The Rumble in The Jungle: Ali vs Foreman

The Rumble in The Jungle: Ali vs Foreman

Nel corso dell’evento di boxe tra Muhammad Ali e George Foreman del 30 Ottobre 1974, denominato “The Rumble in The Jungle”, vi è un momento poco prima dell’inizio in cui ogni tipo di “trash talk” tra i due pugili, astio o fatica fisica e mentale per mesi di allenamenti proibitivi che hanno preceduto la performance si azzera, lasciando spazio all’elaborazione di ciò che accadrà a breve e svuotando la mente sia degli atleti che di chi sta per assistere a un match epocale: Foreman fa stretching al suo angolo per trovare la concentrazione, Ali invece si affida alla preghiera rivolgendo i palmi delle mani al cielo, tutti gli spettatori sono con il fiato sospeso e attendono che una pagina di storia sportiva venga scritta davanti ai loro occhi.

Quegli attimi fugaci, quella quiete prima della tempesta, sono ciò che rende magico il concetto di sport e lo spirito di competizione: due atleti che, nonostante gli screzi e l’agonismo, condividono un momento di sacra attesa; due facce della stessa medaglia. Ma la storia di questo match parte da molto prima di questi istanti e si sviluppa seguendo un percorso netto, come se ogni cosa capitata nei mesi che antecedettero The Rumble in The Jungle dovesse proprio andare in quel modo, al fine di creare un qualcosa di unico e irripetibile.

Antefatti

1967: a causa del suo rifiuto categorico di prendere parte alla guerra in Vietnam, criticandone aspramente la dubbia etica e morale, Muhammad Ali riceve una squalifica di tre anni e mezzo dalla federazione statunitense di pugilato e il conseguente ritiro d’ufficio della cintura dei pesi massimi per renitenza alla leva.

Di ritorno dal periodo di inattività, nel 1971 Ali affronta Joe Frazier in quello che viene definito “L’incontro del secolo”, perdendo ai punti per decisione unanime il primo incontro della sua carriera. Nel 1973 invece, in Giamaica, Foreman strappa il titolo di campione dei pesi massimi proprio al già citato Joe Frazier con una semplicità disarmante: nella prima ripresa, infatti, il campione in carica viene mandato al tappeto tre volte, con l’arbitro che decide successivamente di sospendere l’incontro.

In questo contesto si sviluppa The Rumble in The Jungle: Foreman difende il titolo due volte tra il 1973 e il 1974, sbarazzandosi agevolmente di José Roman e Ken Norton e mostrando al mondo intero la sua potenza inaudita e l’inesorabile destino che attende chiunque osi sfidare questo atleta, o quasi.

Ali Bomaye!

Se è dunque vero che George Foreman è il prototipo di pugile perfetto, Ali rappresenta una variabile impazzita nel percorso di imbattibilità che apparirebbe già delineato per il primo: la sua costanza negli allenamenti, unita alla fame di riscatto dopo la squalifica e la successiva sconfitta contro Frazier, generano in Ali un mindset caratteristico solo dei più grandi vincenti della storia, che lo porta a sacrificare ogni muscolo del suo corpo e ogni istante del suo tempo per tornare a essere il campione dei pesi massimi.

The Rumble in The Jungle ha ufficialmente inizio come evento quando Don King, dirigente sportivo emergente che dopo questo evento diverrà il più grande organizzatore di incontri di boxe, fa firmare dei contratti ufficiali ai due pugili mettendo in palio 5 milioni di dollari: i soldi però non ci sono ancora, e occorre dunque uno sponsor importante per promuovere l’evento. L’occasione si presenta quando il presidente dello Zaire (ad oggi Repubblica Democratica del Congo) Mobutu Sese Seko decide di ospitare l’incontro nel suo paese, sicuro del fatto che un evento di tale portata avrebbe dato enorme notorietà alla sua nazione.

