Maschere tradizionali a Napoli, oltre Pulcinella c’è di più
La maschera. Un volto che si sovrappone ad un altro volto. Un accessorio che ricopre interamente il viso o parte di esso e che ne altera l’aspetto per renderlo irriconoscibile, per camuffarlo e generare un cambio di identità. Un po’ come avveniva durante le Dionisiache greche o i Saturnali latini, quando, in un mondo completamente alla rovescia, gli schiavi si trasformavano temporaneamente in uomini liberi, imitandone i comportamenti e le vesti. Anche a Carnevale tutto sembra concesso ed è per tale motivo che questa ricorrenza coinvolge e appassiona da sempre sia gli adulti che i bambini. Ancora oggi, mascherarsi e realizzare il travestimento più originale e fantasioso sono i requisiti di base per festeggiare il Carnevale e la possibilità, anche solo per un giorno, di uscire dalla normalità e di far finta di essere ciò che si vuole rappresenta l’elemento di maggiore fascino di questa festività. La nostra Napoli per la sua storia culturale, per la sua straordinaria creatività e la vivacità dei suoi costumi sembra naturalmente predisposta verso questa festa tinta di colori sgargianti e contraddistinta da un forte senso del divertimento e del grottesco. Il Carnevale è infatti particolarmente sentito dai napoletani fin dal XVII secolo e, come in tutt’Italia, anche a Napoli abbiamo diverse maschere tradizionali. Le maschere di Carnevale napoletane hanno origini varie, fatto dovuto sicuramente alla grande stratificazione e ricchezza culturale che da sempre accompagna la città partenopea e costituiscono parte del suo patrimonio folklorico e popolare. Si tratta di personaggi con un preciso aspetto che veicola un particolare stereotipo o ruolo sociale, interpretato in chiave caricaturale. E di molte di queste maschere forse si conosce troppo poco.
Rassegna delle maschere napoletane di Carnevale
Pulcinella, il re di Napoli
Quando pensiamo alle maschere napoletane di Carnevale, la prima che sicuramente compare nella mente di tutti noi è quella di Pulcinella che, dalla Commedia dell’Arte, è finita per diventare uno dei simboli più famosi della città di Napoli in Italia e nel mondo, oltre ad essere un’icona molto cara a tutti i napoletani. L’origine della maschera di Pulcinella affonda le proprie radici addirittura nella Fabula Atellana, una delle prime forme di spettacolo teatrale latino, nata nel IV secolo nella città osca di Atella, in Campania. Con il passare del tempo, Pulcinella ha cominciato ad impersonare tutte le molteplici sfaccettature della napoletanità. Il viso rugoso dal naso adunco, gli occhi piccoli, come veste un semplice camice e una cuffia bianca, questa maschera si identifica con la figura di un vero e proprio antieroe, fannullone ma caparbio. Pronto a ricorrere anche all’imbroglio per sopravvivere, con la sua euforica vitalità, con il suo atteggiamento burlesco e impertinente, Pulcinella sfida i potenti e si ribella alle difficoltà della vita quotidiana. Non è un caso che al ritratto di grande comicità e teatralità proposto da questa maschera si sia ispirato uno degli attori più amati della storia di Napoli: il principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò.
Tartaglia e Scaramuccia
Altre due importanti maschere di Carnevale napoletane sono quella di Tartaglia e Scaramuccia, entrambe protagoniste della Commedia dell’Arte. Tartaglia, il cui nome deriva dalla sua balbuzie, è un avvocato goffo, in carne e terribilmente miope tanto che il suo costume comprende grandi occhiali verdi. La testa rasata, senza né baffi né barba, Tartaglia racchiude la sua comicità proprio nel suo buffo aspetto, nel suo essere facile all’innamoramento ma anche nell’appariscente costume verde a strisce gialle, arricchito da un vistoso colletto bianco. Scaramuccia, invece, deriva dal personaggio del Capitano, molto vicino al modello del Miles gloriosus plautino, del soldato fanfarone e particolarmente incline ai conflitti per lo più verbali, nei quali si vanta delle sue imprese e sfoggia una gloria praticamente inesistente. Anche lui molto amante delle donne, il suo è un costume nero come le uniformi degli spagnoli di stanza a Napoli. Il grande successo di questa maschera è dovuto alle sue celebri rappresentazioni da parte dell’attore seicentesco Tiberio Fiorilli, il quale la esportò persino in Francia, dove poi divenne uno dei personaggi di Molière.
