Per parlare di immigrazione negli Stati Uniti tra la fine dell’Ottocento e i primi anni ‘20 del Novecento, dobbiamo necessariamente prima definire il concetto di etnicità. Per etnicità intendiamo la caratteristica culturale di un determinato gruppo sociale che fa da collante ai membri del gruppo sociale stesso che condividono una lingua, una cultura e un passato comune. Il concetto di etnicità è determinante nella storia degli Stati Uniti d’America che nascono attraverso un processo di migrazioni cominciate nel Seicento.
Inizialmente, l’immigrazione negli Stati Uniti riguardò principalmente due gruppi etnici: gli scoto-irlandesi e i tedeschi, questi ultimi da subito percepiti come una possibile minaccia culturale per gli Stati Uniti in quanto caratterizzati da una forte coesione culturale e sociale. La Costituzione americana, tuttavia, non parlerà ufficialmente di immigrazione se non nel 1790, quando verrà riconosciuta la prima legge per la naturalizzazione che in questa prima fase concederà la cittadinanza americana solo agli immigrati bianchi. Con la Guerra di Indipendenza e con le Guerre napoleoniche l’immigrazione negli Stati Uniti si interromperà temporaneamente, per riprendere nel corso dell’Ottocento dove si identificheranno due flussi migratori principali: il primo va dagli anni ‘30 agli anni ‘80 dell’Ottocento ed il secondo dal 1880 al 1924.
Generalmente identifichiamo l’Ottocento come il secolo delle migrazioni, caratterizzato da numerosi stimoli che favorirono lo spostamento. Prima fra tutti, una forte pressione demografica che aumentò la necessità degli individui di trovare un luogo adeguato in cui vivere, ed una nuova ideologia volta alla mobilità percepita in maniera totalmente nuova e positiva. Un’ideologia, questa, fomentata anche dalla Rivoluzione Industriale e dai grandi miglioramenti tecnologici da essa comportati, come l’invenzione del piroscafo a vapore che permise di attraversare l’Atlantico in minor tempo e ad un prezzo più accessibile. Vi è, inoltre, una crescente attrattiva nei confronti del Nuovo Mondo alimentata dal sogno americano che favorì l’immigrazione negli Stati Uniti: la concezione di questi ultimi come la terra della libertà e delle nuove opportunità. Infine, una ciclica crisi a livello agricolo in tutta Europa ha contribuito all’immigrazione verso il paradiso americano da parte di persone che cercavano una nuova occupazione.
Tra i vari gruppi etnici coinvolti nell’immigrazione negli Stati Uniti annoveriamo:
- I tedeschi che arrivano alla volta del Nuovo Mondo come esuli politici o a causa di persecuzioni religiose. Sono tutti lavoratori qualificati (prettamente artigiani e commercianti) e si stanzieranno nel Mid-West del Paese, dove si affermeranno come agricoltori.
- Gli irlandesi arrivano in America a causa di una forte crisi economica e a causa della poca disponibilità che era data loro di commerciare da parte del loro Re. Il sistema agricolo irlandese, infatti, si basa prevalentemente sulla coltura della patata, sistema che nel corso degli anni ‘40 dell’Ottocento entra in crisi, costringendoli ad emigrare. A differenza dei tedeschi gli irlandesi sono lavoratori non qualificati, proprio per questo motivo preferiscono stanziarsi nel Nord- Est del Paese, dove riusciranno ad affermarsi sia in ambito politico che religioso dove entreranno in conflitto con gli italo-americani.
