Tra le figure indimenticabili che popolano I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, quella della Monaca di Monza, Gertrude, si distingue per la sua tragica modernità. La sua vicenda, ispirata a una storia vera, offre uno spaccato sulla condizione femminile nel Seicento e permette di riflettere su temi universali come la libertà, la scelta e l’autodeterminazione. Analizzeremo la figura di Gertrude, che con la sua complessa psicologia e il suo desiderio inespresso di libertà ha sempre colpito l’immaginario collettivo, mostrando come possa essere letta in una chiave quasi protofemminista.
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I Promessi Sposi: contesto di un capolavoro
I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni hanno rivoluzionato la letteratura italiana, prima di tutto per la lingua. Manzoni scelse il fiorentino colto per raccontare la storia di Renzo e Lucia, ostacolati dalla prepotenza di Don Rodrigo e dall’ignavia di Don Abbondio. Questa decisione contribuì in modo determinante alla formazione di una lingua nazionale unitaria. Ma oltre ai protagonisti, il romanzo è popolato da figure secondarie memorabili, e tra queste, nessuna è più affascinante e complessa della Monaca di Monza, la cui storia occupa i capitoli IX e X.
La Monaca di Monza: tra storia e finzione letteraria
Il personaggio di Suor Gertrude si ispira a una figura storica reale, la cui vicenda divenne un enorme scandalo all’epoca. È fondamentale, però, distinguere la realtà storica dalla rielaborazione artistica di Manzoni.
| La figura storica: Suor Virginia Maria de Leyva | Il personaggio del romanzo: Gertrude |
|---|---|
| Nata come Marianna de Leyva y Marino, fu costretta alla vita monastica per preservare il patrimonio familiare. La sua storia è documentata da atti processuali. | Figlia di un principe, il suo destino viene deciso fin dalla nascita. Manzoni ne fa un simbolo della tirannia familiare e sociale. |
| Ebbe una relazione con il nobile Gian Paolo Osio, da cui ebbe due figli. Fu complice di diversi omicidi per nascondere lo scandalo. | Intreccia una relazione con Egidio, un nobile scellerato. Cede al suo volere e diventa complice nel rapimento di Lucia. |
| Dopo il processo, fu condannata a essere “murata viva” in una cella per 13 anni. Si pentì sinceramente e visse il resto della vita in penitenza. | Il suo destino dopo il rapimento di Lucia non è narrato nel romanzo. Manzoni la lascia al giudizio del lettore e a quello divino. |
La vicenda storica di Marianna de Leyva è un esempio emblematico di monacazione forzata, una pratica diffusa nel patriarcato del Seicento per non frammentare le eredità. Manzoni utilizza questo spunto per creare un personaggio tragico, la cui anima è un campo di battaglia tra il bene e il male.
La psicologia di Gertrude: vittima e carnefice
Ciò che rende immortale la Monaca di Monza è l’analisi psicologica che Manzoni compie. Gertrude è prima di tutto una vittima: vittima di un padre tiranno e di una società che le nega ogni possibilità di scelta. Fin dall’infanzia, viene manipolata psicologicamente affinché accetti un destino che non desidera. La sua ribellione è debole, incerta, e alla fine viene schiacciata. Costretta a diventare suora, non trova pace ma continua a covare un profondo risentimento. Tuttavia, Manzoni non la dipinge solo come una vittima. All’interno del convento, Gertrude usa la sua posizione di potere per dominare le altre, diventando a sua volta una piccola tiranna. È una donna scissa, incapace di scegliere il bene ma tormentata dal male che compie. La sua complicità nel rapimento di Lucia non è un atto di pura malvagità, ma il frutto della sua debolezza e della paura verso Egidio.
Un’antieroina femminista? L’attualità della Monaca di Monza
La storia di Gertrude risuona con sorprendente attualità. Sebbene oggi nessuna donna sia obbligata a diventare suora, le costrizioni sociali, seppur in forme diverse, persistono. La sua vicenda è una potente metafora della lotta per l’autodeterminazione. Quante donne ancora oggi rinunciano a una carriera perché un ambiente maschilista le osteggia? A quante viene negato un lavoro per la potenziale maternità o vengono spinte a lasciare l’impiego per dedicarsi esclusivamente alla famiglia, spesso a causa di un divario salariale e di un welfare insufficiente? La vicenda della Monaca di Monza ci ricorda come la pressione sociale e le aspettative familiari possano ancora oggi limitare la libertà di scelta. Gertrude, nella sua disperata e fallimentare ricerca di uno spazio di libertà, può essere vista come un’antieroina protofemminista. A differenza di Lucia, che accetta il suo destino con fede passiva, Gertrude si ribella, anche se in modo disordinato e autodistruttivo. Incarna il grido soffocato di chi lotta per affermare la propria identità contro un mondo che vorrebbe negarla.
Conclusione
La storia di Gertrude rimane un monito e un’ispirazione. Un monito a non dare mai per scontata la libertà e a lottare contro ogni forma di oppressione. Un’ispirazione a perseguire la propria autodeterminazione, anche quando il percorso è difficile. La sua figura ci insegna che è spesso dai fallimenti e dalle storie tragiche che nascono le battaglie per i successi futuri. Il personaggio della Monaca di Monza, con la sua forza e le sue immense debolezze, continua a parlarci a distanza di secoli, invitandoci a riflettere sulla condizione femminile e sulle sfide che ancora oggi le donne affrontano in tutto il mondo.
Fonte immagine: Pixabay
Articolo aggiornato il: 27/09/2025

