Maschere del teatro No: tra arte e simbolismo

maschere del teatro No

Emblematiche, spaventose e dal sorriso impercettibile e indistinto: le maschere del teatro No tra arte e simbolismo.

Maschere del teatro No: una panoramica su arte e simbolismo

Le maschere del teatro No – chiamate Nomen – sono un simbolo della cultura giapponese, conosciute all’estero soprattutto nelle versioni spaventose e demoniache. Spesso troviamo la maschera dell’Hannya su magliette, loghi e tatuaggi, ignorandone il profondo significato e simbolismo.

Tutte le maschere sono in legno e vengono indossate da attori specializzati nei determinati ruoli che la maschera accompagna. Le maschere del teatro No sono in legno e decisamente scomode a causa della limitata vista che offrono all’ attore, tramite sole due fessure. Quasi tutte le maschere posso apparire inespressive, ma in realtà dietro a quell’ inespressività vi è la bravura dell’attore nel far capire allo spettatore il tono e l’umore del personaggio. Gli attori, privati di un volto proprio, non recitano il personaggio ma si trasformano in esso in un gesto puro e quasi sciamanico.

In poche parole, è semplice essere bravi attori usando l’espressività propria del volto, ma è difficile far vivere lo spirito del personaggio interpretato tramite una maschera. Se la maschera avesse già un’espressione fissa dove sarebbe la maestria degli attori giapponesi? In loro aiuto però arriva un po’ di scienza: dal punto di vista ottico le maschere sono intagliate affinché in base all’ inclinazione lo spettatore percepisca un sorriso oppure un’espressione leggermente mesta, facendo riferimento a sopracciglia, bocca e occhi.

Abbassando il volto verso il basso l’espressione diverrà più mesta, per esempio. In giapponese rannuvolarsi si dice “omote o kumorasu”. Basta quindi un minimo movimento delle maschere del teatro No a sprigionare un turbinio di emozioni. Per esempio, girando il volto di scatto si indica l’ira, in giapponese “omote o kiru”. Inoltre, soltanto l’attore dello Shite (protagonista) indossa la maschera, rendendo il tutto più unico e accattivante per l’occhio dello spettatore.

Creazione delle maschere

Le maschere del teatro No sono fatte di legno Hinoki, un tipo di pino del paese del Sol Levante. Questo materiale rende le maschere leggere ma non per questo comode. Il processo di creazione è estremamente complicato: si parte da un unico blocco di legno che deve essere intagliato nei minimi dettagli, solo così avrà la sua capacità camaleontica. Non esistono sovrapposizioni di pezzi, tutto deve essere intagliato al millimetro. Inoltre, giusto per sottolineare la preziosità di queste maschere, è importante divulgare che molte ancora in uso nelle scuole che le custodiscono risalgono all’ epoca Muromachi.

Maschere del teatro No: verso l’Hannya e soprattutto oltre…

Le maschere del teatro No sono divise in tre categorie: maschere di uomini, maschere di donne e maschere di demoni.

Tra le più belle abbiamo la classica Ko no Omote dai denti neri: la maschera della fanciulla innocente contrapposta alla Manbi, una donna giovane più licenziosa e seducente, dal sorriso quasi impercettibilmente più sornione e dello sguardo più ammiccante.

Per gli uomini la più bella è la maschera Heida dei guerrieri vittoriosi, utilizzata solo in tre opere di teatro No. Lo sguardo è fermo e spiritato, concentrato sul nemico, rossastro per indicare l’abbronzatura derivante dall’esposizione al sole sul terreno di battaglia; bocca aperta che incute timore e baffi.

Le maschere dei demoni sono effettivamente le più belle dal punto di visto artistico ma soprattutto simbolico. I demoni giapponesi raramente sono veri e propri mostri, le maschere da demone rappresentano un’interiorità da demone, un io tormentato dalla rabbia, dal dolore, in procinto di perdere il controllo. Le maschere del teatro no come le Onryo Omote rappresentano tutte queste emozioni tramite dettagli artistici. Notiamo che nella Onryo Omote Daigan i capelli vengono dipinti ai lati del volto in modo spettinato, la bocca mostra denti, gli occhi hanno un accenno di rosso, si vede che il personaggio sta lottando contro sé stesso. Abbiamo infine la tanto famosa maschera Hannya: spuntano le corna, il sorriso diventa inumano e largo, gli occhi non sono ancora colmi di rabbia ma più di un dolore emotivo intenso, frutto di un conflitto interiore; i ciuffi spettinati anche sulla fronte sono un punto di non ritorno.

L’Hannya è un presagio: «Attento, stai perdendo te stesso».

fonte immagine: Wikipedia

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