Foreman e Ali trascorrono tutti i mesi estivi del ‘74 in Zaire per abituarsi al meglio al clima torrido africano che li accompagnerà sul ring. Il 30 ottobre 1974 si giunge finalmente alla resa dei conti: una folla impazzita accoglie i due sfidanti allo Stade Tata Raphael, schierandosi però unanimemente con Muhammad Ali.

Nei mesi precedenti, infatti, Foreman aveva sempre mostrato il suo carattere schivo e rude nei confronti dei giornalisti, inimicandosi dunque i mass media, con questi ultimi che non si fecero troppi problemi a fornire al pubblico un’immagine distorta e strumentalizzata negativamente: George era diventato il cattivo da sconfiggere. Pochi minuti prima dell’incontro il popolo palesa il suo schieramento urlando a squarciagola “Ali Bomaye!”, che tradotto vuol dire “Ali uccidilo!”. Per rendere avvincente ed eroico un racconto c’è sempre bisogno di avere un buono e un cattivo: ora la leggenda può aver inizio.

Rope-a-dope

 The Rumble in The Jungle inizia alle ore 04:00 del mattino per poter andare in onda in prima serata negli Stati Uniti, con il primo round che vede Muhammad Ali partire all’attacco, utilizzando una sequenza di diretti molto rapidi portati senza proteggersi, ma la potenza nei colpi di risposta da parte di Foreman è superiore e ciò è palese anche per Ali stesso: dall’inizio del secondo round quest’ultimo decide dunque di attuare una tattica che venne in seguito definita “rope-a-dope”, attendendo Foreman alle corde e permettendogli di sferrare colpi a ripetizione, concentrandosi unicamente sulla difesa.

Foreman, ingolosito dall’occasione, comincia a colpire utilizzando sempre più forza ed energia nel corso del round, avvolto dall’estremo calore e dal clima torrido: Ali si limita a difendersi e a incassare con strategia i colpi del suo avversario, colpendolo di rado ma con colpi precisi e ben assestati al volto e provocando verbalmente Foreman, il quale aumenta progressivamente l’intensità proprio a causa del nervosismo causato dalle parole del suo opponente.

Ormai vittima della stanchezza, Foreman cala progressivamente e lascia spazio a un Ali molto più riposato, capace di sfiancare l’avversario con la sua passività nel corso di tutto il match: arrivati all’ottavo round, Ali colpisce Foreman con una combinazione di gancio sinistro e diretto che manda KO l’avversario. Se è vero che l’esperienza favorì Ali nell’attuare una strategia geniale, è comunque importante sottolineare che nessuno a parte lui sarebbe stato capace di incassare tutti i colpi di Foreman senza vacillare in alcun modo, segno di una resistenza incredibile e di una mentalità unica nell’affrontare un momento di difficoltà. Muhammad Ali ritorna a essere il campione dei pesi massimi; la storia è stata riscritta.

Rispetto tra campioni

The Rumble in The Jungle segnò inesorabilmente le sorti e la percezione mondiale della boxe, creando un clamore e una rilevanza mediatica fino ad allora mai riscontrati nella cultura pop per un evento di lotta. Nonostante i numerosi battibecchi prima, durante e anche dopo il match, nel corso degli anni successivi George Foreman riuscì ad ammettere la superiorità di Ali “almeno per quell’incontro”, evidenziando un profondo rispetto tra i due nonostante l’accesa rivalità.

Durante la consegna del premio Oscar del 1996 per il documentario When We Were Kings, che racconta proprio la storia dell’incontro in Zaire, un Muhammad Ali cinquantaquattreenne sale con estrema difficoltà sul palco a causa del morbo di Parkinson, ed è proprio George Foreman a sostenerlo e ad aiutarlo a camminare, a testimonianza dell’incredibile affetto venutosi a creare tra i due pugili: due uomini che hanno saputo rispettare le loro storie, proprio come accadde in quei momenti di silenzio e riflessione nei rispettivi angoli poco prima dell’incontro, a pochi istanti dalla gloria eterna.

Fonte dell’immagine in evidenza: Wikipedia Commons.

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