Due maschere simili: il Medico e il Cavadenti
Il Medico è una maschera che rappresenta la figura del ciarlatano che decanta sé stesso per le sue presunte doti mediche, nonché per i suoi rimedi e cure miracolose che invece si rivelano strambe e prive di effetto. Il suo costume è particolarmente pomposo ed è formato da una lunga tonaca verde, calzoni corti, grandi occhiali e una parrucca di carta bianca e rossa con lunghi codini fino ai piedi. Anche il Cavadenti incarna lo stereotipo del medico fanfarone che dopo una “attenta” analisi diagnostica esporta denti con una grande tenaglia, provocando non pochi danni ai suoi malcapitati pazienti. È il classico finto ricco che veste un frac vecchio e logoro, un cappello a tre punte e gira per la città con una carrozza completamente sfasciata.
Don Nicola, Paglietta Calabrese e Giangurgolo
Un’altra maschera di Carnevale napoletana di grande rilievo è Don Nicola, immagine dell’avvocato napoletano dal costume tipico settecentesco. Furbo, perspicace e grande oratore, Don Nicola, secondo la tradizione napoletana, andava per le strade recitando rime e filastrocche per il Carnevale morto. Due maschere che prendevano in giro ironicamente i calabresi sono quella di Paglietta Calabrese e quella di Giangurgolo. Il primo riproduce la figura dell’uomo di legge impacciato, del giovane di provincia che si trova catapultato nella grande città. Paglietta è il prodotto delle parodie con cui i giovani napoletani si divertivano a schernire gli studenti calabresi che venivano a Napoli per frequentare l’Università di Legge. Il secondo, personaggio proveniente dalla Commedia dell’Arte, sempre affamato di cibo e di donne e avvezzo alle battute oscene. Giangurgolo ha un costume molto simile a quello di un’altra maschera tradizionale partenopea, il Capitano spagnolo, con tanto di spada ma con il cappello a punta, tipico indumento calabrese.
Due maschere “doppie”: La Vecchia ‘o Carnevale e Pasqualotto
Tra le maschere di Carnevale napoletane se ne annoverano due molto particolari poiché “doppie”. La Vecchia ‘o Carnevale ha infatti due figure unite in un unico personaggio, ovviamente poi impersonato da due interpreti: abbiamo una signora anziana sulle cui spalle balla Pulcinella munito di nacchere, tipico strumento della musica popolare napoletana. Questa maschera divertiva molto per i forti riferimenti sessuali e osceni che generano sempre comicità e tante risate. Ma rievoca anche metaforicamente, con l’immagine della signora anziana, la stagione invernale che volge al termine e, in generale, la caducità e la finitudine della vita umana. L’altra maschera che si può definire dai due volti è Pasqualotto. È infatti ermafrodito: è uomo ma truccato e vestito come una donna, con tanto di seno prosperoso.
Una delle poche maschere al femminile: Zeza
Anche se in numero minore rispetto a quelle che rappresentano personaggi maschili, anche le maschere di Carnevale napoletane femminili hanno una grande popolarità. Tra esse la più famosa è quella di Zeza, diminutivo di Lucrezia e moglie di Pulcinella nella tradizione della Commedia dell’Arte.
Ancora oggi Napoli a Carnevale dimostra la sua grande fantasia e inventiva nelle maschere dei bambini. Non solo principesse e supereroi quindi. Per le strade di Napoli si possono incontrare bambini travestiti da rider, da venditori di popcorn e noccioline, da personaggi del mondo dello spettacolo come Maurizio Costanzo e Maria De Filippi o celebrità come la Regina Elisabetta d’Inghilterra e Maradona. Insomma, a Carnevale ogni maschera vale!
Fonte immagine: Pixabay.
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