Originario di Venezia e contemporaneo del Veronese, Jacopo Robusti, passato alla storia come Tintoretto, è tra i pittori più importanti dell’età d’oro dell’arte italiana, ma anche un importantissimo precursore di movimenti quali l’arte barocca e (seppur indirettamente e a livello tecnico/stilistico) persino del filone impressionista. Andiamo quindi a osservarne insieme quattro opere che hanno cambiato per sempre la scena artistica del tempo.
Come nasce il “Tintoretto”
Della sua infanzia si sa poco ed è incerta persino la sua data di nascita, che gli storici hanno potuto ricostruire solo approssimativamente guardando alla sua morte, avvenuta nel 1594. Tuttavia, è ben nota l’origine del suo soprannome, che l’artista deve al mestiere del padre, tintore di stoffe. Pare che egli abbia portato sempre con grande orgoglio questo vezzeggiativo, usandolo addirittura come firma nella sua vasta produzione artistica (si firmava infatti come “Jacobus Tentorettus” o “Jacomo Tintor”).
La passione per la pittura sembra essere nata molto presto nel giovane Jacopo, tanto che il padre riuscì a fargli ottenere un apprendistato nella bottega di Tiziano, che durò tuttavia pochissimo a causa dei timori del maestro nei confronti del suo talento. E infatti, pare proprio che l’intuito del pittore avesse fatto centro: già dai primi successi di Tintoretto possiamo notare un’abilità compositiva e prospettica impressionante, oltre a un impeto e una forza decisamente fuori dall’ordinario.
I capolavori del Tintoretto: quattro opere iconiche
1. Il Miracolo di San Marco
Uno dei soggetti più rappresentati, non solo da Tintoretto ma in tutta la pittura veneziana, è probabilmente San Marco, in virtù del suo patronato sulla città. In questa gigantesca tela di più di quattro metri per lato, vediamo raffigurato il Miracolo di San Marco (anche detto Miracolo dello Schiavo): la punizione di uno schiavo che aveva osato venerare le reliquie del Santo, fermata dall’intervento miracoloso di quest’ultimo.
Lo schiavo è disteso a terra nudo, mentre una folla frenetica si accalca attorno a lui; dall’alto, San Marco scende in diagonale sulla scena per spezzare gli strumenti del castigo, in un’angolazione mai vista prima. La composizione è estremamente dinamica, i corpi possenti (un’importante novità proveniente indirettamente dal Giudizio Universale di Michelangelo) e i colori vibranti e frenetici. Inoltre, si può notare uno dei tratti distintivi del Tintoretto nell’uso della luce in punti ben concentrati, come veri e propri bagliori (l’aureola di San Marco).
Il Miracolo di San Marco, Tintoretto, 1548 – Gallerie dell’Accademia, Venezia (Foto di Gleb Simonov, volta al dominio pubblico)
2. L’Ultima Cena
Nella storia dell’arte non è raro che uno stesso tema fosse riproposto più volte, soprattutto se di natura religiosa. Nel caso specifico di Tintoretto, possiamo facilmente notare come esistano molteplici versioni di alcune opere. Qui, in particolare, possiamo osservare l’evoluzione stilistica del pittore mettendo a confronto due versioni dell’Ultima Cena, una del periodo della maturità e l’altra degli ultimi anni di vita.
La prima tela, del 1566 circa e conservata nella chiesa di San Trovaso a Venezia, è caratterizzata da un forte realismo. La scena è ambientata in una taverna e gli apostoli sono disposti intorno al tavolo e a Gesù, che sta rivelando l’imminente tradimento. Lo stupore e l’incredulità dominano la scena: un apostolo si getta sul tavolo, un altro sembra difendersi dall’accusa e una sedia è rovesciata a terra. La prospettiva è particolare, con l’occhio guidato immediatamente verso la figura di Cristo per poi scendere lungo il tavolo posto di sbieco fino alla testa di Giuda, che tiene in mano un bicchiere di vino rosso, forse alludendo al sangue di Cristo.
