Misteri bacchici: non solo vino e danze

Riti e Misteri bacchici: non solo vino e danze

Bacco è il dio del vino, dell’ebbrezza e dalla liberazione dei vincoli. Conosciuto anche come Dioniso, secondo il nome originale greco, rappresentava il punto di riferimento dei Misteri bacchici (o dionisiaci). Il luogo d’origine dei suoi misteri si crede, tra le varie possibilità, che fosse la Tracia. L’opera più celebre che tratta dei riti bacchici è Le baccanti di Euripide.

«[Tiresia] Egli poi è un dio profeta: la follia e il
furore bacchico hanno grande capacità
profetica. Quando possente, infatti,
il dio entra nel corpo, fa predire il futuro
agli invasati.»

(Le Baccanti, Euripide)

La teleté: cos’erano i riti e i Misteri bacchici

Bacchanalia è il termine per indicare le feste pubbliche dedicate a Dioniso in Grecia e poi a Roma. Erano celebrazioni aperte a tutti, di carattere pubblico e urbano, ben diverse dalle pratiche e dalla natura dei Misteri bacchici.

Nei Misteri di Bacco e, come altri Misteri antichi, c’era un processo iniziatico. Essendo un misteri solo pochi potevano parteciparvi (“esoterico” significa proprio “dell’interno”, quindi riservato), e non dovevano diffondere a chiunque il loro status di adepti o iniziati. L’origine dei riti bacchici era molto antica, si diffusero più concretamente nel VI-V sec. a.C., anche in Sicilia (per fare il nome di alcuni centri: Siracusa, Agrigento, Catania, Selinunte).

Le fasi per entrare nei Misteri (in greco iniziazione era “teleté”) erano:

  • Purificazione: gli iniziati dovevano purificarsi prima di intraprendere la via;
  • Istruzione: gli adepti dovevano essere a conoscenza della mitologia di Dioniso e dei suoi significati;
  • Rituali: gli adepti partecipavano a rituali segreti che permettevano la trasformazione personale;

Alcune forme di riti bacchici

Da iscrizioni trovate a Mileto, abbiamo testimonianza di alcune forme di riti bacchici.

A differenza dei misteri di Persefone e dei Grandi Iddii, i Misteri bacchici non aveva una sede fissa o di riferimento: potevano avvenire ovunque, purché si fosse in un luogo naturale e aperto, generalmente boschi o montagne. Tutti erano sullo stesso livello gerarchico: schiavi e donne potevano parteciparvi, sebbene le donne avessero delle divisioni per funzione.

Orebaisa 

(Fonte: Pixabay)

Il termine significa “girare per le montagne“. Gli iniziati, infatti, raggiungevano le montagne di notte. Spesso si trattava di donne chiamate Menadi o Tiadi. Con il consumo di vino o di altre sostanze ci si inebriava e si suonava musica: così si aprivano le danze. La musica avveniva con l’utilizzo di cembali, timpani, flauti.

Il ditirambo divenne la melodia dionisiaca per eccellenza.

Sparagmos e Omofagia

(Fonte: Pixabay)

Secondo alcuni resoconti mitici, le baccanti, durante questo rito, al punto più alto della celebrazione, portavano un animale da sacrificio, che spesso era un cerbiatto o un capretto, e lo smembravano in parti (sparagmos). Poi se ne consumava la carne cruda (omofagia): questo significava il processo di unione col dio, il cui simbolo era il capretto.

Liknon

(Fonte: Pixabay)

Il liknon era un particolare cesto che simboleggiava la fertilità: all’interno veniva messi frutti e oggetti fallici. Bacco rappresenta infatti la nascita e la rigogliosità nella vita: basti guardare l’iconografia pittorica di Bacco del rinascimento e del XIX secolo per notare l’elemento della frutta.

Misteri bacchici: solo ebbrezza e divertimento?

Sebbene l’idea passata alla società sia sempre stata quella di divertimenti, il significato dei riti era più profondo.

I Misteri inneggiavano alla liberazione dalle costrizioni sociali. L’esperienza dell’estasi, lo stato in cui ci si univa al Dio (e alla natura), si chiamava enthousiasmós: unirsi a Dio non è semplicemente scatenarsi e divertirsi, significava perdere l’Io umano, che l’uomo per sopravvivenza e natura è portato a costruirsi. L’estasi ambiva a far rinascere l’istinto animale perso dalla razionalità societale, poiché secondo il rito solo uscendo dalla propria individualità e dalla riflessione dialettica era possibile raggiungere la Verità del mondo e dell’universo: la premessa è che ci sia un “Tutto” collettivo superiore.

Dioniso era il dio della morte e della nascita: con i suoi riti c’era la credenza del raggiungimento dell’immortalità. L’immortalità di cui i Misteri Bacchici parlano non è immortalità fisica nel senso stretto della parola, è dimenticare il proprio corpo e la propria mente mortale e razionale, per innalzare il proprio istinto primordiale, quello che Freud chiamò Es.

La pratica dell’omofagia è, senza se e senza ma, una pratica crudele e feroce, ma non è sicuro che venisse presa alla lettera da ogni baccante per tutta la permanenza dei culti dionisiaci. Dopotutto, a essere realistici, mangiare un animale vivo sulla cima di una montagna è una pratica scomoda e di difficile attuazione. Mangiare la carne dell’animale divino simboleggiava l’unione al soggetto superiore; non è molto diverso da quello che succede oggi con l’ingerimento dell’ostia cristiana: “questo è il corpo di di Cristo, bevete e mangiatene…”. 

Per Platone la follia generata dalla venerazione di Dioniso è una follia iniziatica, contrapposta alla follia (invasamento) profetica e musicata. Nell’Ellade antica, infatti, elevare lo spirito e le emozioni era un processo che poteva essere fatto secondo la via filosofico-religiosa (apollineo) o secondo la via artistico-espressiva (dionisiaco). 

È secondo questa dualità e secondo i primi canti dionisiaci fatti con il ditirambo che sarebbe nata la tragedia.

Foto in evidenza: Wikipedia (William-Adolphe Bouguereau, La gioventù di Bacco, 1884)

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