L’antimeridionalismo nel 2025: esiste ancora?

L'antimeridionalismo nel 2025

Possiamo definire con il termine antimeridionalismo ogni forma di discriminazione verso i meridionali attraverso pregiudizi che descrivono questi ultimi come arretrati e sottosviluppati. Si tratta, quindi, di un fenomeno che non si limita solo ad un’emarginazione di tipo geografico ma anche personale.

Le radici dell’antimeridionalismo

L’antimeridionalismo non è recente ma affonda le sue radici già nell’antichità,  in seguito  all’Unità d’Italia (1861) che ha accentuato le differenze già esistenti tra Nord e Sud: il primo più industrializzato, mentre il secondo, che era stato dominato da molteplici potenze straniere quali spagnoli, francesi, borboni, viveva principalmente d’agricoltura ed era più legato alle tradizioni. Tale differenza divenne una problematica sempre più concreta in quegli anni e definita con l’appellativo di questione meridionale. Le politiche economiche del governo centrale, spesso più favorevoli al Nord, crearono un divario sempre maggiore. 

Tale differenza, in particolar modo dal XX secolo, si è velocemente diffusa nella cultura popolare attraverso stereotipi culturali e i media hanno notevolmente contribuito alla crescita di questo sistema. Il divario tra Nord e Sud è, purtroppo, diventato anche un tema politico a causa dei differenti movimenti politici che hanno spesso definito il sud come un peso, esacerbando ulteriormente i rapporti e  i pregiudizi.

Esiste ancora l’antimeridionalismo nel 2025?

Sebbene siano passati tanti anni e nel 2025 ci si aspetti una certa apertura mentale, non solo l’antimeridionalismo esiste ancora, ma continua ad essere incrementato dai molteplici fattori precedentemente citati. Un ulteriore tassello viene aggiunto dai movimenti politici che propongono spesso schemi come quelli dell’ autonomia differenziata che, sebbene idealmente dovrebbe mirare a concedere una maggiore autonomia  alle regioni italiane in differenti ambiti come istruzione, sanità, trasporti e ambiente, in realtà rischia di incrementare le disuguaglianze economiche e sociali tra Nord e Sud. Le regioni del Nord, che producono un PIL quasi del 50% maggiore, potrebbero trattenere più risorse economiche, mentre quelle del Sud più povere , con meno fondi per la sanità o l’istruzione potrebbero gravemente risentirne e ciò porterebbe, a sua volta, a far scomparire definitivamente l’unità nazionale.

Le discriminazioni nei confronti dei meridionali esistono anche nella quotidianità: molte sono, infatti, le denunce da parte di persone a cui spesso è vietata la possibilità di partecipare ad un colloquio o studenti a cui è negato un affitto a causa del proprio luogo di nascita.

Il recente boom del turismo in città come Palermo, Salerno o Napoli hanno dimostrato quanto il meridione possa essere una risorsa.

È innegabile che un divario tra settentrione e meridione esista, ciò non significa però lasciare le regioni del Sud in balia di loro stesse. Piuttosto, sarebbe il caso di fare degli investimenti mirati per raggiungere un equilibrio nazionale coeso, come degli incentivi per le aziende che decidono di operare al Sud, riuscendo così ad aumentare l’occupazione, fermare la fuga dei cervelli, promuovere una maggiore aderenza attraverso un cambiamento nei social media, magari attraverso la creazione di contenuti educativi mirati a raggiungere una determinata solidarietà che non lasci spazio a commenti o post discriminatori.

Fonte immagine: Consiglio Nazionale dei Geologi

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