Le leggende di Bodhidharma: il fondatore del Buddhismo Chan

Le leggende di Bodhidharma

Bodhidharma fu un monaco buddhista, ventottesimo patriarca del Buddhismo indiano tradizionale e primo patriarca del Buddhismo Chan (in Cina) o  Zen (in Giappone). La tradizione storiografica fa fatica a datare la sua nascita, si pensa sia nato in Iran nel 483 d.C. circa.  La fonte più importante sulla vita di Bodhidharma è Xugaosengzhuan, in questa opera il saggio viene descritto come un brahmano originario dell’India meridionale che arrivò in Cina per diffondervi le dottrine del Buddhismo Mahāyāna, o Buddhismo del Grande Veicolo, che dava rilevanza al proselitismo e all’insegnamento dei saggi illuminati alle persone comuni. L’immagine di Bodhidharma tramandata grazie alle fonti cinesi è il risultato di un lungo processo agiografico, da una resa leggendaria, quasi mitica, di questo personaggio, e non propriamente biografica: la versione idealizzata di un saggio indiano sul suolo cinese. Si diceva fosse il terzo figlio di un grande re indiano, che determinato a sostenere il Mahayana mise da parte la sua veste bianca da laico e prese la veste nera da monaco. Lamentandosi del declino del vero insegnamento del Dharma, ossia l’ideologia buddhista che si riflette sull’ordine cosmico, decise di viaggiare per diffondere l’insegnamento nella Cina del V secolo, durante la dinastia Liang (420-479). Iconograficamente, Bodhidharma viene rappresentato in modo non convenzionale: con grandi orecchini, numerosi peli sul viso e sul petto, spesso in posizione meditativa e con una toga rossa. Numerose sono le leggende e le storie sul monaco che hanno arricchito vivacemente il repertorio culturale buddhista sia inese che giapponese, essendo il Buddhismo Chan/Zen la corrente più diffusa nei due paesi. Quali sono le leggende di Bodhidharma più significative e affascinanti? 

Leggende di Bodhidarma: L’incontro con l’imperatore Wu e la discussione sui meriti buddhisti 

Tra le leggende di Bodhidarma più celebri troviamo quelle del suo arrivo in Cina: una volta che Bodhidharma sbarca a Nanyue, egli inizia a vagare per la Cina Meridionale. L’imperatore Wu era un grande promotore del Buddhismo, fece costruire un grande monastero, fece scolpire numerose statue del buddha, eresse pagode e trascrisse diverse scritture sacre pensando di ottenere meriti buddhisti. Quando l’imperatore venne a conoscenza della venuta del saggio buddhista lo convocò a corte per fargli ammirare i monumenti eretti per sua volontà. Il maestro Chan si presentò su invito dell’imperatore che lo accolse nel monastero e gli mostrò scritture, monumenti e ricchezze che aveva investito nella costruzione di queste opere. L’imperatore Wu era curioso di sapere quanti meriti buddhisti corrispondessero al suo operato, con sua grande sorpresa però Bodhidharma gli disse che tutto ciò che aveva costruito non gli aveva fatto accumulare neanche un merito. Il saggio gli spiega che costruire templi pensando di accumulare meriti virtuosi fosse una cosa transitoria, il vero merito risiede invece nel riportare alla luce la vera natura di Buddha, che è pura ed immacolata all’interno di noi stessi. Questa storia esemplifica la vera ideologia del Buddhismo Chan che prediligeva la semplicità, l’autocoltivazione e la meditazione rispetto all’innalzamento di templi e statue sfarzose. 

