Sergio Bruni, spesso definito “La Voce di Napoli”, è una figura fondamentale della musica napoletana, particolarmente noto per i suoi contributi al genere neomelodico. La carriera musicale di Bruni iniziò nel secondo dopoguerra. La sua profonda carica emotiva e il suo stile vocale unico dava vita alle tradizionali canzoni della sua terra. Uno dei suoi pezzi più famosi, “Carmela”, esemplifica la sua capacità di intrecciare narrazioni personali e culturali e questa intersezione dell’esperienza individuale con temi culturali più ampi è un segno distintivo proprio della musica neomelodica, che funge da espressione culturale significativa all’interno delle comunità emarginate di Napoli. Il lavoro di Bruni quindi può essere visto non solo come intrattenimento ma anche come riflesso di questioni sociali più profonde. In conclusione, l’eredità di Sergio Bruni trascende la mera realizzazione musicale e incarna la complessità del tessuto sociale partenopeo attraverso le sue espressioni artistiche. Collegando storie personali con esperienze collettive, ha consolidato il suo status sia di artista che di icona culturale.
Io e la giornalista Giuliana Gargiulo quel giorno ci recammo all’Hotel Vesuvio in via Partenope a Napoli, dove puntualmente ogni mattina Sergio Bruni incontrava giornalisti e gestiva il suo lavoro tra un caffè e una sigaretta. Ci stava aspettando, era vestito di nero ed era molto serio in viso. Di tanto in tanto, guardava fuori al finestrone, dove c’erano una splendida veduta di Castel dell’Ovo e del Vesuvio. Ogni volta che alzava lo sguardo e contemplava il panorama, si capiva che amava la sua città. Disse che guardare il Golfo nutre i napoletani e li rende felici. Poi ci parlò dell’inizio della sua carriera, della frequentazione nella Galleria Umberto I e di tutti i suoi successi, ma si infervorò particolarmente descrivendo la sua stretta amicizia con Eduardo. Raccontò che un giorno il grande drammaturgo gli telefonò e gli disse:
“Sergitié, ‘a gente ‘o ssaje che dice?
Ca tu si ‘a voce e Napule e che Napule song’io.
Cheste che vene ‘a dicere?
Ca tu sì a voce mia”.
Io, pur emozionandomi molto mentre Bruni narrava la sua vita, continuavo a scattare con la mia fotocamera. Feci molte foto; erano immagini che lo riprendevano mentre gesticolava parlando, io, invece, volevo fargli un ritratto ed avevo già in mente come realizzarlo: desideravo fotografarlo mentre cantava. Gli chiesi di alzarsi e di attaccare con un suo brano, guardando fisso nell’obiettivo della mia Hasselblad. Non si fece pregare, mi accontentò subito e, come se stesse sul palcoscenico di un teatro, con estrema disinvoltura, cominciò ad intonare quello che era stato da sempre il suo cavallo di battaglia, ‘Carmela’, interpretandolo con grande maestria. Sergio Bruni cantava per me, chi l’avrebbe mai detto! Scattai per tutta la durata della canzone che il talentuoso Artista eseguì a cappella per intero. Poi, sempre molto serio in volto, ci salutò e si mise a sedere al suo solito posto. Dopo aver acceso l’ennesima sigaretta, cominciò ad ammirare nuovamente, con occhi sognanti, quella straordinaria veduta di Napoli che aveva di fronte. Di quell’incontro mi rimane soprattutto il ricordo di un uomo che amava follemente la sua città.
Augusto De Luca