Il populismo è un approccio politico che contrappone il “popolo”, inteso come entità unitaria e virtuosa, a un'”élite” descritta come corrotta o distante. L’allarme populismo suona forte nel dibattito attuale, spesso utilizzato come etichetta per delegittimare avversari o, al contrario, rivendicato con orgoglio per sottolineare la vicinanza ai cittadini. Che sia usato come offesa o come medaglia al valore, c’è bisogno di chiarezza su un concetto che domina le prime pagine. Se la famiglia degli –ismo genera spesso diffidenza, è necessario comprendere dove finisce il significato tecnico e dove inizia l’abuso retorico.
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Definizione: cosa si intende per populismo
Il termine deriva dalla parola latina populus e indica una visione che divide la società in due campi avversi. Questa distinzione netta è la base di ogni movimento populista: da una parte il “cittadino comune”, depositario di valori positivi, dall’altra le istituzioni, i media e i poteri forti, visti come ostacoli al benessere collettivo. I leader che adottano questo stile affermano di essere gli unici interpreti autentici della volontà popolare, scavalcando i corpi intermedi come i partiti tradizionali o i sindacati. Una caratteristica centrale è la semplificazione della realtà: le questioni complesse vengono ridotte a slogan immediati, facilitando una polarizzazione emotiva che alimenta il sospetto verso l’autorità costituita.
Di seguito una sintesi delle differenze chiave tra concetti spesso confusi nel dibattito pubblico:
| Concetto politico | Caratteristica distintiva |
|---|---|
| Populismo | Ideologia che contrappone il popolo virtuoso alle élite corrotte. |
| Demagogia | Strategia retorica che lusinga le masse con promesse irrealizzabili per ottenere consenso. |
| Sovranismo | Dottrina che rivendica il primato della sovranità nazionale rispetto alle organizzazioni sovranazionali. |
| Paternalismo | Atteggiamento politico che limita la libertà per il presunto bene dei cittadini, senza consultarli. |
Spesso i populisti ricorrono a narrazioni basate sulla paura per consolidare il consenso. Questo meccanismo, noto come “politica del risentimento”, può indirizzarsi contro gruppi specifici come immigrati o minoranze, ritratti come minacce all’identità nazionale o alla sicurezza economica. Tale retorica serve a rafforzare il legame tra il leader e la sua base elettorale, creando un senso di assedio che giustifica misure eccezionali o toni aggressivi.
Il populismo tra passato, presente e futuro
Le origini storiche del termine sono nobili e legate all’emancipazione sociale. In Russia, nella seconda metà dell’Ottocento, si parlava di Narodničestvo per indicare un movimento politico-culturale che mirava a migliorare le condizioni dei contadini e degli ex servi della gleba, classi dimenticate dallo Stato zarista. Quasi contemporaneamente, negli Stati Uniti del 1891, nasceva il People’s Party (Partito del Popolo), fondato sul malcontento di operai e agricoltori contro lo strapotere delle banche e delle compagnie ferroviarie. In questa fase storica, essere populista significava lottare contro le disuguaglianze strutturali a favore dei ceti meno abbienti.
Nel Novecento il concetto si è evoluto, trovando in America Latina una delle sue massime espressioni. In Argentina, la presidenza di Juan Domingo Perón ha dato vita al giustizialismo, un movimento che sintetizzava ideali socialisti e nazionalistici. I sostenitori di Perón venivano chiamati “descamisados” (scamiciati), simbolo dell’appartenenza allo strato popolare della società. Gli storici, tuttavia, hanno notato analogie con il corporativismo: nel peronismo, come in altri populismi sudamericani, il popolo diventa un tutt’uno organico, senza zone grigie o intermediari, guidato da un leader carismatico che incarna la nazione stessa.
La declinazione culturale e letteraria in Italia
In Italia il termine ha assunto anche una connotazione letteraria specifica. Durante il secondo dopoguerra si è parlato di letteratura populista in riferimento ad autori che raccontavano la verità nelle inquietudini del quotidiano. Scrittori come Elio Vittorini e Pier Paolo Pasolini hanno dato voce a chi viveva del proprio lavoro manuale, combattendo contro il degrado delle periferie. In questo contesto, populista era chi si faceva portavoce degli ultimi, senza necessariamente manipolarne il consenso a fini elettorali, ma piuttosto per denunciarne le condizioni di vita reali.
Populista: quale retta unisce politica e masse?
Oggi l’accezione prevalente del termine è virata verso il negativo a causa del fenomeno dell’overpromising. La scienza politica definisce populista colui che fa leva sull’emotività, dicendo agli elettori esattamente ciò che vogliono sentirsi dire, indipendentemente dalla fattibilità delle proposte. Programmi elettorali colmi di garanzie irrealizzabili e l’individuazione di capri espiatori diventano strumenti per ottenere un consenso rapido. La promessa di cambiamento, anche se materialmente insostenibile, viene recepita da un’opinione pubblica delusa come un faro di speranza contro lo status quo.
La distinzione tra un leader popolare e uno populista risiede nella responsabilità delle proposte. Mentre il politico popolare cerca il consenso attraverso il dialogo e soluzioni concrete, il populista tende a delegittimare chiunque la pensi diversamente, etichettando le critiche come attacchi al popolo stesso. Secondo l’Enciclopedia Treccani, questa dinamica può erodere le basi della democrazia liberale, poiché riduce il pluralismo e trasforma il confronto politico in uno scontro tra “bene assoluto” e “male assoluto”.
L’informazione e la cultura come difesa
Ogni proposta politica merita di essere ascoltata, ma impone di essere analizzata con rigoroso spirito critico. Non esiste una regola universale che attesti che il populista sia necessariamente un ciarlatano; tuttavia, l’antidoto contro le promesse irrealizzabili resta l’informazione verificata. La conoscenza è lo strumento primario per non diventare burattini della propaganda e per distinguere tra un progetto politico solido e una mera speculazione emotiva. Chi possiede un patrimonio culturale ha la facoltà di esercitare una vera libertà di scelta, valutando i fatti oltre gli slogan.
La democrazia richiede una cittadinanza attiva e preparata. Come affermò Piero Calamandrei, padre costituente e giurista, parlando del futuro delle istituzioni repubblicane: “Se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte costituzionale.” Un popolo informato è l’unico vero argine contro le derive demagogiche e la manipolazione del consenso.
Articolo aggiornato il: 19/11/2025

