La teoria dell’attaccamento: tutto ciò che c’è da sapere

a teoria dell'attaccamento: tutto ciò che c'è da sapere

La cosiddetta teoria dell’attaccamento fu elaborata dal famoso psicologo e psicanalista John Bowlby durante la metà del Novecento. Egli, infatti, analizzò osservazioni e studi riguardo il rapporto madre-figlio, evidenziandone l’importanza nel bambino.

Scopriamo di più sullo sviluppo della teoria dell’attaccamento

Bowlby sviluppò la teoria dell’attaccamento sulla base di una ricerca relativa ai bambini che avevano perso le proprie famiglie, assegnatagli dall’Organizzazione Mondiale della sanità nel 1950. L’anno seguente fu dato alle stampe Maternal Care and Mental Health, tradotto in Cure materne e sanità mentale: un saggio in cui venivano elencati i risultati delle osservazioni condotte in quel determinato periodo negli istituti di assistenza, dove venivano accolti i bambini abbandonati oppure orfani di guerre e carestie. Ben presto, però, il titolo del testo sarebbe cambiato in Child Care and the growth of maternal love, ossia Cura del bambino e crescita dell’amore materno, con l’intento di estendere il senso della teoria dell’attaccamento: non si trattava di parlare semplicemente di sanità mentale, ma di riflettere in modo integrale sullo sviluppo di ciascun individuo a partire dalle fondamenta, vale a dire dall’infanzia.

Per di più, Bowlby, nel corso delle proprie osservazioni, era giunto alla conclusione che la deprivazione materna, cioè il vero e proprio allontanamento della madre o di un soggetto accudente, fosse la causa profonda di una serie di alterazioni nel comportamento del bambino: la delinquenza, i ritardi nel linguaggio, ma anche l’impossibilità di gestire un fanciullo sembravano derivare da una relazione distruttiva con la figura materna, cioè quella che, in seguito, Bowlby chiamerà figura di attaccamento nella teoria dell’attaccamento.

Gli stili

Esistono vari stili della teoria dell’attaccamento: sicuro, insicuro evitante, insicuro ambivalente, insicuro disorganizzato.
Ad esempio, se la madre è in grado di essere presente, di accudire al meglio il bambino nelle situazioni in cui lo richiede, ma anche di intervenire solo quando strettamente necessario, questo atteggiamento consente al bambino di consolidare un’immagine di sé come degno di attenzioni, di sviluppare l’autostima e la fiducia nell’altro. È proprio in questo caso che il bambino viene classificato appartenente allo stile sicuro.

Il secondo stile della teoria dell’attaccamento è il bambino considerato insicuro evitante, cioè caratterizzato da indifferenza verso la madre. Egli non manifesta quindi ansia per il distacco né prova a cercarla quando questa si allontana, ma continua a giocare indisturbato o a fare quello che stava facendo prima in maniera del tutto indifferente.
Il bambino i cui genitori hanno dimostrato un atteggiamento incoerente, presenti ad intermittenza, viene classificato, nella teoria dell’attaccamento, come insicuro ambivalente. Il comportamento delle figure di riferimento genera in essi la sensazione di non essere amati abbastanza, tanto da dover richiedere continuamente conferme. Per questo sono abituati a cercare di attirare l’attenzione con pianti e crisi di collera e ad aggrapparsi con forza ai genitori quando si ricongiungono con loro dopo la separazione. Allo stesso tempo, però, manifestano rabbia e aggressività nel momento in cui il genitore cerca di dare loro conforto; si alterna così il contatto e il sentimento di rifiuto.

Infine, ma non per importanza, vi è l’ultimo stile della teoria dell’attaccamento, quello insicuro disorganizzato, che è tipico dei bambini che hanno vissuto situazioni familiari difficili, come alcolismo, dipendenza da sostanze, maltrattamenti e abusi di ogni tipo, quindi dove i genitori invece di essere considerati una base sicura, rappresentano un pericolo. Il bambino insicuro disorganizzato, nella teoria dell’attaccamento, manifesta comportamenti simultanei e contraddittori, nonché confusione e disorientamento nei confronti della figura di attaccamento: spesso, dopo la separazione, al momento dell’abbraccio materno volta il viso dall’altra parte, come a voler evitare il contatto visivo. È importante scoprire come la nostra mente funziona in queste circostanze, dall’essere bambino al divenire un vero e proprio adulto.

Fonte immagine in evidenza: Freepik (foto di pikisuperstar)

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