Nell’antichità erano creature eteree, figlie della Memoria e ispiratrici degli dei. Oggi, le muse digitali abitano schermi, circuiti e piattaforme. Non sono più soggetti mitici, né donne in carne e ossa, ma entità create o mediate dal digitale: influencer generate dall’intelligenza artificiale, avatar iperrealistici, corpi modellati dai filtri di realtà aumentata.
In un’epoca in cui i confini tra reale e virtuale si dissolvono, le muse digitali emergono come nuove guide dell’immaginazione. Non sono vincolate da leggi fisiche o canoni statici, sono fluide, reinventabili, moltiplicate in infinite versioni di sé.
Muse digitali e realtà aumentata: cos’è e come funziona
La realtà aumentata è una tecnologia che permette di sovrapporre contenuti digitali in ambienti e oggetti reali. A differenza della realtà virtuale, che immerge l’utente in un ambiente completamente artificiale, la realtà aumentata potenzia l’esperienza fisica, aggiungendo livelli di significato e creatività attraverso lo schermo di uno smartphone, di un visore o di occhiali smart.
Nel mondo artistico, questo significa creare esperienze interattive, immersive, installazioni «vive» e corpi digitali che si muovono nello spazio reale, ridefinendo il confine tra spettatore e opera, tra reale e immaginato.
Riscrivere il corpo femminile con la realtà aumentata
Grazie alla realtà aumentata, sempre più artiste donne stanno utilizzando questa tecnologia come strumento per rinarrare il corpo femminile e per trasformarlo in un paesaggio poetico, politico e fluido. Attraverso i loro lavori, il corpo femminile diventa una tela viva, in cui si intrecciano memoria, futuro e tecnologia, sfidando modelli fissi e offrendo nuove prospettive di bellezza, forza e libertà.
I temi affrontati in queste rappresentazioni spaziano da identità fluide e plurali, che mettono in discussione stereotipi di genere e modelli di bellezza rigidi, a corpi come spazi di trasformazione e libertà, dove la tecnologia diventa mezzo per superare limiti fisici e sociali.
Addie Wagenknecht e il femminismo digitale
Addie Wagenknecht è un’artista americana che unisce tecnologia, arte e femminismo in un dialogo creativo e innovativo. Attraverso l’impiego di tecnologie non convenzionali, como robot e software open source, l’artista reinterpreta il corpo femminile, proponendone una visione alternativa e contemporanea. Nella serie Alone Together, ad esempio, utilizza robot Roomba modificati per creare dipinti in pigmento blu klein, dove il corpo femminile è suggerito attraverso lo spazio negativo, una forma di presenza e assenza che invita a riflettere sulla visibilità della donna.
In Beauty, Wagenknecht utilizza nuovamente questi robot per disperdere una miscela di pigmenti cosmetici, prodotti farmaceutici, profumi e prodotti per la cura della pelle sulla tela, utilizzando algoritmi, offrendo una reinterpretazione della bellezza e un ritratto contemporaneo della donna moderna.
La realtà aumentata, quindi, non è più soltanto uno strumento per il gaming o il marketing: per molte artiste è diventata un mezzo per sottrarre il corpo allo sguardo maschile dominante. Attraverso questa tecnologia, si aprono spazi femminili alternativi, inaccessibili, sensibili. Spazi dove il corpo digitale non può essere toccato, ma solo ascoltato.
Immagine in evidenza generata con AI