La pittura monocroma a inchiostro in Giappone, storia e tradizioni

La pittura monocroma ad inchiostro in Giappone

Durante il periodo Muromachi le arti legate al buddhismo zen erano l’architettura e la pittura monocroma a inchiostro. La pittura monocroma a inchiostro viene chiamata anche suiboku-ga, che significa letteralmente “dipinto ad acqua e inchiostro”, oppure sumi-e, che significa “pittura ad inchiostro”. Essa mira a raggiungere risultati sopraffini tramite elementi molto essenziali, si utilizzavano infatti solo un bastoncino di inchiostro da sciogliere, pennelli di varia misura e un supporto cartaceo su cui dipingere.

Origini e sviluppi della pittura monocroma a inchiostro

La tecnica della pittura monocroma ad inchiostro, nata nella Cina dei Tang e dei Song, era presente in realtà in Giappone già nel periodo Kamakura, ma si sviluppò a pieno nel 15° secolo, soprattutto grazie ai monaci zen che realizzavano le opere per i templi a cui appartenevano. Queste non fungevano da icone religiose ma miravano a rappresentare il fluttuare della mente durante la meditazione. Lo sviluppo della pittura monocroma a inchiostro in Giappone si può dividere in 4 fasi:

  • Dalla metà del 13° secolo alla fine del 14° i soggetti delle pitture erano principalmente figurativi;
  • Dalla prima metà del 15° secolo la pittura monocroma a inchiostro è incentrata sulle opere del monaco pittore Shubun, che determina l’evoluzione della pittura di paesaggio;
  • Nella seconda metà del 15° secolo invece le opere principali sono del grande maestro Sesshu, che contribuisce a sua volta all’evoluzione della pittura di paesaggio.
  • Fino alla fine del periodo Muromachi la pittura monocroma ad inchiostro si diffonde nelle province e nasce la scuola Kano, che domina la pittura giapponese successiva.

Artisti più celebri

Kichizan Mincho fu molto prolifico sia nella pittura monocroma a inchiostro che in quella policroma. Lavorò a Kyoto nel tempio Tofukuji, dove era incaricato alla manutenzione degli strumenti liturgici, e realizzò un ritratto del suo maestro Daido Ichii seduto su una roccia mentre impartisce insegnamenti.

Kao studiò lo zen in Cina e la sua pittura risentì dell’influenza delle opere cinesi di epoca Yuan. Una celebre opera ha come soggetto un eremita di nome Kensu (figlio del gamberetto), nome dovuto al fatto che sopravvivesse grazie alla pesca dei gamberetti. Nell’opera è visibile la sua gioia per la vita nella natura.

Tesshu Tokusai e Gyokuen Bompo erano due monaci zen divenuti letterati. Entrambi erano specializzati nella realizzazione di opere rappresentanti orchidee, fiori che simboleggiavano le virtù del gentiluomo istruito: nobiltà, modestia e purezza.

Josetsu è uno degli innovatori della pittura monocroma a inchiostro. Fino al 15° secolo infatti le figure umane venivano rappresentate quasi nel vuoto, mentre Josetsu aggiunge molti più particolari ai paesaggi in modo molto naturalistico e introduce l’asimmetria, già presente nelle opere cinesi di epoca Song. Da questo momento in poi, la pittura giapponese porrà più attenzione al paesaggio con l’accento sull’asimmetria della composizione e sul forte contrasto tra aree piene e vuote.

Shubun fu il pittore ufficiale dello shogun degli Ashikaga a Shokokuji. Gli vengono attribuite molte opere definite shigajiku, ovvero rotoli di poesia e pittura, che presentavano il paesaggio dipinto in basso e un certo numero di poesie scritte a pennello nella parte alta. Il tipico shigajiku dedicava più spazio alla poesia che alla pittura e sottolineava la differenza tra monaci istruiti e semplici monaci pittori. Infatti la parte scritta veniva realizzata da personalità erudite e di un certo peso, mentre i pittori erano persone comuni provenienti da famiglie modeste e raramente menzionati. Shunbun è ritenuto il primo giapponese ad aver usato il paesaggio come soggetto principale della pittura monocroma a inchiostro.

Sesshu fu l’artista che liberò la pittura monocroma a inchiostro dalle restrizioni dei monasteri zen innalzandone il livello. Nel 1467 si recò in Cina e lì entrò in contatto con l’arte cinese per più di un anno. Tornato in Giappone, Sesshu realizzò numerose opere caratterizzate da una composizione architettonica equilibrata e contorni forti ed evidenti, come ad esempio “Paesaggi autunnali e invernali” conservata al Museo Nazionale di Tokyo. Le opere di Sesshu si concentrano solo sull’elemento pittorico, non sono presenti didascalia né intenti filosofici e sono libere dall’elemento religioso. L’artista apportò alcune innovazioni come l’aggiunta di un sigillo alla firma e la tecnica dell’inchiostro spruzzato, che consisteva nell’applicare inchiostro scuro su uno chiaro ancora umido. Inoltre sosteneva che la pittura dovesse trarre ispirazione solo e soltanto dalla natura.

Kano Masanobu è il fondatore della scuola Kano, che durò per ben 400 anni, e l’ultimo pittore ufficiale ingaggiato da uno shogun Ashikaga L’apice della sua attività è chiara nella sua rappresentazione, su un paravento pieghevole, di una gru solitaria raffigurata su uno specchio d’acqua, la cui composizione è semplice e nitida e ci sono numerose variazioni di tonalità.

Kano Motonobu, figlio di Masanobu, riuscì ad assicurarsi la protezione della classe militare, dei nobili, dei monasteri e perfino dei ricchi mercanti che tentavano allora di costruire una nuova classe sociale. Secondo alcuni, avrebbe sposato una donna della famiglia Tosa, che custodiva la tradizionale pittura Yamato-e, che Motonobu iniziò ad incorporare nella pittura monocroma ad inchiostro.

Fonte immagine: Wikipedia 

A proposito di De Fenzo Benedetta

Benedetta De Fenzo (1995) studia Coreano e Giapponese presso l'Università di Napoli L'Orientale. Nel tempo libero si dedica alle sue passioni principali: la cucina, la musica, gli animali e la letteratura.

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