La legge nella Cina imperiale: tra legismo e confucianesimo<

La legge nella Cina imperiale

La storia della legge nella Cina imperiale è un racconto di evoluzione filosofica e politica. Non si tratta solo di una successione di codici, ma del costante dialogo tra due visioni opposte del mondo: il Legismo, basato su leggi severe e universali, e il Confucianesimo, che privilegiava l’ordine morale e gerarchico basato sui riti. Questa tensione ha plasmato il sistema legale cinese per oltre duemila anni.

Legge e morale: legismo vs. confucianesimo a confronto

Per comprendere la legge cinese, è fondamentale capire le due filosofie che l’hanno modellata.

Legismo (Fǎjiā – 法家) Confucianesimo (Rújiā – 儒家)
La natura umana è egoista e va controllata con leggi severe (). La natura umana è buona e va guidata con l’educazione morale e i riti ().
La legge deve essere uguale per tutti, senza distinzioni di rango. La giustizia dipende dalla gerarchia sociale e familiare (es. pietà filiale).
L’obiettivo è la stabilità dello stato attraverso la paura della punizione. L’obiettivo è l’armonia sociale attraverso il rispetto delle relazioni e dei doveri.
La legge deve essere pubblica e conosciuta da tutti come deterrente. La legge penale è un’ultima risorsa per chi non segue i riti; non deve essere l’unica guida.

Le origini durante la dinastia Zhou (VI secolo a.C.)

Le prime testimonianze di leggi scritte risalgono al 536 a.C., come riportato nello Zuozhuan, dove si menzionano codici incisi su tripodi di bronzo. Inizialmente, la legge nella Cina imperiale non era pubblica. Era uno strumento della classe dominante, che la usava per governare una popolazione tenuta all’oscuro. Il concetto di giustizia era legato al Cielo, considerato l’amministratore supremo. L’imperatore, in qualità di “Figlio del Cielo”, doveva garantire la giustizia per non perdere il suo mandato a regnare.

La rivoluzione legista della dinastia Qin

Con la dinastia Qin (221-206 a.C.), il sistema legale cinese subì una svolta radicale basata sulla filosofia del Legismo. Come descritto dall’enciclopedia Britannica, i Qin credevano che solo leggi severe e pene durissime potessero mantenere l’ordine. La legge serviva come deterrente: punire severamente anche i crimini lievi avrebbe scoraggiato ogni tipo di reato. Le pene erano estremamente crudeli e includevano mutilazioni, lavori forzati e la pena capitale eseguita in modi terrificanti come la bollitura. Il principio cardine era l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge, un’idea rivoluzionaria che annullava i privilegi aristocratici.

La “confucianizzazione” della legge sotto gli Han

La dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) mantenne la struttura centralizzata dei Qin ma ne mitigò la durezza, avviando un processo di “confucianizzazione” del diritto. Il Codice delle Nove Leggi abolì le mutilazioni più crudeli (anche se non tutte le pene estreme). Il cambiamento più importante fu l’abbandono del principio di uguaglianza. Furono reintrodotti i principi confuciani di gerarchia sociale e pietà filiale. Lo stesso crimine veniva punito in modo diverso a seconda dello status e della relazione tra colpevole e vittima: un figlio che percuoteva il padre commetteva un crimine gravissimo, mentre un padre che percuoteva il figlio era visto con molta più clemenza.

Il codice Tang: l’apice della codificazione cinese

Il Codice Tang (promulgato nella sua versione definitiva nel 653 d.C. e aggiornato fino al 737 d.C.) è considerato il capolavoro della giurisprudenza cinese ed è il più antico codice imperiale giunto a noi per intero. Raggiunse una sintesi magistrale tra la struttura legista e l’etica confuciana. Secondo l’Asia Society, la sua influenza fu immensa, tanto da essere adottato come modello in Giappone, Corea e Vietnam. Il codice classificava le pene in un sistema razionale di cinque gradi:

  • Bastone leggero (fino a 50 colpi)
  • Bastone pesante (fino a 100 colpi)
  • Servitù penale (lavori forzati)
  • Esilio (a varie distanze dalla capitale)
  • Pena capitale (strangolamento o decapitazione, considerata più severa)

L’evoluzione nelle dinastie Song, Ming e Qing

La dinastia Song (960-1279) ereditò il codice Tang, ma con un approccio meno severo e un maggiore uso di casi precedenti come guida per le decisioni giudiziarie. Il codice Song fu promulgato nel 963 d.C., ma le norme del codice Tang non furono mai formalmente abolite, a testimonianza del loro valore quasi sacrale. Le successive dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1912) continuarono su questa strada, producendo codici che erano essenzialmente aggiornamenti e revisioni del modello Tang. Il Codice Qing fu l’ultimo grande corpus di leggi della Cina imperiale e rimase in vigore, con modifiche, fino alla fine dell’impero.

Articolo aggiornato il: 01/10/2025

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