L’origine del tè e delle bambole Daruma

Le leggende di Bodhidharma possono essere anche ironiche, qui ne troviamo due sulla costante meditazione del patriarca.  Il saggio dopo essere stato espulso dalla corte di Wu, si incamminò verso la Cina settentrionale dove si ritira sul monte Song, nel Tempio di Shàolín, nella regione dell’Henan, dove meditò per nove anni rivolto verso il muro, nella pratica di meditazione Pi Kuang. La sua concentrazione e devozione erano tali che nacquero due leggende sul suo conto. Secondo una delle leggende di Bodhidharma, egli  per non cedere al tepore del sonno durante la lunga meditazione, si tagliò le palpebre e le gettò al vento. Una volta cadute a terra, queste avrebbero generato la pianta del tè, che tutt’oggi rappresenta una bevanda tanto famosa quanto utile per la pratica intensiva dei monasteri. Secondo un’altra, una volta, Bodhidharma decise di praticare tanto intensamente e tanto a lungo che gli caddero le gambe. Da questa leggenda, deriva la forma della tipica bambola giapponese Daruma (lo stesso nome con cui il patriarca è conosciuto in Giappone), che ritrae il maestro senza gambe

L’incontro con Huike

Tra le leggende di Bodhidarma più famose troviamo l’incontro con colui che sarà il suo successore: Huike. Essendo Bodhidharma una figura molto bizzarra e derisa da molti, egli avrà pochi discepoli: tre uomini ed una donna. Tra i suoi discepoli abbiamo Huike, designato, dopo la morte del maestro, come secondo patriarca del Buddhismo Chan. Egli era uno studioso erudito di varie discipline che, non trovando soddisfazione in nessuna di queste, decise di recarsi sul monte Song, desideroso di diventare discepolo di Bodhidharma. Essendo il saggio molto impegnato nella pratica meditativa, Huike passò giorni e notti a cercare di parlargli, ma Bodhidharma non ruppe mai il silenzio. Dopo mesi di attesa nella grotta di Bodhidharma, Huike,  in un disperato tentativo di attirare l’attenzione dell’eremita, si tagliò un braccio davanti a lui, muovendo finalmente la sua compassione. Huike gli chiese finalmente di aiutarlo a pacificare la sua mente, Bodhidharma gli rispose che per farlo doveva mostrargliela, a quel punto però il discepolo, arreso, rispose che non riusciva a trovarla. La risposta di Bodhidharma sarà: «allora l’ho già pacificata!» Bodhidarma sottolinea in questo modo la sua distanza dalla tradizione buddhista che riteneva fondamentale l’insegnamento di dogmi e precetti. Così facendo cadeva in cliches e domande esistenziali, mentre Bodhidharma prediligeva invece la pratica della meditazione e dell’autocoltivazione, in maniera tale da portare la mente direttamente al Risveglio. 

La morte di Bodhidharma

La storia della sua morte è una tra le leggende di Bodhidharma più oscure e miseriose. La leggenda vuole che Bodidharma muoia proprio sul monte dove aveva praticato e predicato la dottrina Buddhista all’età di 150 anni. I suoi discepoli posero il suo cadavere in una bara senza seppellirlo. Dopo 27 giorni, un emissario dell’impero che viaggiava sull’altopiano del Tamir, incontrò un monaco straniero. Il monaco indossava un sandalo al piede mentre l’altro era scalzo. Il monaco gli disse che proprio in quel momento il suo re era passato a miglior vita, Il messaggero preoccupato annotò data e ora su un pezzo di carta per verificare la veridicità di quanto raccontato dal monaco. Quando mesi dopo il messaggero fece ritorno a corte, ricevette la notizia che il re era deceduto nel momento in cui il monaco gli aveva comunicato. I funzionari di corte e i discepoli del saggio si resero conto che si trattava proprio di Bodhidharma, di conseguenza si recarono alla tomba per verificare la veridicità della storia, e aprendo la bara scoprono l’assenza del cadavere. L’unica cosa presente nella tomba era infatti un sandalo. Bodidharma probabilmente aveva lasciato il sandalo per avvisare i discepoli della sua dipartita, si crede infatti che il vecchio maestro indiano, alla fine della propria vita, si sarebbe nuovamente incamminato per tornare nelle sue terre, consapevole di avere concluso il proprio ruolo nel trasmettere l’insegnamento del Chan. Le leggende di bodhidharma 

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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