L’8 luglio del 1853, le kurofune (黒船, navi nere) del Commodoro statunitense Matthew Perry apparvero minacciose all’orizzonte della baia di Edo, per poi attraccare al porto di Uraga, nella vicina prefettura di Kanagawa.
L’intervento di Perry lanciò lo stabile bakufu Tokugawa in una profonda crisi che portò al bakumatsu (幕末, la fine del bakufu), assieme a quella del pluricentenario Periodo Edo/Tokugawa (徳川時代, 1603-1868).
Con la fine del periodo di isolamento selettivo anche conosciuto come sakoku (鎖国, paese in catene), ebbe inizio il Periodo Meiji (明治時代, 1868-1912), caratterizzato da una forte ondata di occidentalizzazione.
Questo, però, non è stato il primo contatto tra il popolo giapponese e il mondo occidentale; facciamo un salto di mezzo millennio nel passato per scoprirne di più!
I primi contatti con l’Occidente
Nel 1543, una nave mercantile portoghese, in seguito a una tempesta, naufragò sull’isola di Tanegashima, nel Kyūshū, dando il via a un momento storico conosciuto come periodo del commercio Nanban o Nanban-bōeki (南蛮貿易時代, periodo di scambi commerciali con i barbari del sud).
Tradizionalmente, la parola nanban (南蛮, barbari del sud) indicava gli abitanti del sud della Cina, abbracciando, nel XVI sec. anche le popolazioni di Indocina, Thailandia e Cambogia. Anche gli abitanti della penisola iberica vennero chiamati nanban-jin (南蛮人), perché arrivarono assieme alle genti dell’Indocina, portando con loro prodotti tipici di quei luoghi.
Il Nanban-bōeki si diramò in:
Scambi tecnologico-culturali: l’introduzione di armi da fuoco come il tanegashima-teppō, ideate dagli armaioli nipponici sul modello degli archibugi europei, e l’avvento delle Navi mercantili Shuinsen, destinate al commercio con i principali porti del sudest asiatico, allargarono gli orizzonti del Giappone.
La tratta degli schiavi giapponesi, commerciati nei porti dell’impero coloniale portoghese e, in seguito, proibita nel 1571 da Re Sebastiano e, di nuovo, nel 1595 da Re Filippo II di Spagna.
Il tentativo di evangelizzazione iniziato nel 1549 dal missionario iberico Francisco Javier con la fondazione della prima comunità cristiana nell’isola più a sud del Giappone, il Kyūshū.
L’inizio del Periodo Meiji
Più di due secoli dopo l’inizio del sakoku, davanti alla schiacciante superiorità bellica dell’Occidente, lo shogunato Tokugawa si vide costretto a firmare prima il Trattato di Kanagawa (1854) e poi quello di Amicizia e Commercio (1858), aprendosi definitivamente agli scambi diplomatici, commerciali e culturali.
Dieci anni più tardi, il Periodo Meiji diede il via a uno dei momenti storici di maggiore sviluppo e modernizzazione che il paese avesse mai visto. Oltre all’apertura alle presenze straniere sull’arcipelago, nel 1889, della Costituzione dell’Impero giapponese (大日本帝国憲法, Dai Nihon Teikoku Kenpō, 1889-1947), ache conosciuta come Costituzione Meiji: la prima su modello occidentale in Asia.
Oltre agli avanzamenti in campo burocratico, politico e tecnologico, fu anche un’era di imponente fioritura artistica. Questi sono stati gli anni di giganti della letteratura giapponese (e mondiale) del calibro di Natsume Sōseki (夏目漱石, 1867-1916), Mori Ōgai (森鷗外, 1862-1922) e Kafū Nagai (荷風永井, 1879-1959), che sono stati anche i primi autori di romanzi a essere inviati in Occidente dal Governo giapponese (nel caso dei primi due). Le loro mete furono, rispettivamente, l’Inghilterra, la Germania e gli Stati Uniti (seguiti poi anche da brevi permanenze in Francia e Inghilterra).
Nel 1912, alla morte dell’Imperatore Meiji (明治天皇, 1852-1912), iniziò il Periodo Taishō (大正時代, 1912-1926), di breve durata a causa della salute cagionevole del nuovo imperatore (大正天皇, 1879-1926).
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