«Non c’è medicina senza alchimia, non c’è medicina senza astrologia, non c’è medicina senza magia» (Paracelso)
Un commediante, un ubriacone, un negromante, un beone… così i suoi nemici descrivono Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelsus, o Paracelso, uno degli scienziati più controversi e innovativi del Rinascimento. Dallo spirito ribelle e geniale, a tratti folle e magico, mentre i suoi avversari lo descrivevano come il “più grande e pernicioso fanfarone”, i rinnovatori videro in lui “l’iniziatore di nuovi sistemi terapeutici” e il pioniere della scienza medica moderna. Insomma, un medico, un alchimista, un filosofo e un astrologo, uno speculatore incallito e un ricercatore su campo,
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim decide di farsi chiamare Paracelsus: da interpretare come “uguale a” o “più grande di” Celsus, il nome Paracelsus si riferirebbe all’enciclopedista e medico romano Aulo Cornelio Celso, vissuto nella prima metà del I secolo, e fu scelto dal medico svizzero per indicare di esserne sullo stesso piano, se non superiore, sottolineando come lui stesso avesse superato la medicina classica di cui Aulo Cornelio Celso era il rappresentante. Tuttavia Paracelso non aveva bisogno di mostrare di essere al pari o “superiore a”: aveva tutte le carte in regola per distinguersi come uno dei medici più originali del suo tempo e non solo.
La vita e le esperienze in medicina
Paracelso (1493-1541) nacque a Einsiedeln, in Svizzera e poté avvicinarsi al campo della medicina e della chimica già grazie a suo padre: Wilhelm von Hohenheim era infatti laureato in medicina all’Università di Tubinga. Paracelso studiò poi a Vienna sotto l’umanista Joachim von Watt e a Ferrara sotto Nicolò Leoniceno conseguendo la laurea presso l’Università della città. Ma si avvicinò anche all’occultismo sulle orme dell’abate e alchimista Giovanni Tritemio. Tuttavia, l’istruzione che maggiormente lo segnò e a cui rimase più fedele fu quella che ottenne viaggiando, attraverso la ricerca su campo: oltre ad aver attraversato quasi tutta l’Europa, si dice che Paracelso fosse arrivato in Russia – e qui catturato dai tartari- poi persino in India e in Cina.
Vero oppure no, fu sicuramente grazie ai suoi viaggi, in particolare in Europa, che Paracelso poté ideare e attuare un nuovo sistema medico basato sull’osservazione empirica delle malattie più frequenti tra il popolo e sulle cognizioni e osservazioni cliniche-chimiche. Nel 1527 guarisce Erasmo da Rotterdam e Ecolampadio, grazie al quale gli fu offerta la cattedra di medicina presso l’Università di Basilea, ma il suo carattere polemico e orgoglioso, se non superbo, fecero sì che gli venisse revocata: Paracelso aveva infatti dichiaratamente annunciato di opporsi alla tradizione medica imperante. Il medico svizzero lasciò allora la città e dopo aver trovato ospitalità presso il barone von Stauff a Regensburg, gli fu nota la notizia del divieto di pubblicazione di alcuni suoi scritti sulla sifilide da parte del Consiglio di Norimberga.
Sempre causa di contesa, sempre inseguito dai suoi nemici, Paracelso non smise mai di spostarsi di città in città; solo a Salisburgo troverà la pace con la morte, è il 24 settembre del 1541.
Paracelso: tra magia naturale e genialità rivoluzionaria
Il tema fondamentale del pensiero paracelsiano è la supremazia e autonomia della natura nei confronti della tradizione. Fondò infatti la iatrochimica, una nuova pratica medica basata sulla cura delle malattie attraverso l’uso di sostanze minerali. Paracelso aveva accumulato grande esperienza durante il servizio come medico militare dell’esercito di Venezia imbattendosi in molte ferite di guerra e uno tra i principi medici che utilizzò per curare quelle ferite fu quello secondo cui “bisognava lasciar agire la natura”: anziché trattare le ferite come muschio o sterco, Paracelso suggeriva il drenaggio e l’estrazione di sangue e pus.
