Ride Your Wave (film) | Recensione

Ride Your Wave (film) | Recensione

Perfetto per un’estate afosa, ma con un retrogusto che definire dolce-amaro sarebbe decisamente riduttivo: Ride Your Wave è un film che tocca l’anima e una volta visto, capirete molto bene il perché. Definito uno dei lavori più “normali” di Masaaki Yuasa, con uno stile d’animazione unico e una storia d’amore struggente, è, nella sua semplicità,  uno dei film d’animazione più travolgenti degli ultimi anni.

Trama

Hinako è una grande amante del surf tornata a Chiba (la sua città natale) per l’università, quando una fatidica notte d’estate viene salvata da Minato: un giovane pompiere che sembra conoscerla e ammirarla da molto tempo. Proprio quando i due innamorati iniziano a progettare il proprio futuro insieme, la tragica e improvvisa morte di Minato costringerà Hinako a reimparare a cavalcare le onde con le sue sole forze, in mare e nella vita.

L’egoismo di un mondo che non aspetta

Una sera d’estate e una mattina d’inverno. Ecco la velocità con la quale la vita di una persona può cambiare radicalmente: tutto quello che si conosce si dissolve e si entra in un mondo magico e armonioso, o in uno governato dal caos. Ride Your Wave è un film sull’amore, quello giovane e puro, quello attraverso il quale tutto sembra possibile…e sul lutto, sulla crescita e sul ritrovare stessi dopo la perdita di una persona che fino al giorno prima ci teneva per mano e camminava un passo dopo l’altro al nostro fianco.

Tutto questo è brillantemente rappresentato nel rapporto tra Hinako e Minato: lei che ancora deve trovare la sua strada nel mondo e lui che ha deciso di dedicare la sua vita ad aiutare il prossimo. Proprio per questo quando i due si incontrano e iniziano a frequentarsi, Minato diventa come un faro per Hinako: è capace di consolarla, la incoraggia e quello che ha più a cuore non è che cavalcare le onde insieme a lei. Il loro rapporto si sviluppa così naturalmente che sembra quasi destinato, fino a quando il senso del dovere di Minato non gli costa la vita.

È allora che noi spettatori, dapprima testimoni della loro storia, attraversiamo insieme ad Hinako tutte le fasi del lutto, una dopo l’altra: il rifiuto nel continuare a digitare quel numero telefonico sapendo che non ci sarà risposta, il senso di colpa, i se e i ma, il modo in cui tutto le ricorda Minato — solo che adesso i luoghi visitati insieme non hanno più quei colori sgargianti e pieni di speranza, ma sono spenti e il mondo continua egoisticamente a muoversi, ma in modo molto più silenzioso. Ancora, la lunga negazione (per colpa della quale la ragazza viene quasi creduta “pazza”) e infine la dura realizzazione che per andare avanti deve lasciare andare Minato per sempre. Ma lasciare andare non significa dimenticare, anzi. Hinako, infatti, riesce non solo a tornare a cavalcare le onde da sola, ma ad andare oltre: riesce, grazie a questo intenso processo, a trovare la propria strada e tenere acceso il ricordo di Minato, mettendosi lei stessa a disposizione del prossimo.

Tra desiderio e realtà

Uno degli elementi più singolari di questo film è senz’altro il ritorno di Minato sotto forma di uno spirito dell’acqua, che naturalmente non è casuale dato il rapporto di Hinako con il mare. Quest’aspetto è interessante non solo perché mostra la negazione del lutto da parte di Hinako, ma anche perché non è mai davvero chiaro se questo elemento sovrannaturale sia da intendere come “reale” o sia solo frutto della sua immaginazione.

Per come viene presentato, sembrerebbe proprio che sia solo una visione nata dal forte desiderio di Hinako, incapace di accettare la sua vita senza il fidanzato — tanto da ricevere sguardi straniti a destra e a manca e destare la preoccupazione dello stesso Wasabi, collega di Minato. Tuttavia, in Giappone l’esistenza degli spiriti (specie quelli di coloro che hanno ancora questioni in sospeso sulla Terra) non è una credenza così inusuale e lo spirito di Minato è ben consapevole della sua condizione. Oltre ciò, egli si dimostra capace di alterare effettivamente la realtà in almeno due occasioni: spegnendo un incendio provocato da un incidente stradale e salvando Hinako e sua sorella Yōko da un altro incendio, tanto che i suoi colleghi riporteranno la presenza di una “strana massa d’acqua”.

