Considerazioni sulla visione teocosmogonica nell’antica Grecia

Considerazioni sulla visione teocosmogonica nell’antica Grecia

In questo articolo prenderemo in considerazione la visione teocosmogonica nell’antica Grecia.

In un passo delle sue “Lezioni sulla Storia della Filosofia”, Hegel afferma che l’arte, considerata come uno dei tre momenti insieme alla religione e alla filosofia in cui si manifesta lo Spirito Assoluto, divenne “maestra dei popoli”, ricordando a titolo di esempio Omero ed Esiodo.

Secondo Erodoto, furono proprio Omero ed Esiodo a dare ai greci la loro teogonia, trasformando, elevando e consolidando in figure e rappresentazioni determinate le confuse tradizioni e concezioni di vario tipo che allora esistevano nel mondo greco.

Nella visione di entrambi i poeti, la creazione degli dei (teogonia) viene fatta risalire ad un momento successivo alla formazione dell’universo (cosmogonia). Tale dato di fatto rispecchia la tendenza dei greci a divinizzare gli elementi naturali.

La visione teocosmogonica in Omero

Già tutto il mondo olimpico si ritrova nei poemi omerici (sec. IX-VIII a.C.), risultato di un lungo processo di sistemazione ed elaborazione attorno a un nucleo fondamentale di materiali la cui origine va individuata nella Jonia. Infatti, proprio nella Jonia gli Achei si erano insediati fuggendo dall’invasione dorica.

Se esaminiamo nella loro peculiarità gli dei in Omero, dobbiamo dire che essi si caratterizzano per alcune peculiarità. Tali caratteristiche degli dei omerici sono l’antropomorfizzazione, per l’universalità che cancella ogni fisionomia locale e tribale, e per l’immortalità ottenuta per mezzo dell’assunzione di ambrosia.

Si parla di antropomorfizzazione delle divinità olimpiche perché esse presentano le migliori qualità e i peggiori vizi degli esseri umani; pertanto, accade spesso che essi scendono a un livello comportamentale spregevole e indegno, cosicché ricorrono, come gli esseri umani, ad astuzie, inganni, spergiuri, tradimenti e stravizi. Basti pensare, a titolo di esempio, al comportamento degli dei durante la guerra di Troia.

Inoltre, bisogna mettere in evidenza che nei miti teocosmogonici già presenti nella poesia omerica si mira a designare un’organica costruzione razionale riguardante l’origine del mondo. Tale origine dell’universo viene intesa come il momento culminante di un processo che vede l’imporsi di un modello ordinato sull’originario “baratro abissale del Caos”.

Dobbiamo anche dire che la poesia omerica costituisce la base della più suggestiva produzione mitologica mai creata dal genere umano. Nel mito, in genere, vi è presente un valore didascalico che assume una funzione di verità, anche se questa non viene formulata in modo diretto. Pertanto, la verità formulata nel mito richiede un lavoro di esegesi allegorica, certamente non sempre facile e semplice da costruire.

Se i greci non videro nel mondo mitico un qualcosa da relegare nelle tenebre della invero somiglianza e dell’assurdità, fu perché scoprirono sotto il velo del mito un significato profondo. Tale significato profondo rimandava quella stessa verità che nel “logos” viene espressa in modo diretto. Nella trasposizione del lessico della cosmologia, della morale e della fisica, i greci coglievano una luce rivelatrice circa la propria origine e il senso stesso della loro esistenza nel mondo.

Era proprio tale consapevolezza a conferire al mito lo status di patrimonio fondativo della cultura greca. Il mito, nel mondo greco, aveva una funzione insostituibile non solo relativamente alla vita religiosa, ma anche per quel che riguarda le altre manifestazioni della vita sociale e spirituale del mondo dell’antica Grecia.

Quindi, in Omero, racconto mitico e intento didascalico trovano un punto di unione. Anche in Esiodo, racconto mitico ed intento didascalico trovano un punto di unione, soprattutto nel racconto cosmogonico della Teogonia (sec. VIII a.C.).

La Teogonia di Esiodo e il suo valore profetico

Dobbiamo mettere in evidenza che Esiodo è il primo dei rapsodi che si serve della scrittura per fissare i contenuti innovatori della sua opera. Proprio perché Esiodo mise per iscritto la propria opera, lasciò una traccia indelebile nella storia del genere umano.

Operando in un’epoca di transizione tra l’epica orale degli aedi improvvisatori e quella dei rapsodi, Esiodo è stato oggetto di un enorme interesse sia presso gli storici del pensiero che presso i mitologi. Frankel lo considera il primo pensatore della Grecia, proprio per la sua visione ordinata dell’universo.

Walcott, a sua volta, inquadra l’opera di Esiodo nell’alveo di una tradizione mitica complessa, nella quale è possibile riscontrare forti influenze orientali. Walcott afferma altresì che la stretta correlazione tra assetto genealogico e mito della successione degli dei, vero asse portante di tutta la teogonia di Esiodo, sia riferibile a un modulo già largamente diffuso presso altre civiltà, specie dell’oriente antico. Secondo tale modulo, ogni re del mondo divino è destinato un giorno ad essere spodestato dal minore dei suoi figli.

Così, nella Teogonia esiodea, Urano viene sconfitto da Crono. Quest’ultimo, sostenuto dai Titani, viene sconfitto dopo una dura lotta da Zeus. Ma ecco che con Zeus tale processo si arresta definitivamente. Infatti, una volta diventato signore degli dei, Zeus sposa Metis, ma avendo l’oracolo predetto che da quel matrimonio sarebbe nato un figlio che sarebbe diventato signore del cielo, Zeus non esita a divorare la sposa. Comportandosi in tal modo, Zeus può instaurare un assetto definitivo, non più precario come nelle precedenti situazioni.

Holscher ha compiuto un interessante studio nel quale ha messo in evidenza le concordanze esistenti tra la teogonia di Esiodo e la teogonia fenicia elaborata da Filone. Holscher fa riferimento all’opera “Storia fenicia” scritta dal dotto Filone, nato a Biblo e morto a Roma, dove si era recato come ambasciatore delle città fenice all’epoca dell’imperatore Adriano. Per Holscher, la teologia di Filone si colloca nel mezzo tra la versione di Esiodo e quella Ittita.

A sua volta, Vernant sottolinea il carattere di “creazione nuova” della Teogonia di Esiodo. Esiodo afferma di essere ispirato dalle Muse, cosicché afferma di voler raccontare la verità, diversamente dagli altri autori, i cui racconti, per Esiodo, non sono che finzioni, menzogne destinate a lusingare la vanità del nobile pubblico per il quale sono state composte.

Questa orgogliosa coscienza di apportare con l’inaugurazione di una nuova specie di poesia una parola di verità, adempiendo a una funzione profetica, è una delle caratteristiche più importanti del pensiero e della poetica di Esiodo. Inoltre, Esiodo ritiene di essere un mediatore tra gli dei e gli uomini, fatto che conferisce all’opera di Esiodo il valore di un autentico insegnamento teologico.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che Esiodo è pienamente cosciente di adempiere a una funzione profetica, proprio perché vuole raccontare nella sua teogonia solamente la verità, celebrando ciò che è stato, ciò che è, e ciò che sempre sarà.

Prof. Giovanni Pellegrino

Fonte immagine per l’articolo sulla teocosmogonica: Pixabay

 

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