Poesia metafisica inglese, le 5 più belle

Poesia metafisica inglese, le 5 più belle.

Nel panorama letterario inglese la poesia metafisica si sviluppa particolarmente nel XVII secolo. Il termine deriva dal greco e, in questo contesto, il prefisso “meta” assume il significato di “oltre”, ovvero oltre ciò che è terreno, e indica l’atteggiamento di suddetti autori nei confronti delle modalità di realizzazione delle poesie metafisiche: c’era la volontà di parlare di cose ultraterrene attraverso modalità che appartengono a questo mondo.

Interessante è notare che i poeti che presero parte al fenomeno della poesia metafisica inglese non erano assolutamente un gruppo organizzato, né pubblicarono un manifesto programmatico: furono il critico letterario, drammaturgo e scrittore John Dryden e poi Samuel Johnson ad attribuire una tale qualifica ad “una razza di scrittori che aggiogavano insieme, attraverso la violenza, le idee più diverse” ed effettivamente uno dei tratti salienti di tale poesia era l’utilizzo di similitudini che aspiravano a creare legami impensabili tra idee e cose apparentemente tra loro molto distanti.

La poesia metafisica inglese fu in gran parte di ispirazione religiosa e amorosa, incentrata sull’espressione di profondi sentimenti attraverso modalità concettose, ingegnose e, talvolta, non di immediata comprensione, il che non mancò di creare scalpore e certamente anche fascino nella società inglese del tempo.

Le figure centrali di tale tendenza espressiva furono specialmente John Donne, considerato l’iniziatore, Andrew Marvell, George Herbert, Richard Crashaw e Abraham Cowley, considerato l’ultimo dei poeti metafisici. Di seguito sono mostrate le 5 poesie più belle di questo genere così affascinante, la poesia metafisica inglese.

1. “The flea” (La pulce, pubblicata postuma nel 1633) – John Donne (1572-1631)

Donne in questa poesia utilizza una metafora arguta e concettosa, quella della pulce, per convincere la sua amata ad unirsi sessualmente a lui: la pulce avendo succhiato il sangue di entrambi ha già unito i loro corpi.

Mark but this flea, and mark in this,
How little that which thou deniest me is;
It sucked me first, and now sucks thee,
And in this flea our two bloods mingled be;
Thou know’st that this cannot be said
A sin, nor shame, nor loss of maidenhead,
Yet this enjoys before it woo,
And pampered swells with one blood made of two,
And this, alas, is more than we would do …

Osserva solamente questa pulce, e guarda
che cosa piccola è quella che mi neghi;
Prima, ha succhiato me, e adesso te:
In lei si è mescolato il nostro sangue;
Tu sai che questo non può essere chiamato,
un peccato, una vergogna, uno sverginamento;
Lei però ne trae piacere, ed ha fatto niente più
che nutrirsi di un sangue che era fatto di due,
E questo, ahimè! È più di quanto vorremmo fare…

2. ‘The Definition of Love’ (La definizione dell’amore, postuma 1681) – Andrew Marvell (1621-1678)

In questa poesia Marvell descrive il suo amore, generato dalla disperazione 

My love is of a birth as rare
As ’tis for object strange and high;
It was begotten by Despair
Upon Impossibility.
Magnanimous Despair alone
Could show me so divine a thing
Where feeble Hope could ne’er have flown,
But vainly flapp’d its tinsel wing …

Il mio amore è per nascita raro
come nobile e strano il suo oggetto:
fu la Disperazione a generarlo
unita all’Impossibile.

Solo Disperazione, generosa,
poteva concedermi così divina cosa
dove la flebile Speranza non poteva
volare invano sbattendo ali finte.

3. ‘To His Coy Mistress’ (Alla sua amante ritrosa, postuma 1681) – Andrew Marvell 

Quest’altra poesia è indirizzata da Marvell alla ritrosia della sua amata: è una poesia colma di riferimenti alla limitatezza del tempo terrestre, infatti, il poeta ricorda alla sua signora che il tempo sulla terra non è infinto e dunque la sua ritrosia non è cosa buona dal momento che una vita passata a rifiutare le sue avances genererà in entrambi soltanto rimpianto per le cose non fatte.

Had we but world enough, and time,
This coyness, lady, were no crime.
We would sit down, and think which way
To walk, and pass our long love’s day.
Thou by the Indian Ganges’ side
Shouldst rubies find; I by the tide
Of Humber would complain. I would
Love you ten years before the flood …

Avessimo abbastanza Mondo e Tempo,
non sarebbe un delitto, Signora, la vostra ritrosia.[…]
Penseremmo seduti a quale strada prendere,
a come trascorrere il nostro lungo giorno d’Amore.
Voi sulla riva del Gange trovereste rubini: io presso
l’onda del fiume Humber mi lamenterei.
Vi amerei fino a dieci anni prima del diluvio…

4. “But men loved darkness rather than light” (Ma gli uomini amavano l’oscurità piuttosto che la luce) – Richard Crashaw

The world’s light shines, shine as it will,
The world will love its darkness still.
I doubt though when the world’s in hell,
It will not love its darkness half so well.

La luce del mondo risplende, risplende come vuole,
Il mondo amerà ancora la sua oscurità.
Dubito però che quando il mondo è all’inferno,
Non amerà la sua oscurità così bene.

5.” Life” (Vita, postuma)- George Herbert (1593-1633)

I made a posy, while the day ran by:
“Here will I smell my remnant out, and tie
My life within this band.”
But Time did beckon to the flowers, and they
By noon most cunningly did steal away,
And withered in my hand.

My hand was next to them, and then my heart;
I took, without more thinking, in good part
Time’s gentle admonition;
Who did so sweetly death’s sad taste convey,
Making my mind to smell my fatal day,
Yet, sug’ring the suspicion.

Farewell dear flowers, sweetly your time ye spent,
Fit, while ye lived, for smell or ornament,
And after death for cures.
I follow straight without complaints or grief,
Since, if my scent be good, I care not if
It be as short as yours.

Il giorno corre, raccolgo fiori:
“Annuso il resto di me, lego
la mia vita a questo mazzo.
Anche il Tempo accarezza i fiori:
a mezzogiorno, scaltri, fuggono
appassiti nella mia mano.
La mano tra i fiori e il cuore;
preferisco non pensare al generoso
allarme del Tempo;
con amore insinua il triste sapore della morte:
simula l’odore dell’ultimo giorno
sa insaporire i sospetti.

Addio adorati fiori, vissuti nella dolcezza
ornamento perfetto, profumo
smaliziato della morte.
Disprezzo chi si lamenta: se il mio profumo
sarà tanto intenso, poco importa se
è destinato a durare poco, come il vostro”.

crediti immagine: Pixabay

 

 

A proposito di Christian Izzo

Studente di lingue e letterature, amante della letteratura e dell'arte in ogni sua forma.

Vedi tutti gli articoli di Christian Izzo

Commenta