La storia di Nat Turner: lo schiavo che sfidò la Virginia

La storia di Nat Turner

La storia di Nat Turner narra una delle vicende più note, discusse e controverse degli Stati Uniti della prima metà dell’ ‘800: un’insurrezione che scosse le fondamenta della società schiavista dell’epoca che è divenuta anche il simbolo tragico della disperazione e del coraggio di un uomo deciso a sfidare a costo della sua vita quel sistema disumano.

Chi era Nat Turner

Nat Turner nacque il 2 Ottobre 1800 a Southampton, in Virginia; il cognome lo ereditò dal suo padrone, Benjamin Turner, che morì quando Nat aveva dieci anni, facendo così passare la proprietà della persona di Nat e di sua madre, al figlio, il giovane Samuel Turner. Sin da giovanissima età, Nat dimostrò una spiccata intelligenza e una profonda spiritualità: al contrario degli altri schiavi, Nat sapeva leggere e scrivere (imparò da autodidatta) e, incoraggiato proprio dai suoi padroni, lesse le sacre scritture acquisendo una conoscenza sorprendente della Bibbia, tanto che sia i padroni che gli altri schiavi si riferivano a lui come “il profeta”. Presto iniziò ad affermare di avere delle visioni divine che lo incoraggiavano a compiere una missione spirituale: Dio lo aveva scelto per liberare il suo popolo dalla schiavitù. Turner non era un uomo violento, ma in lui maturò la convinzione che il male della schiavitù dovesse essere distrutto con la forza, e quindi, se necessario, col sangue

La ribellione: Southampton, agosto 1831 

L’invito a prendere parte alla ribellione per la liberazione fu accolto da alcuni schiavi della piantagione, così la notte del 21 agosto 1831 il gruppo diede inizio ad una delle insurrezioni più famose nella storia degli Stati Uniti. Muniti di asce, coltelli e pochi fucili, gli uomini iniziarono il loro attacco proprio partendo dalla casa di Joseph Travis (padrone di Turner al tempo dell’insurrezione), uccidendo lui e tutta la famiglia. Durante quella notte gli schiavi ribelli passarono di proprietà in proprietà liberando altri schiavi e uccidendo i rispettivi padroni bianchi: le uccisioni erano indiscriminate e quasi sempre senza l’utilizzo di armi da fuoco per evitare di attirare l’attenzione. Nei due giorni successivi la ribellione salì di intensità, di violenza e di partecipanti: il gruppo arrivò a contare circa 70 ribelli. L’intervento delle milizie bianche però non tardò ad arrivare: risposero con una brutalità estrema e in brevissimo tempo la ribellione venne schiacciata. Nat in un primo momento riuscì a fuggire e rimase nascosto nei boschi per due mesi, quando però il 30 ottobre 1831 fu scoperto, catturato e dopo il processo condannato a morte per impiccagione (11 novembre 1831). La ribellione portò anche all’arresto di 45 schiavi, di cui 15 furono impiccati (incluso Nat), 18 imprigionati e 12 espulsi dalla Virginia. Anche la rappresaglia di autorità e cittadini bianchi non tardò ad arrivare: la vendetta contò oltre 100 schiavi massacrati, spesso senza prove del loro coinvolgimento nella ribellione. Inoltre, dopo l’impiccagione di Turner, il suo corpo fu decapitato e la sua testa fu esposta nella piazza della cittadina, come monito per gli altri schiavi; il corpo senza testa invece fu seppellito senza alcun segno di riconoscimento e senza alcuna messa funebre.

Le conseguenze: terrore e repressione 

Le conseguenze della ribellione di Turner seminarono un’isteria generalizzata che portò le autorità a prendere ulteriori provvedimenti ancora più restrittivi ai danni degli schiavi: si vietò tassativamente la possibilità di insegnare a leggere e scrivere ai bambini schiavi nelle piantagioni, si vietò la possibilità di riunirsi senza la supervisione bianca e si vietò di predicare. Quest’avvenimento inoltre aiutò a rafforzare la già forte ideologia razzista del tempo che, soprattutto nel Sud, concepiva la schiavitù come una “bene necessario” e che gli afroamericani avevano dimostrato ancora una volta di essere esseri inferiori e incapaci di gestirsi da soli. Ecco che la reazione alla ribellione di Turner fu funzionale all’ideologia bianca sia a livello sociale che ideologico.

Le “Confessioni” di Nat Turner 

Il pensiero di Nat Turner è racchiuso in un libro, “The Confessions of Nat Turner”, che fu scritto dall’avvocato Thomas R. Gray, che raccolse tutte le sue dichiarazioni e “confessioni” rilasciate durante l’arresto. Sebbene Gray avesse tutte le intenzioni a far apparire Turner come un fanatico visionario, il testo rimane una testimonianza accettabile per conoscere meglio le motivazione dell’uomo dietro la rivolta: un uomo sicuramente tormentato anche perché consapevole della violenza che aveva scatenato, ma incapace di accettare passivamente l’oppressione.

La storia di Nat Turner: conclusione 

La storia di Nat Turner ha diviso e continua ancora a dividere storici, attivisti e opinione pubblica: per alcuni infatti fu solo un fanatico assassino, per altri un martire della libertà, un precursore della resistenza afroamericana. La sua figura e la sua storia sono state riscoperte a partire dagli anni ‘60, durante il movimento per i diritti civili, successivamente con il pensiero afrocentrico, passando per il black power fino al film del 2006, “Birth of a Nation” nel quale il regista, Nate Parker, ha riportato la sua storia sul grande schermo cercando di restituire a Turner la sua dignità di combattente per la libertà.

Da qualsiasi punto si decida di guardare questi avvenimenti, è innegabile che Turner ebbe il coraggio, o l’audacia, di opporsi ad un sistema che li vedeva in catene e li trattava come bestie da lavoro, oggetti che potevano essere comprati e venduti in qualsiasi momento, esseri umani senza identità; certo è anche che la sua insurrezione non riuscì a spezzare quelle catene, ma mise a nudo le contraddizioni morali di una nazione che predicava la libertà nel mondo, ma che la negava a milioni di persone al suo interno. Ancora oggi la storia di Nat Turner e la sua figura rimangono scomode da una parte ma necessarie dall’altra perché riprendono domande fondamentali che richiamano il concetto di giustizia, resistenza, libertà, ma anche violenza, alle quali la società modena, ancora pregna dell’eredità razzista, non sa ancora dare risposte chiare

Fonte immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/ (By William Henry Shelton (1840–1932)[1][4] – Image was found on Encyclopedia Virginia. The print is in the Bettman Archive.[1] The image has been printed on p. 321 of 1882’s A Popular History of the United States,[2] and p. 154 of 1894’s History of the United States from the Earliest Discovery of America to the Present Day.[3], Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5978840)

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