L’ombra di Totò, di Emilia Costantini | Recensione

L'ombra di Totò

L’ombra di Totò è lo spettacolo al Teatro San Ferdinando di Napoli, scritto da Emilia Costantini che fa luce su Totò, un attore da scoprire

Il 17 aprile 1967 si celebrò il secondo funerale – dopo quello nella capitale italiana – di Antonio de Curtis, curato dal suo carissimo amico Nino Taranto. I giornali si apprestano a riferire la triste notizia, si grida che è morto Totò, il principe della risata, il principe de Curtis. All’improvviso, la folla è pervasa da un brivido timoroso: «Ma quello è Totò! È vivo, è resuscitato!». Questa è la breve introduzione allo spettacolo L’ ombra di Totò, testo di Emilia Costantini con l’adattamento e la regia di Stefano Reali. Va in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli dal 22 al 27 febbraio 2022, insieme agli attori Yari Gugliucci, Sara Ricci, Vera Dragone e Pina Di Gennaro.

L’ ombra di Totò: intervista alla controfigura

Dino Valdi è un artista sconosciuto alla maggior parte del pubblico, ma in questo spettacolo diventa protagonista inedito e si fa portavoce della figura di Totò nel dietro le quinte. Egli fu la controfigura devota del grande attore napoletano, fu un uomo che ha creato la sua carriera all’ombra di Totò e, in fin dei conti, sotto la presenza incombente del principe Antonio de Curtis; per quanto si professi un artista e per quanto effettivamente lo sia, non è mai riuscito a portare alla luce qualcosa di veramente suo. Allora succede che, durante il secondo funerale dell’attore-principe, Dino Valdi viene additato per la sua straordinaria somiglianza con Totò: «Totò è resuscitato», gridano e perciò scappa a casa sua. Ma ciò di cui non si accorge è che viene seguito da una donna, che si presenta come una giornalista del quotidiano Il Messaggero giunta lì per intervistarlo. Valdi è esterrefatto che ci sia qualcuno che vuole conoscere e fare delle domande proprio a lui che è sempre stato abituato a vivere nell’ombra.

L’ ombra di Totò, quindi, si articola come una lunga intervista – che sia frutto della realtà o dell’immaginazione? – ad uno degli uomini che è stato più vicino all’attore partenopeo, permettendoci di scoprire alcuni retroscena sconosciuti, in una visione totalmente inedita.

È un rapporto complesso quello tra Totò e Dino Valdi: se il primo ha avuto gloria e onori, l’altro sostiene di avere sacrificato la sua carriera, sebbene in molti film sia arrivato a sostituire addirittura l’attore, soprattutto nell’ultima parte della sua vita quando era ormai cieco e malato. L’ombra di Totò, pertanto, diventa un’opportunità per Valdi di farsi finalmente conoscere: un artista completo, capace di suonare, cantare e recitare; una controfigura devota e in grado di imitare alla perfezione; infine, anche un uomo generoso di lodi e stima nei confronti di Totò, ma un po’ meno in quelli di de Curtis principe. Dino sfrutta quest’occasione scenica – costantemente a confine tra ciò che è reale e ciò che è fantasia o voci sparse – per sfogare il suo essere stato all’ombra di un attore immenso, umiliato il più delle volte dal principe.

Sulla scena il pubblico vede e ascolta un essere umano, con le sue invidie, la sua rabbia e la sua emozione di avere lavorato alle spalle di un attore così importante. Attraverso i suoi ricordi, poi, si rivive la vita pubblica di Totò, colui che ha donato il potere della risata a Napoli, e quella privata di Antonio de Curtis, un uomo a tratti austero, che ha travolto con la sua sofferenza anche chi gli è stato accanto nella sua vita tutt’altro che facile.

L’ Ombra di Totò. Uno spettacolo che diventa una sfida

Ricordando, accusando e giustificando L’ombra di Totò mette in banco due sfide importanti: innanzitutto, quella di provare a fare conoscere un attore, Totò, di cui si sa veramente poco e che è tutto da riscoprire in questa combinazione complessa tra il suo personaggio comico ed il suo essere veramente; poi, parla con toni forti e diretti di un artista che è diventato simbolo della napoletanità in uno dei luoghi madre partenopei, il Teatro San Ferdinando di Napoli. L’ombra di Totò poteva risultare uno spettacolo rischioso, invece, il lavoro di scrittura, di regia e degli attori, hanno saputo restituire una messa in scena emozionante, ironica e sentita.

Fonte immagine: Teatro di Napoli

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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