Il teatro di Bertolt Brecht e Samuel Beckett rappresenta l’apice del teatro antinaturalista del Novecento. Entrambi hanno rivoluzionato il modo di fare teatro con l’obiettivo comune di rompere con la tradizione del dramma borghese e fornire uno spaccato della realtà contemporanea. Le loro strade, per quanto parallele nel rifiuto del realismo, portano a esiti profondamente diversi: Brecht utilizza il palcoscenico come strumento politico per il cambiamento sociale, mentre Beckett lo trasforma nello specchio della condizione esistenziale dell’uomo, dando vita al teatro dell’assurdo.
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Brecht e Beckett a confronto: due rivoluzioni teatrali
Caratteristica | Bertolt Brecht (Teatro epico) | Samuel Beckett (Teatro dell’assurdo) |
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Obiettivo | Stimolare la coscienza critica dello spettatore per spingerlo all’azione politica e al cambiamento sociale. | Mostrare l’insensatezza della condizione umana, l’angoscia e la mancanza di scopo in un universo senza dio. |
Rapporto con il pubblico | Lo spettatore deve rimanere un osservatore lucido e critico, non deve immedesimarsi (effetto di straniamento). | Lo spettatore è messo di fronte a un’esperienza spiazzante che riflette il suo stesso smarrimento esistenziale. |
Linguaggio | Popolare, diretto, arricchito da canzoni, didascalie e proiezioni per rompere l’illusione scenica. | Svuotato, ripetitivo, frammentato, pieno di pause e silenzi. La comunicazione fallisce e diventa assurda. |
Temi principali | Lotta di classe, ingiustizia sociale, critica al capitalismo, guerra. | Attesa, solitudine, incomunicabilità, la morte, il nonsenso della vita. |
Il teatro politico ed epico di Brecht
Il teatro di Bertolt Brecht è definito teatro politico perché offre una critica incisiva degli aspetti negativi della società, con lo scopo di portare il pubblico a prenderne coscienza e a reagire. Brecht sviluppa la teoria del teatro epico, che si oppone al teatro drammatico tradizionale basato sulla catarsi e sull’immedesimazione emotiva. Per raggiungere questo obiettivo, utilizza una serie di tecniche sceniche innovative: la proiezione di filmati, la presenza di cartelli con didascalie che anticipano gli eventi, scenografie non naturalistiche e l’uso di canzoni. Il pubblico deve rimanere vigile e giudicante. Anche gli attori contribuiscono a questo processo: non devono immedesimarsi nel personaggio, ma mostrarlo criticamente, evidenziando gesti e mimica. Questo meccanismo è noto come effetto di straniamento: un allontanamento che impedisce l’illusione e favorisce la riflessione razionale.
Il teatro dell’assurdo di Beckett
A partire dagli anni Cinquanta, una rivoluzione teatrale nota come teatro dell’assurdo si diffonde in Europa, e il suo maggiore rappresentante è l’irlandese Samuel Beckett. Come definito dall’enciclopedia Treccani, questo tipo di teatro mette in scena la crisi dell’uomo contemporaneo. Le opere di Beckett rappresentano una realtà che appare del tutto insensata, trasmettendo il senso di angoscia e solitudine del Secondo dopoguerra. Lo fa attraverso situazioni e dialoghi surreali. La sua opera più emblematica, Aspettando Godot, è l’esempio perfetto: due personaggi, Vladimiro ed Estragone, attendono invano un certo Godot che non arriverà mai, riempiendo il tempo con dialoghi circolari e senza senso. Questa tragica condizione è espressa con toni grotteschi e un humor feroce, rendendo l’opera allo stesso tempo comica e disperata. Il linguaggio è caratterizzato da frasi ripetute ossessivamente, dialoghi sconnessi e lunghi silenzi, che sottolineano il fallimento della comunicazione e il vuoto esistenziale.
Fonte immagine in evidenza: Wikimedia Commons
Articolo aggiornato il: 17/09/2025