Uno, nessuno e centomila: individuo e società secondo Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila: individuo e società secondo Luigi Pirandello

Uno, nessuno e centomila, pubblicato nel 1926 dall’editore Bemporad, rappresenta il culmine della riflessione di Luigi Pirandello. Questa analisi approfondisce la trama e il significato di un’opera che l’autore stesso definì il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita”. Addentrandosi nelle sue pagine, si percepisce l’amarezza e la disillusione che pervadono la visione del mondo pirandelliana. Per comprendere a fondo il significato dell’opera, è utile partire dalla concezione dell’umorismo dell’autore. Per Pirandello, l’umorismo scaturisce dal “sentimento del contrario”: una sorta di pietà verso chi compie azioni considerate folli, perché si comprende che dietro tali gesti si cela un dramma interiore. Sotto il velo della normalità si nasconde un’umanità tormentata, incapace di adeguarsi alle convenzioni sociali o di indossare le maschere imposte.

Il significato del titolo: Uno, Nessuno e Centomila

Il protagonista, partendo dalle sue considerazioni, giunge alla conclusione che ogni individuo è contemporaneamente “uno”, “nessuno” e “centomila”. Questa frammentazione dell’identità è una conseguenza diretta delle relazioni sociali. Ogni persona con cui entriamo in contatto si crea una propria immagine di noi. L’identità individuale diventa così un concetto sfuggente, una realtà soggettiva che si dissolve nel momento in cui si cerca di afferrarla.

Termine Significato nel romanzo
Uno L’immagine che l’individuo ha di sé stesso, la propria autopercezione.
Centomila Le molteplici immagini che gli altri hanno di noi, una per ogni persona che incontriamo.
Nessuno La vera essenza dell’individuo, inconoscibile agli altri e a sé stesso, che si rivela quando si rifiutano tutte le maschere.

Il protagonista: la crisi di Vitangelo Moscarda

Il protagonista del romanzo, Vitangelo Moscarda, è un uomo la cui vita viene sconvolta da un’osservazione della moglie Dida. Ella gli fa notare che il suo naso pende leggermente verso destra, un dettaglio che lui non aveva mai notato. Questa rivelazione innesca in Vitangelo una profonda crisi esistenziale, portandolo a riflettere sulla discrepanza tra l’immagine che ha di sé e quella che gli altri percepiscono. Si rende conto che ciascuno, inclusi gli amici Quantorzo e Firbo o la conoscente Anna Rosa, costruisce una propria immagine di lui. È l’inizio di un’ossessiva ricerca d’identità che lo condurrà alla follia.

La trappola della società e il concetto di maschera

Pirandello sviluppa il concetto di “trappola” sociale. La realtà è vista come una prigione dominata dalla “statica società borghese”, che impone agli individui di conformarsi a un modello. Chi non si adegua, chi cerca di ribellarsi, viene considerato pazzo, un emarginato. Colui che prende coscienza di questa condizione diventa un “forestiere della vita”, un individuo che ha compreso il meccanismo del “gioco delle parti e delle maschere“. Egli analizza l’esistenza secondo la “filosofia del lontano”, osservando la realtà con distacco per cogliere la frammentazione dell’io.

Il ruolo dello specchio e il flusso della vita

Lo specchio assume una funzione di primo piano in Uno, nessuno e centomila, come in altre opere di Pirandello. Diventa il simbolo della scissione tra l'”uno” e i “centomila”, il luogo dove l’individuo si confronta con la propria immagine. Il romanzo si configura come una metafora del divenire, del perpetuo movimento che caratterizza l’uomo. La vita, per Pirandello, è un flusso continuo, un’energia che l’uomo cerca di imprigionare in forme statiche indossando “maschere”, sia volontariamente sia per imposizione. Così facendo, però, l’individuo reprime la propria libertà. Indossare maschere, concetto espresso anche ne Il fu Mattia Pascal, è ciò che facciamo tutti i giorni secondo l’autore.

La follia come unica via di fuga

Allontanarsi dalla società per lo scrittore vuol dire allontanarsi da se stesso: da questa contraddizione nasce l’impossibilità di abbandonare le maschere. L’unica via di fuga da questa incomunicabilità e solitudine esistenziale sembra essere la rinuncia a qualsiasi forma di identità. È l’utopia dell’autarkeia, l’ideale del filosofo che trova in sé la propria completezza. Nella quotidianità questo si può raggiungere con un distacco tra ciò che l’individuo vuole e ciò che la società pensa. L’uomo compie un ribaltamento che porta il “pazzo” a divenire l’unico saggio, mentre la “saggia società” diventa, a sua volta, l’unica veramente “pazza”. La maschera, quindi, finisce per essere una trappola da cui è impossibile fuggire, rendendo impossibile conoscersi per ciò che si è veramente.

Fonte immagine: Wikipedia</p

Articolo aggiornato il: 28/08/2024

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A proposito di Roberta Attanasio

Redattrice. Docente di Lettere e Latino. Educatrice professionale socio-pedagogica. Scrittrice. Giornalista pubblicista. Contatti: [email protected] [email protected]

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