il suo amato era venuto a mancare. La sua immagine venne riprodotta sulle monete e su infinite statue, busti e rilievi. Perciò, quello che ci rimane oggi di Adriano, tra tutti gli imperatori romani, è la dolce follia del suo amore.

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Antonino Pio (86 d.C. – 161 d.C.): la situazione economica più florida

Antonino Pio rientra, tra gli imperatori romani, nell’età degli Antonini, il quale succede ad Adriano dopo la sua morte nel 138 d.C. Suo figlio adottivo, viene dichiarato successore in seguito alla dedizione mostrata verso il saggio Adriano. Originario della Gallia, la sua politica è indirizzata a garantire pace e stabilità. Nel 161 d.C. adotta Marco Aurelio e Lucio Vero per affiancarlo nella conduzione dell’impero, dando origine ad una diarchia, o governo gestito da due figure. Antonino Pio, rispetto ad Adriano, abolisce i quattro giudici circoscrizionali ridando così ai Senatori i loro vecchi privilegi. L’oro ricevuto dalla sua adozione lo restituisce per metà alle province e il resto alla capitale, così aumenta le elargizioni alla plebe, ovvero oltre al grano e all’acqua dati per legge grazie ad Augusto, fa distribuire anche olio e vino. Inoltre, migliora la condizione degli schiavi: quando i padroni uccidevano uno schiavo, venivano automaticamente giudicati come omicidi; punisce coloro che nella riscossione dei tributi non si comportano con umanità; spende grandi somme in cerimonie e spettacoli e riduce le imposte in occasione del nono centenario di Roma. Aiuta anche le città devastate da calamità naturali, come il terremoto di Rodi e gli incendi di Antiochia e Cartagine. Alla morte di sua moglie, Faustina, fonda un’istituzione di beneficenza per bimbe orfane, denominate “Faustiniane“. Insomma, nonostante le numerose spese, Antonino lascia all’impero un bilancio rigoglioso, migliorando così l’economia della capitale.

Marco Aurelio (121 d.C. – 180 d.C.): amore per la cultura e importanza della meritocrazia

Durante il regno di Marco Aurelio, gli amministratori civili e gli ufficiali vengono promossi in base al merito anziché in base alla classe sociale di nascita: l’imperatore valutava secondo le capacità e abilità, facilitando così la mobilità sociale. Nonostante ciò, Marco Aurelio nasce a Roma da una famiglia nobile; fin dalla tenera età, il regnante s’innamora della cultura grazie ai suoi istitutori greci e per la sua naturale propensione alla filosofia; si vestiva e comportava come un filosofo, amava la cultura greca e per questo affascina Adriano, il quale si occupa della sua educazione, facendogli studiare retorica e diritto, nominandolo cavaliere a soli sei anni. Grazie all’amore per lo studio, Marco Aurelio era un importante filosofo stoico, aveva una cultura ampia ed era pure un ottimo generale. Tra le riforme attuate dall’imperatore, notiamo l’aumento dei giorni lavorativi per l’amministrazione della giustizia, la proibizione di andare a cavallo e in carrozza dentro la città e l’apertura di nuove vie commerciali, anche presso l’Imperatore Cinese degli Han orientali nel 166. In tempo di carestia distribuisce nel paese il frumento, fa arruolare i gladiatori nell’esercito per toglierli dalla schiavitù. Fa, inoltre, istituire l’anagrafe, restaurare le vie di Roma e le strade provinciali e, in seguito alle continue cadute degli schiavi acrobati durante le esibizioni, obbliga l’uso di materassi e reti per salvaguardare la loro vulnerabilità.

Per quanto riguarda le relazioni sino-romane, la prima ambasciata romana in Cina che si ricorda risale proprio a Marco Aurelio nel 166 d.C.. Dopo l’espansione dell’Impero in Medio Oriente, i romani riuscirono a migliorare i trasporti marittimi e di conseguenza il commercio. Parecchi Romani, probabilmente, arrivarono nell’Estremo Oriente utilizzando navi romane o cinesi. L’ambasciata giunse all’imperatore cinese Huan da parte di “Antun“, nome cinese di Antonino Pio, “re di Da Qin“, ovvero Roma. La missione portava come doni avorio, corni di rinoceronte e carapaci di tartarughe dall’Asia sud. Infatti, la Cina era ben conosciuta dai cartografi romani: la sua posizione sulla mappa è ben descritta nella Geografia di Tolomeo, datata 150 d.C. La Cina viene posta oltre l’Aurea Chersonesus o “Penisola d’oro“, ovvero l’attuale Indocina e adiacente al Magnus Sinus, “Mare grande“, l’attuale Mar Cinese Occidentale.

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Diocleziano (244 d.C. – 313 d.C.): l’imperatore preciso e metodico che garantì la pace dell’Impero

Imperatore illirico di umili origini, Diocleziano segue la carriera militare fin da piccolo, distinguendosi per il coraggio e la prudenza. Comprese per primo l’importanza di dividere sistematicamente l’Impero, oramai troppo vasto per un singolo regnante, così istituisce una tetrarchia di governo: questa era composta da due imperatori o “Augusti“, di cui uno più anziano e con maggiore potere, e in sottordine due Cesari, i quali non avevano potere legislativo. Morto un imperatore, doveva succedergli il suo Cesare il quale, diventava automaticamente un Augusto che a sua volta doveva scegliere un proprio Cesare. Durante Diocleziano, il quale si occupa di governare l’Egitto, la Libia e l’Asia, il suo cesare Galerio governa sulle province illiriche, Macedonia, Grecia e Creta; Costanzo si dedica alla Gallia e alla Britannia e, infine, Massimiano gestisce l’Italia, la Rezia e l’Africa. È proprio l’organizzazione metodica di Diocleziano che, tra gli imperatori romani, riesce a garantire la pace tanto sperata. Tra le riforme, Diocleziano aumenta il numero delle province creando nuovi gruppi delle province stesse, dette diocesi, governate da vicari separati dal braccio militare, migliorando così il ruolo dell’amministrazione civile. Arriva così a dodici diocesi, cinque in Oriente e ben sette in Occidente. Inoltre, l’esercito viene portato da 350 mila uomini a 500 mila; in ultimo, rinnova le imposte sui terreni, tassati a seconda della categoria.

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