- I cinesi e i giapponesi. Entrambe queste minoranze si stanzieranno nell’Ovest del Paese. I primi, i cinesi, erano tra le minoranze etniche più disprezzate a causa di una sbagliata stereotipizzazione concerne l’uomo cinese, spesso descritto come un criminale, fumatore d’oppio e incline ad attentare all’incolumità delle donne bianche. Ad Ovest contribuiranno principalmente alla costruzione delle ferrovie e vivranno relegati nei quartieri chiamati ‘’Chinatown’’, dove verranno confinati anche con sommo piacere degli stessi bianchi che volevano tenerli lontano dalle proprie comunità. Differentemente, invece, i giapponesi erano tra le minoranze asiatiche più apprezzate, perché considerati più acculturati e perché erano usciti vittoriosi dalla guerra nippo-russa del 1905. Si stanzieranno principalmente nel territorio della California e nelle Hawaii.
- Gli italiani. Tra il 1880 e il 1924 approdano sul suolo americano ben 4 milioni e mezzo di italiani; questo periodo, infatti, viene ricordato come il grande esodo italiano. Contrariamente a quanto si possa pensare, inizialmente ad emigrare furono principalmente gli italiani provenienti dall’Italia centro-settentrionale e non solo alla volta degli Stati Uniti. Molti, infatti, approdarono anche in America latina ed in Brasile il quale, dopo aver posto fine alla schaivitù nel 1880, aveva bisogno di ‘’sbiancare’’ la società. Solo successivamente, durante la seconda ondata migratoria (1900-1924), ad emigrare in maniera crescente furono gli italiani provenienti dal Sud Italia (prettamente siciliani). Nonostante gli italiani arrivino in America come lavoratori non qualificati, si affermeranno lavorativamente nelle fabbriche e si stanzieranno nei territori del Nord-Est, in città come New York, New Jersey, Massachusetts, Baltimora, San Francisco e New Orleans. Molti degli italiani approdati in America, però, non avevano intenzione di rimanere nel Nuovo Mondo per sempre; difatti, gli italiani vennero definiti come ‘’birds of passage’’ in quanto rimasero costantemente in contatto con la madrepatria anche attraverso il sistema delle rimesse, somme di denaro che i migranti stanziati negli USA mandavano alla propria famiglia in Italia.
- Gli ebrei. Questa minoranza etnica, caratterizzata principalmente da lavoratori qualificati, giunge in America sia per ragioni economiche che religiose. Differentemente dagli italiani, gli ebrei che arrivano nel Nuovo Mondo hanno tutte le intenzioni di rimanerci permanentemente. Gli ebrei danno grande importanza all’istruzione e sono molto attivi nell’ambito della sartoria e del commercio. Si stanzieranno a New York, nel quartiere del Lower East Side, a Manhattan.
- Polacchi ed ungheresi. Minoranza etnica cattolica che, similmente agli italiani, tornano spesso in patria e sono lavoratori non qualificati.
Tuttavia, a causa dell’eccessivo flusso migratorio che caratterizza la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, nel 1921 e nel 1924 il Congresso americano approva il cosiddetto sistema delle quote, leggi che regolavano il numero di migranti che per ogni minoranza etnica poteva essere accettato nel Paese.
Nella storia dell’immigrazione negli Stati Uniti d’America vi è tutto un settore della storiografia che affronta il fenomeno dal punto di vista dell’esperienza emozionale dei migranti, che si aprono sulle difficoltà che un viaggio così lungo spesso comportava. Difatti, arrivare in America era solo il punto di partenza: prima di potersi costruire una vita e di accedere ufficialmente nel Paese, i migranti venivano smistati in luoghi di smistamento, come Ellis Island di fronte New York o come Angel Island, nella baia di San Francisco. Qui i migranti affrontavano controlli giornalieri di ogni tipo che potessero accertarsi delle loro buone condizioni psicofisiche.
Interessante riguardo il tema dell’immigrazione negli USA è il poema in versi The New Colossuss di Emma Lazarus, il quale venne inciso alla base della Statua della Libertà. Richiamando all’idea dell’accoglienza dei diseredati, alimenta non solo il tema dell’eccezionalismo americano ma anche quello del sogno americano, stabilendo che il Paese sia l’unico luogo privilegiato capace di elevare le condizioni sociali di chiunque arrivi, al di là delle proprie origini.
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