Nel 1956, dopo due anni di lavoro, Italo Calvino pubblicò le Fiabe italiane, una raccolta monumentale tratta dal patrimonio popolare delle varie regioni. Durante il periodo preparatorio, Calvino trascrisse le storie sparse nelle raccolte ottocentesche, compiendo un’impresa che lui stesso, nell’Introduzione, paragonò a quella dei fratelli Grimm con il patrimonio tedesco. “La prima spinta a comporre questo libro è venuta da una esigenza editoriale, volevo pubblicare qualcosa che affiancasse i libri di fiabe straniere, una raccolta italiana, che però nascesse da racconti nuovi”, dichiarò Calvino. E difatti le sue Fiabe hanno il sapore della novità, permettendo ai lettori di immergersi in un contesto fantastico, storicamente e socialmente importante.
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Lo stile di Italo Calvino: un’immersione nella tradizione
Già a metà del XVI secolo, a Venezia, la novella cede il campo alla sua più anziana e rustica sorella, la fiaba di meraviglie e di incantesimi. Nel Seicento a Napoli, Basile sceglie i cunti e crea il Pentamerone. Nel Settecento, di nuovo a Venezia, Carlo Gozzi fa calcare alle fiabe le tavole del palcoscenico. In Italia, però, l’interesse per la fiaba era spesso confinato a dotte monografie.
“Le mie fiabe erano un salto a freddo, come tuffarmi da un trampolino in un mare in cui da un secolo e mezzo si spinge solo gente che nuota tra le onde. Per i Grimm era lo scoprire i frantumi di una antica religione della razza, custodita dai volghi, da far risorgere nel giorno glorioso in cui Napoleone si risvegliasse la coscienza germanica”, scrisse Calvino.
Nelle Fiabe italiane Calvino scopriva la ricchezza e la limpidezza delle “conquiste” culturali e storiche avvenute nel tempo. Era una vera e propria immersione quella dell’autore, un distacco dalla realtà ma anche un modo di raccontare dato dal desiderio di comunicare le visioni che apparivano al suo sguardo. Le Fiabe nascono da una sorta di “malattia professionale”, come l’autore stesso affermò. Sono una conferma di qualcosa di cui Calvino era già consapevole: la necessità di compiere un viaggio narrativo volto a raccontare il vero, attingendo a materiale già esistente ma rielaborandolo con maggiore coscienza storica e sociale.
Il metodo di lavoro di Calvino (Tabella)
Il lavoro di Calvino fu un’operazione complessa di selezione e riscrittura, non una semplice trascrizione. Il suo metodo può essere riassunto in quattro passaggi fondamentali.
Fase del Lavoro | Descrizione |
---|---|
1. Raccolta | Calvino attinse a un vasto repertorio di raccolte ottocentesche di folkloristi e studiosi. |
2. Selezione | Scelse le versioni più belle, originali o rappresentative per ogni regione d’Italia. |
3. Traduzione e Rielaborazione | Tradusse le fiabe dai vari dialetti in un italiano ricco e limpido, ma senza perdere il sapore locale. |
4. Riscrittura | Intervenne sui testi, fondendo versioni diverse e conferendo ritmo e coerenza narrativa. |
Caratteristiche della narrazione: ritmo, metafora e meraviglia
La fiaba diventa con Calvino un racconto magico e meraviglioso, ricco di leggende e aneddoti. Le storie sono brevi e, pur non essendo in dialetto, ne conservano l’eco. La località indicata in calce a ogni fiaba serve a mappare le versioni con cui l’autore si è interfacciato. Stilisticamente, il segreto di Calvino è uscire dall’astratta idea del popolo “raccontatore” per dare voce a personalità di narratori ben distinte, con un ritmo definito. In questo ritmo si intravede una logica precisa. L’uso della metafora dà un senso di freschezza e fa crescere la curiosità di chi legge, creando un’armonia narrativa e una continua trepidazione.
Durante la stesura, Calvino tenne conto dei bambini, smorzando i temi più crudi per renderli più comprensibili. Ciò non significa che i testi rientrino nella letteratura per l’infanzia; anzi, se ne discostano, caricandosi di meraviglia e parlando di ciò che ci sta più a cuore.
Le fiabe italiane più famose: alcuni esempi
La raccolta contiene 200 fiabe. Tra le più celebri e rappresentative, troviamo:
- Giovannin senza paura (Toscana): la storia di un giovane che non conosce la paura e va in cerca di essa, affrontando prove spaventose in un palazzo disabitato.
- Il naso d’argento (Piemonte): una fiaba oscura su un diavolo che rapisce tre sorelle, e sulla più giovane e astuta che riesce a ingannarlo e a liberare le altre prigioniere.
- Colapesce (Sicilia): la leggenda di un ragazzo che amava così tanto il mare da sviluppare la capacità di viverci, fino a sacrificarsi per sostenere una delle tre colonne che, secondo il mito, reggono la Sicilia.
- Prezzemolina (Toscana): la storia di una bambina rapita da una fata per un desiderio incauto della madre, e delle difficili prove che deve superare per riconquistare la libertà.
La fiaba come metafora della vita
La fiaba insegna la vita. Osservata nel suo insieme, la raccolta diventa una trascrizione metaforica della quotidianità. Le Fiabe italiane sono un’occasione per riflettere sulle diverse realtà storiche e regionali, da cui emergono le distanze sociali e i differenti modi di vivere. Bene e male, amore e vendetta sono solo alcuni dei grandi temi che le storie affrontano in maniera tanto vera quanto inverosimile. L’inventiva non ha convenzioni, e Calvino ne è perfettamente consapevole. Il narratore-scrittore organizza le regole narrative per mescolarle, colorandole di speranza e voglia di riscatto. Un mondo fantastico che si fonda su basi storiche e su un codice morale. La trama si basa su un amore per il racconto che dura da millenni, conservato intatto nel tempo.
Questo lavoro di grande cura dimostra ancora una volta la grandezza di Calvino, uno scrittore capace di muoversi tra impegno sociale, fantasia, immaginazione, sperimentazione letteraria e persino fantascienza.
Immagine in evidenza: Wikipedia (Johan-Brun)
Articolo aggiornato il: 28/08/2025