Nel secondo dipinto, conservato nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, il tema è rappresentato in modo completamente diverso. Notiamo subito un contrasto nettamente maggiore tra luci ed ombre, una prospettiva angolare e una scena arricchita di altre figure che relegano gli apostoli sul lato sinistro della tela. Anche il momento rappresentato cambia: qui è il momento dell’eucarestia. In entrambe le opere, però, è evidente la volontà di Tintoretto di rendere la scena quanto più umana e contemporanea possibile. Protagonista assoluta è la luce, presente secondo tre registri: profano (il lampadario), religioso (le aureole) e spirituale (le figure eteree che assistono all’evento).
L’Ultima Cena, 1566, Chiesa di San Trovaso, Venezia
L’Ultima Cena, 1594, Basilica di San Giorgio Maggiore, Venezia
3. Susanna e i Vecchioni
Anche la storia di Susanna e dei cosiddetti “Vecchioni” è un tema studiato più volte dal pittore. L’episodio si rifà a un antico racconto biblico in cui due anziani giudici ebrei, infatuatisi della giovane e pia Susanna, si intrufolano a casa sua per spiarla mentre si lava. I due la ricattano: se non avesse giaciuto con loro, l’avrebbero accusata di adulterio. Al suo rifiuto, così avviene, ma la donna viene salvata in tempo dall’intervento del profeta Daniele, che smaschera i due bugiardi.
Il momento che Tintoretto rappresenta è quello in cui i Vecchioni sono intenti a spiare Susanna. La scena è colma di dettagli ed elementi simbolici: dagli oggetti bianchi che simboleggiano la sua purezza, alla gazza e ai cervi, simboli dell’imminente diffamazione e della lussuria. Susanna, illuminata da un sapiente chiaroscuro, è completamente assorta dal suo riflesso, rendendo quasi lo spettatore stesso un guardone insieme ai vecchi. La composizione è divisa da un muro di rose e le figure sono disposte a formare un triangolo leggermente di sbieco. Sullo sfondo si intravede il profilo di una città, quasi sicuramente Venezia.
Susanna e i Vecchioni, Tintoretto, 1555-1556 – Kunsthistorisches Museum, Vienna (Immagine di dominio pubblico)
4. Il Paradiso
Tra le numerose opere di Tintoretto, infine, non si può non menzionare una delle tele più monumentali mai realizzate al mondo: il Paradiso, nel Palazzo Ducale di Venezia. Nel 1577, un incendio distrusse parte del Palazzo e con essa un importante affresco dell’Incoronazione della Vergine. Sebbene l’incarico di ricreare l’opera fosse stato affidato al Veronese e a Francesco Bassano, la morte del primo fece passare il compito al Tintoretto. Data l’età avanzata del maestro, però, a completare il dipinto fu principalmente la sua bottega.
Il fulcro della scena è l’incoronazione di Maria da parte del figlio, con al centro la colomba dello Spirito Santo e tutt’intorno una schiera di serafini e cherubini. Dalla figura di Gesù si irradia la luce divina che illumina Maria e, man mano che si scende, tutte le altre figure disposte in ordine gerarchico. Questo grandioso corteo celeste fu concepito da Tintoretto come monito per il Maggior Consiglio, che si riuniva in quella sala insieme al Doge, affinché ogni membro fosse consapevole delle proprie scelte, con un chiaro rimando al Giudizio Universale.
Paradiso, Tintoretto, post 1588 – Sala del Maggior Consiglio, Palazzo Ducale, Venezia (Immagine di dominio pubblico)
Fonte immagini: Wikimedia Commons – opere di dominio pubblico (In copertina: Autoritratto giovanile di Tintoretto, che si raffigura con sguardo intenso e barba scura, 1548 ca. – Victoria and Albert Museum, Londra)