Celeste Di Porto, la spia di Piazza Giudìa

Celeste

Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso. 

La banalità del male, Hanna Arendt

Non sempre il bene e il male hanno connotati definiti, non sempre è possibile assolvere o condannare.  Il fascino di certe storie nasce proprio dall’impossibilità di giudicarle, dall’incapacità di comprenderle fino in fondo, dalla necessità di rimanere aldilà di ciò che è giusto o sbagliato.

È questo il caso della vicenda di Celeste Di Porto, ebrea, condannata alla damnatio memoriae dalla sua gente, riportata alla luce dal giovane e talentuoso drammaturgo Fabio Pisano

Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si non arivedo la famija mia è colpa de quella venduta de Celeste Di Porto. Rivendicatemi. Una scritta incisa con un chiodo nella cella 306 del carcere di Regina Coeli. Una voce ridondante, in una scenografia essenziale, che rivela fin da subito le trame della storia: tradimento, disperazione, odio, vendetta. 

Siamo nel 1943, a Roma iniziano i rastrellamenti delle truppe naziste, e tra la morte e la vita, la diciottenne Celeste Di Porto sceglie la via ignobile della delazione, al soldo dei fascisti: cinquemila lire per ogni ebreo consegnato. Il tradimento della sua gente in cambio della salvezza sua. E così la stella di piazza Giudìa, la ragazza più avvenente del ghetto ebraico, smette di brillare, il suo volto assume i lineamenti della morte, sufficiente un suo cenno a firmare condanne. All’arrivo delle truppe alleate, scappata a Napoli sotto falso nome, Stella Martinelli, si affida, ancora una volta, alla sua bellezza per la sopravvivenza: prostituta in una casa d’appuntamenti. Non bastano, però, un cambio di nome e di residenza a sfuggire da un passato che continuerà a pendere sul capo della pantera nera, come le taglie dei tanti ebrei da lei mandati a morte.

Stella d’Oriente, Stella del Porto

Ne hai fatti piangere tanti

Fabio Pisano racconta, attraverso un personaggio misconosciuto, le responsabilità italiane nella Shoah del nostro paese, perché se è vero che tanti hanno salvato, moltissimi hanno collaborato. Riempie sapientemente la memoria con i chiaroscuri di una storia, luoghi e personaggi, ricostruiti con un profondo lavorìo di ricerca e si affida, per la mise en scène, alla bravura degli attori Francesca Borriero (Celeste), Roberto Ingenito e Claudio Boschi e alle suggestioni sonore di Francesco Santagata.

È il suo spettacolo, Stellaria – Celeste, a chiudere la decima edizione di Teatro alla Deriva, particolare rassegna ideata da Ernesto Colutta e Giovanni Meola, che vede gli attori esibirsi su una zattera nel suggestivo scenario notturno delle Stufe di Nerone.

Applausi. 

 

Stellaria – Celeste

 

con Francesca Borriero, Roberto Ingenito, Claudio Boschi
testo e regia Fabio Pisano
costumi Rosario Martone
disegno luci Paco Summonte
suggestioni sonore Francesco Santagata
produzione Liberaimago

Foto Nina Borrelli

 

 

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A proposito di Rossella Capuano

Amante della lettura, scrittura e di tutto ciò che ha a che fare con le parole, è laureata in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico. Insegna materie letterarie. Nel tempo libero si diletta assecondando le sue passioni: fotografia, musica, cinema, teatro, viaggio. Con la valigia sempre pronta, si definisce “un occhio attento” con cui osserva criticamente la realtà che la circonda.

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