Gisellə di Nyko Piscopo arriva al Teatro Trianon Viviani il 22 ottobre, inaugurando la ricca rassegna TrianonDanza. Nuovi linguaggi del corpo e della danza contemporanea. Il coreografo napoletano – tra i fondatori della compagnia Cornelia – non è nuovo alla rilettura dei classici della tradizione classico-accademica occidentale, basti pensare a Hybridus, come a Sleeping beauty – Work bitch! o a Puppenspieler, una riflessione sull’identità e il gender neutral in età infantile, che nasce dalla storia di Clara ne Lo schiaccianoci.
La rilettura in bianco e fuori dagli schemi di Nyko Piscopo

Su tessiture sonore telluriche fanno il loro ingresso tre danzatori, Nicolas Grimaldi Capitello, Leopoldo Guadagno e Eleonora Greco. Corpi vestiti di bianco, avvolti in costumi ideati da Daria D’Ambrosio e caratterizzati da trasparenze e volumi studiati per esaltare e amplificare i movimenti.
«Quando ho deciso di lavorare su questo classico molto romantico ho pensato alla mia città (Napoli) e alla sua tradizione popolare e musicale e da lì ho preso ispirazione per raccontare quel sentimento che accomuna tutti i popoli e tutte le classi sociali: il sentimento dell’amore eterno che accompagna la vita di ogni essere umano ed è protagonista di testi, canzoni, raffigurazioni visive e in tutte le altre discipline artistiche.» – sottolinea Nyko Piscopo nelle note di regia. Da questa matrice nasce allora la concretezza che caratterizza tanto la drammaturgia sonora, quanto quella corporea: tra movimenti radicati, gravidi di peso e presenza che ancorano il corpo alla terra, in un rito che sembra evocare il ritorno ad una dimensione arcaica e collettiva del gesto.
Corpi liminali
L’avvio è caratterizzato da una sospensione percettiva, in cui i tre danzatori dopo un primo avvicinamento si osservano, misurando lo spazio attraverso i loro respiri, finché il loro sguardo, rivolto al buio della platea, non sfonda la quarta parete. L’ingresso del corpo di ballo segna una transizione dinamica ed è scandito dalla partitura sonora creata da Luca Canciello, egli costruisce un ritmo elettronico pulsante e dissonante, ed introduce quel ritmo che richiama alla mente la danza agreste dei contadini. L’impianto scenografico amplifica e traduce visivamente l’immaginario coreografico attraverso strutture lignee ibride e sospese, a raffigurare talvolta gli alberi, le case dei contadini in Renania e gli elementi che disegnano il perimetro del bosco in cui gli spiriti delle fanciulle abbandonate – le Villi – fanno la loro comparsa; dando così origine a una spazialità multiforme.
La tensione appositamente creata, cresce fino al suo culmine e Gisellə (Luca Guadagno), come attraversata da un lampo, dopo un ultimo sussulto di tremolii e spasmi, si arresta, fulminata, raggelandosi nella morte. Segue una cesura che in silenzio taglia lo spazio scenico, provocando una ferita dolorosa e inevitabile. I piagnistei funebri dei performer, che attraversano la scena nascondendosi dietro i ventagli-paravento, sembrano filtrati attraverso pareti lontane, quasi a evocare l’immaginario di un ospedale psichiatrico, ovvero un luogo d’isolamento, in cui i confini tra realtà e finzione, vita e morte, sfumano. È proprio qui che appaiono, sulle strutture lignee ormai tramutate in lapidi, le proiezioni fantasmatiche de La danza delle Villi, progetto video realizzato con danzatori over cinquanta, le cui presenze vendicative muovono come burattinai Albrecht (Nicolas Grimaldi Capitello).
In questa stratificazione di linguaggi la creazione di Nyko Piscopo si configura come una riflessione sul corpo e sulla sua memoria, nonché sulla possibilità di una trasmissione generazionale capace di interrogare il gesto, e la sua sopravvivenza nel tempo.
Applausi convinti, prolungati e a più riprese accompagnano i saluti finali di interpreti e coreografo, a conferma dell’impatto emotivo e della forza evocativa insita nel mito romantico.
Fonte immagini: Ufficio stampa