Come racconta anche il National Geographic, quando fu intercettato dal celebre stampatore Johannes Froben che soffriva di una grave infezione alla gamba, forse una cancrena, non solo Paracelso affermò, al contrario di come avevano suggerito i medici, che non vi era bisogno di amputazione, ma evitò anche l’intervento chirurgico prescrivendo semplicemente i suoi medicamenti. Fu questo il successo che lo portò ad essere richiesto anche da Erasmo e a ottenere i vari incarichi a Basilea. Era chiaro il suo rifiuto verso l’uso di pillole o medicinali di ogni sorta come infusi, balsami o purganti.
Secondo questa singolarissima figura, nella natura ci sono delle forze guaritrici chiamate Archei o arcana: spiriti incorporei mossi dalla spagiria, termine con cui lui stesso indicò il nuovo indirizzo medico e terapeutico impresso all’alchimia. Secondo questa teoria, l’insorgere delle malattie è causato dall’azione di tali arcani in grado di alterare i tre principi organici della spagiria: Sale, Zolfo e Mercurio, sostanze spirituali non sottoponibili a un’analisi chimica completa, laddove il Sale è concepito come “Corpo”, il Mercurio come “Spirito” e lo Zolfo come “Anima”. In perfetta unità, non riconoscibili l’uno dall’altro, i tre principi costituiscono lo stato di salute; la malattia è invece dovuta alla separazione dei tre, ovvero allo squilibrio dei tre componimenti chimici. Ogni corpo, organico e inorganico, uomo compreso, è composto da questi tre elementi: se all’origine dell’universo sta la materia prima (composta da Zolfo, Sale e Mercurio) l’uomo ha la stessa struttura elementare della forza generatrice di tutte le creature. È per questo che, secondo il medico svizzero, «Gli elementi non sono malati, è il corpo a cadere malato. Così lo scorpione cura il suo scorpione; l’arsenico il suo arsenico; il mercurio il suo mercurio; il cuore il suo cuore», in breve: il simile cura il suo simile (teoria dei simili).
La figura e l’opera di Paracelso, come spiega Treccani, si collocano nell’ambito del naturalismo rinascimentale di orientamento platonico-magico: l’uomo che ha in sé stesso un firmamento in tutto simile a quello esterno, opera utilizzando le forze che sono a lui immanenti utilizzando così, secondo Paracelso, le tecniche proprie dell’azione magico-alchimistica. Paracelso insiste qui sulla forza magica e creatrice dell’immaginazione che può spiegare quei fenomeni per altri considerati come prodigi.
«La medicina di P. nasce da questi stessi principi: egli precisa che essa si fonda sulla filosofia, l’astronomia, l’alchimia e la virtù; cioè sulla generale conoscenza dei principi dell’universo (filosofia), sulla conoscenza dei rapporti e delle influenze degli astri sul mondo terrestre e sull’uomo (astronomia), sulla possibilità di operare sulla natura utilizzandone le forze e rispondenze ai fini della terapia medica (alchimia), sulla capacità e moralità del medico (virtù)»(Treccani).
È l’influsso astrale, secondo Paracelso, quello che collega il macrocosmo al microcosmo, quindi l’universo, il cosmo, all’uomo. A legarli sono dei nessi che il medico può svelare e conoscere attraverso la magia naturale per poi modificarli a scopi terapeutici. Se è nell’astrale che si originano tutte le malattie è nello stesso che si nasconde la cura. Paracelso arrivò addirittura a correlare ogni malattia a uno dei Pianeti del Sistema Solare. È forse questo suo osare che fecero di lui uno scienziato sempre criticato e ridicolizzato.
Infine, Paracelso opera anche nel campo dell’anatomia, della chirurgia e della farmacologia: in questi campi, ancora una volta, è evidente l’ostilità del medico svizzero nei confronti della scienza tradizionale, in particolare quella galenica e avicennista. Un suo noto gesto fu infatti, nel 1527, far bruciare dai suoi studenti dell’Università di Basilea i testi di Galeno e Avicenna.
Un genio, forse per alcuni un folle, per altri incompreso, di certo un innovatore che influenzò il campo medico germanico e che da grande visionario ebbe il coraggio di mettere in pratica le sue teorie rivoluzionarie e innovatrici osando audacemente sfidare le pratiche tradizionali.
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