Date le premesse del film, è molto probabile che si tratti di eventi profondamente simbolici: proprio quando si accinge a salvare le due ragazze, inoltre, lo spirito di Minato diventa visibile anche a Yōko e Wasabi, che tanto rifuggivano il proprio lutto. Esattamente come quando ci succede qualcosa di incredibile che chiunque altro definirebbe un “inspiegabile miracolo”, ma in cuor nostro siamo portati a credere che quella persona sia tornata per proteggerci.

I volti del lutto in Ride Your Wave

Hinako, però, non è la sola profondamente toccata dalla morte di Minato. Il ragazzo infatti è stato indispensabile per moltissime persone, primi fra tutti sua sorella Yōko e il suo kōhai (letteralmente “più giovane”, junior) Wasabi. Sebbene non mostrino subito il proprio dolore apertamente — Yōko per via del proprio carattere e Wasabi per il bene di Hinako — prestando la giusta attenzione si può notare come la perdita abbia avuto un impatto importantissimo anche su di loro.

La stessa rabbia di Yōko ne è il simbolo portante: non a caso, si tratta di una delle fasi più comuni del lutto e quando questa non trova un bersaglio, finisce con il riversarsi su tutto e tutti. Yōko è un personaggio estremamente interessante perché a differenza di Hinako, che non riesce assolutamente a nascondere i propri sentimenti, tiene tutto dentro di e mantiene una certa distanza di sicurezza anche dalle persone a lei più care. Lo vediamo nel modo in cui parla con il fratello e persino quando parla con Wasabi (il ragazzo che tanto le piace) è abbastanza rude. Nonostante ciò, le emozioni di Yōko sono molto profonde e forse è anche per questo che la sua corazza vuole essere così impenetrabile. Lei è l’unica testimone dell’impegno di suo fratello, di quanto ha faticato per avere successo e realizzarsi, e permetterà sia a Wasabi che Hinako di sbloccarsi. Infine, anche lei renderà omaggio a Minato realizzando al posto suo il sogno di studiare per aprire un cafè.

Anche Wasabi riuscirà a trasformare i propri sentimenti in motivazione e coraggio, dopo essersi quasi rassegnato all’idea di aver sbagliato completamente mestiere. Per buona parte del film, infatti, sembra quasi che la sua profonda ammirazione per il senpai gli abbia appannato la vista, mostrandogli il mondo attraverso lenti che non erano le sue: la conseguenza è stato un inevitabile e costante paragone tra ciò che Minato era e ciò che lui invece non era, fino a quando non ha capito di avere tutte le capacità necessarie per fare ancora meglio.

A rendere la morte di Minato ancora più tragica è, infine, la perdita vissuta dalla comunità: tutte le persone che aveva aiutato con il suo lavoro e le vite che aveva salvato. Per quanto poco si possa conoscere una persona, non ci si capacita mai del tutto di come un ragazzo nel fiore degli anni possa andarsene da un momento all’altro e la stessa Yōko ci racconta delle numerose persone recatesi a porgere una preghiera o un ultimo saluto a Minato, come testimonianza del suo impegno sociale e del suo senso di giustizia, che rendono il suo sacrificio tutt’altro che vano.

Perché guardare Ride Your Wave

Ride Your Wave è un titolo che non si può semplicemente guardare, si vive insieme ai personaggi fino all’ultimo minuto. Questa storia è intensa e colpisce come un fulmine a ciel sereno. Lo stile d’animazione semplice ma raffinato e i continuiparallelismiedeffetti visivi rendono appieno i sentimenti dei protagonisti e c’è poco tempo per processare gli eventi, com’è poco il tempo che anche questi personaggi hanno a disposizione — ma d’altronde, è esattamente così che a volte vanno le cose.

Fonte immagine di copertina: Amazon Prime Video

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