Lavori di Michelangelo non scultorei: i 4 da conoscere

Ritratto di Michelangelo - Daniele da Volterra (fonte: Wikipedia)

«Il mondo ha molti re, ed un solo Michelangelo»: come si discerne da questa lettera del poeta Pietro Aretino proprio allo scultore più celebre del Rinascimento italiano e – con alta probabilità – di tutti i tempi, anche i suoi contemporanei erano pienamente coscienti della sua bravura e influenza sulla storia dell’arte. Durante la sua lunga vita (89 anni) Michelangelo Buonarroti, probabilmente il più grande scultore di tutti i tempi, noto per il suo carattere burrascoso e per la sua rivalità con altri artisti del suo tempo (Leonardo e Raffaello), lavorò per i Medici, per i Savonarola, la Repubblica Fiorentina e la Roma papale. Nonostante non si considerasse un pittore, ci ha lasciato anche delle meravigliose opere non scultoree; scopriamo dunque insieme quali sono i quattro lavori di Michelangelo da non perdere!

1. Creazione di Adamo: il più iconico dei lavori di Michelangelo

Creazione di Adamo (fonte: Wikipedia)
Creazione di Adamo (fonte: Wikipedia)

Realizzato nel 1511 e commissionato da papa Giulio II, questo affresco, forse il più famoso dei lavori di Michelangelo, si trova sul soffitto della Cappella Sistina, nella parte centrale, dove si possono trovare le scene più importanti della Genesi.
La scena rappresenta la creazione del primo uomo: più precisamente, Dio Creatore che vola sostenuto dai suoi angeli (a destra) è catturato nel gesto di infondere vita a Adamo, a terra nudo e nell’atteggiamento di chi si sta svegliando (a sinistra) tramite ilquasi” tocco dei loro indici: lo spazio tra le due dita simboleggia l’impossibilità dell’uomo di raggiungere il suo creatore. Lo sguardo di Dio è diretto con decisione verso Adamo, che lo contempla con stupore. Il paesaggio è quasi assente.
Il modo michelangiolesco di rappresentare i corpi è particolare, spesso se messo a paragone con quello dei suoi colleghi: mentre i loro erano pieni di grazia e leggerezza, quelli di Michelangelo sono forti, robusti, e muscolosi (anche quando si tratta di dipingere un personaggio femminile) dando l’impressione di essere stati letteralmente scolpiti sulla tela. Ricordiamo infatti che lo stesso Michelangelo si definiva scultore, e non pittore: per questo non abbiamo molte sue opere che non siano, appunto, singole sculture o gruppi scultorei.
Un ultimo dettaglio interessante è che Dio e Adamo hanno anatomie e disposizioni nello spazio del dipinto simili (fino addirittura alla stessa doppia torsione), un accenno al verso «Dio creò l’uomo a sua immagine» (Genesi, 1, 27) e rappresentazione del fatto che sull’uomo è presente un’impronta divina.

2. Giudizio universale: Michelangelo e il giorno dell’ira divina

Giudizio universale (fonte: Wikipedia)
Giudizio universale (fonte: Wikipedia)

Anche quest’affresco, un’altra dei lavori di Michelangelo più conosciuti, si trova nella Cappella Sistina; questa volta non sul soffitto, ma dietro l’altare.
Il soggetto rappresentato è appunto il Giudizio universale, quando – alla fine dei tempi – l’umanità verrà giudicata da Cristo; il modo in cui Michelangelo la dipinge, però, si distacca totalmente dall’usuale prospettiva e rappresentazione gerarchica di beati e dannati: il suo Giudizio universale si configura infatti come una violenta ed inevitabile catastrofe, in cui verremo travolti dall’ira divina, rappresentata da un vortice generato dai gesti di Gesù (il braccio destro è posto verso l’alto, come a dare il permesso a una parte dei morti ad ascendere al cielo e accedere al Paradiso; il sinistro è posto verso il basso, comandando all’altra parte dei morti di accettare la sua punizione ed entrare – volente o nolente – all’Inferno, accolti da Caronte e Minosse).
Accanto a Cristo, quasi spaventata dal suo furore, si rannicchia Maria, mentre San Pietro, anch’egli timoroso, gli restituisce le chiavi del Paradiso. Attorno a Lui, ci sono altre figure di santi, riconoscibili in quanto rappresentati o con l’oggetto col quale vennero uccisi oppure con un altro oggetto che si collega al loro martirio: ad esempio, San Bartolomeo (ai piedi di Cristo), che morì scuoiato vivo, tiene in mano la sua pelle, afflosciata come un sacco vuoto. In realtà, quella pelle non è altro che un autoritratto di Michelangelo.

