Le selkie fanno parte di racconti e miti che si tramandano a voce nelle isole Orcadi e Shetland, due arcipelaghi a nord della Scozia. Questi luoghi, isolati e colpiti da tempeste, sono da sempre molto legati al mare che rappresenta fonte di cibo, un modo per viaggiare, ma anche una potenza imprevedibile che può essere anche mortale. Secondo le leggende, le selkie trascorrono gran parte del loro tempo come delle normali foche, ma nelle occasioni speciali si liberano della loro pelle e diventano degli esseri umani. La loro vita è collegata a periodi specifici dell’anno o a notti suggestive, come quelle di luna piena o i giorni di cambio stagione. Le selkie si inseriscono perfettamente in un’antica tradizione celtica e nordica di essere metamorfici – figure che sanno cambiare aspetto e passare da un regno all’altro.
La doppia vita delle selkie
Come già anticipato, le selkie nella loro forma naturale sono delle foche nuotando nelle acque fredde e predando pesci ma la loro caratteristica consiste nel fatto che possono decidere di togliersi la loro pelle di foca: questo accade, in dei luoghi isolati, in modo tale che non possono essere viste, e quando la luna illumina la riva o il mare è particolarmente calmo. Una volta che si sono liberate della pelle diventano degli umani, sia donne che uomini, di una bellezza disarmante, dalla pelle chiara, dai lineamenti delicati e da occhi profondi. A causa del richiamo del mare, però, le selkie non possono rimanere sulla terra per un tempo prolungato perché è come se la lontananza dall’acqua prosciugasse la loro anima. Quindi, sono creature costrette a vivere in bilico tra il desiderio di esplorare il mondo al di fuori del mare e il bisogno di ritornare nel loro habitat.
Amori rubati e pelli nascoste
La storia narra che un pescatore o un abitante della costa vide una selkie mentre si liberava della sua pelle di foca per danzare o semplicemente per riposare, lui attratto dalla sua bellezza decise di nascondere la pelle, in mondo tale che la selkie non potesse più tornare in mare, costringendola a restare con lui. Ed è così che iniziarono a nascere i matrimoni forzati. La selkie, costretta, diventa moglie e madre ma, non si arrende e continua a cercare la pelle rubata fino a quando non la trova nascosta in un baule, sotto assi di legno o in angoli della casa. Quando la ritrova non esita un secondo, la indossa e si tuffa nel mare, lasciando la terraferma e anche i propri figli. Le leggende dicono che i figli nati tra umani e selkie abbiano dei segni particolari come ad esempio: dita un po’ palmati o la passione irresistibile per il nuoto.
Significato simbolico
La leggenda delle selkie ha avuto molte interpretazioni, da una parte il gesto di disfarsi e poi riprendersi la propria pelle può rappresentare il desiderio di libertà e la nostalgia di casa; invece l’atto di rubare la pelle è letto come possesso e controllo in una relazione, in particolare nelle società patriarcali dove il matrimonio veniva imposto e non c’era libertà di scelta. Le selkie che scappano non appena ritrovano la propria pelle diventano un simbolo di emancipazione.
Selkie nella cultura contemporanea
Nonostante le origini e antiche, le selkie sono state protagoniste nella letteratura, nel cinema, nella musica e anche nelle arti visive. In alcune interpretazioni sono protagoniste di storie d’amore, in altre invece rappresentano la malinconia e l’inevitabilità della separazione tra i due mondi. Tra i film più celebri spicca il film irlandese “Song of the Sea” di Tomm Moore (2014); tra i romanzi si distinguono The Selkie Girl o The Brides of Rollrock Island.
Fonte immagine: Wikimedia Commons (Fotografo: Edward Fuglø, Postverk Føroya)