La zattera di Géricault, lo spettacolo di Carlo Longo

La zattera di Géricault, di Carlo Longo |Recensione

La zattera di Géricault al Teatro San Ferdinando

Dopo avere inaugurato la stagione 2022/23 del Teatro di Napoli con lo spettacolo Ferito a Morte, andato in scena al Teatro Mercadante, si prosegue con La zattera di Géricault, uno spettacolo scritto da Carlo Longo e diretto da Piero Maccarinelli, in scena al Teatro San Ferdinando dal 27 ottobre fino al 6 novembre.

La zattera di Géricault: la recensione

C’erano 147 persone a bordo della Zattera della Medusa. Dopo il salvataggio, sono stati contati soltanto 15 sopravvissuti, per il resto tutti morti in condizioni mostruose a dir poco inquietanti. La causa: l’incapacità del comandante di bordo e, quindi, l’inefficienza del governo francese. E nel 1819 un allora ventottenne Théodore Géricault esponeva al Salon di Parigi il suo dipinto, La zattera di Géricault, creando non ben poco scandalo tra il pubblico ma soprattutto tra gli esponenti politici ai vertici. L’unico che accompagna l’artista per tutta la composizione del dipinto è uno dei sopravvissuti del naufragio, che crede fino in fondo nel valore di comunicare con l’arte un evento nefasto, sì, ma per causa dell’incapacità umana.

La zattera di Géricault è uno spettacolo che ripercorre tutto il processo creativo del dipinto, seguendo un andamento a ritroso: da quella che doveva essere l’ultima scena da un punto di vista cronologico e di senso fino agli inizi in cui il quadro era soltanto un’idea in fase embrionale, La zattera di Géricault mostra tutto il percorso compiuto dall’artista per arrivare a dipingere un tale capolavoro, portando in scena quelle che sono state le sensazioni di Géricault stesso, le sue ostinazioni, i suoi ripensamenti, i suoi dubbi. Géricault impiega tre anni per completate il quadro. Eppure, in queste oscillazioni durate per un lungo tempo rimane sempre chiaro al pittore e a chi gli sta intorno, dai più indignati ai suoi più fedeli compagni, che La zattera di Géricault è un vero e proprio affronto al governo francese, alla superficialità che è stata motivo di un evento irreparabile.

La zattera di Géricault, allora, diventa un segno di resistenza contro le ipocrisie di chi governa, svelando una certa noncuranza che, come nel caso dell’incidente raffigurato nel dipinto, diventa così pregnante da essere mortale. E questo dramma sociale, politico e umano in quanto attacco alla coscienza etica di ciascun uomo, che caratterizza la realizzazione de La zattera di Géricault, viene legato anche al dramma personale dell’autore del dipinto. Vivendo un amore passionale ai limiti dell’incestuoso con la zia e un rapporto complicato con lo zio, Géricault è protagonista in prima persona del dramma della sua vita fatto di assenze, rancori e tradimenti. Questi drammi della vita quotidiana dell’artista pare quasi che si vogliano assimilare alla metafora di una zattera in cui non vi è incontro tra gli esseri umani, bensì quel cannibalismo di cui si erano macchiati i protagonisti della sciagura de La zattera.

La zattera di Géricault segue da un lato l’artista, ricercando una prospettiva ampia che comprenda la sua vita, in nuce della quale germogliano le motivazioni che hanno portato alla realizzazione del dipinto; dall’altro segue il lavoro di un’opera intramontabile, simbolo di opposizione, di sfida contro l’avanzare della morte e di fragilità umana in opposizione all’incedere inesorabile della natura matrigna

Immagine di copertina: Teatro di Napoli

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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