Ultima curiosità su questo affresco è che in origine le parti intime dei personaggi rappresentati non erano coperte: sotto papa Paolo IV Carafa (detto il Grande Inquisitore) e papa Pio IV, Michelangelo rischiò per questo (e per le altre sue innovazioni nella rappresentazione del Giudizio universale citate prima) di finire sotto processo per eresia. Nel 1564, dopo la morte di Michelangelo, si decise di intervenire sull’affresco; l’anno dopo, l’artista Daniele da Volterra venne incaricato di coprire le nudità di santi e dannati con dei panneggi: per questo, è anche noto con l’appellativo di “braghettone”.

3. Crocifissione di San Pietro: l’ultimo affresco di Michelangelo

Crocifissione di San Pietro (fonte: Wikipedia)
Crocifissione di San Pietro (fonte: Wikipedia)

La Crocifissione di San Pietro, uno dei lavori di Michelangelo meno conosciuti, si trova nella Cappella Paolina e venne commissionato da papa Paolo III (ma terminato dopo la sua morte), nel 1550, assieme all’ancora meno nota Conversione di Saulo.
Come si può ben intuire, il soggetto dell’affresco è il martirio di San Pietro, inchiodato alla croce che i soldati romani stanno per issare al contrario, come per sua richiesta in quanto non si sente degno di morire esattamente come Cristo.
Lo sfondo è diviso in tre ordini: montagne, cielo e una nube scura che dona ancora più drammaticità alla scena. Il caos della composizione – nella quale non c’è l’uso della prospettivasi discosta totalmente da un potenziale evento salvifico divino: sarebbe stato difficile persino trovare Pietro, a primo impatto, se Michelangelo non l’avesse rappresentato trasversalmente. Inoltre, i colori utilizzati per rappresentare i personaggi sono molto leggeri, contrastando apertamente il forte vigore che, come abbiamo potuto imparare, caratterizza i corpi michelangioleschi.
La particolarità più interessante di quest’opera è sicuramente lo sguardo del martire, volto verso lo spettatore in un ultimo atto di umanità prima della morte.

4. Tondo Doni: l’unico dipinto di Michelangelo

Tondo Doni (fonte: Wikipedia) (Lavori di Michelangelo)
Tondo Doni (fonte: Wikipedia)

La Sacra Famiglia, o Sacra Famiglia con san Giovannino, è l’unico dei lavori di Michelangelo ad essere un dipinto a tempera su tavola attribuibile a lui con certezza. Realizzato intorno al 1507, viene chiamato più comunemente “Tondo Doni” in quanto rotondo e commissionato da un tale Agnolo Doni, ricco mercante e mecenate fiorentino, per celebrare la nascita di sua figlia.
La scena rappresenta San Giuseppe che porge il Bambino a Maria, la quale – secondo l’iconografia medievale della Madonna dell’umiltà – è scalza e seduta per terra, e ha un libro chiuso in grembo (è considerata, infatti, come la “Sede della Sapienza” in quanto madre di Gesù). San Giovannino guarda il Bambino da dietro un muretto (sulla destra).
Dietro la Sacra Famiglia ci possono vedere cinque figure di uomini nudi (gli ignudi); l’appena percettibile paesaggio serve solo a renderli più visibili allo spettatore. Le relazioni tra i personaggi (rappresentati con colori freddi e contorni forti) si rendono allegoria della relazione dell’umanità con la venuta di Cristo sulla Terra: gli ignudi simboleggiano i pagani; Giuseppe, Maria e Giovanni gli ebrei; lo stesso Gesù, infine, i cristiani. Questo spiega anche la prospettiva scelta da Michelangelo – o meglio, prospettive: la Sacra Famiglia viene vista dal basso, mentre gli ignudi sono invece visti frontalmente; tutto questo simboleggia che la differenza tra il mondo pagano – ormai lontano – e il mondo ebraico-cristiano – più vicino, e moralmente e spiritualmente “alto”.

Fonte immagini: Wikipedia

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