Aoi Bungaku: quando l’animazione incontra la letteratura

Aoi Bungaku

Aoi Bungaku è una serie animata giapponese di dodici episodi prodotta dallo studio Madhouse e diretta da cinque diversi registi: Asaka Morio (episodi 1-4), Araki Tetsuro (episodi 5-6), Miya Shigeyuki (episodi 7-8), Nakamura Ryusoke (episodi 9-10) e Ishizuka Atsuko (episodi 11-12). L’anime, al quale hanno collaborato, in veste di character designer, mangaka come Kubo Tite (autore di Bleach) e Obata Takeshi (autore, tra gli altri, di Death Note), adatta sei capolavori della letteratura moderna, portando sul piccolo schermo autori come Natsume Soseki, Dazai Osamu, Akutagawa Ryunosuke e Sakaguchi Ango. Ogni episodio della serie è introdotto da un narratore che parla brevemente dell’autore e dell’opera trattata, concludendo ogni suo discorso con lo slogan “Meisaku koso aoi” (“I capolavori sono blu”), da cui il nome della serie. Tutte le opere trattate, infatti, sono accomunate dal loro carattere tragico e drammatico e dalla loro capacità di coinvolgere emotivamente il lettore/spettatore. Madhouse ha quindi il merito di riproporre al grande pubblico questi sei capolavori della letteratura giapponese moderna e donargli nuova vita tramite l’animazione, contribuendo alla loro immortalità.

Il Ningen Shikkaku di Aoi Bungaku

I primi quattro episodi di Aoi Bungaku, riuniti successivamente in un lungometraggio uscito nei cinema giapponesi, adattano Ningen Shikkaku (Lo Squalificato), il romanzo più celebre di Dazai Osamu e uno dei più amati della letteratura giapponese. Il protagonista della storia è Oba Yozo, un uomo che vive un costante senso di inadeguatezza nei confronti della società, e che cerca di annullare il suo malessere tramite il consumo di alcool e droga, arrivando a tentare anche un doppio suicidio con una sua amante, dal quale però si salva. Nel corso della storia egli tenterà di reinserirsi all’interno della società, arrivando a lavorare come mangaka e perfino a sposarsi, ma non riuscirà mai a sfuggire dal demone che lo tormenta sin dall’infanzia, quando per venire accettato dai suoi coetanei, così come dai suoi familiari, si comportava come un vero e proprio pagliaccio. Il personaggio di Yozo è caratterialmente molto simile a Dazai, che era noto per essere un tipo molto chiuso ed introverso, oltre che per la vita dissoluta che conduceva. Anche Dazai, infatti, tentò a più riprese di suicidarsi, sia singolarmente che con alcune donne, e vi riuscì solo poco tempo dopo l’uscita di Ningen Shikkaku; inoltre convisse tutta la vita con un disagio interiore le cui cause non sono mai state del tutto chiare. Il romanzo riesce a comunicare con particolare efficacia il disagio e la disperazione del protagonista, e l’anime riesce a rendere alla perfezione l’atmosfera cupa del romanzo, che adatta sì molto fedelmente ma aggiungendo degli elementi onirici, dando forma e sostanza al demone del protagonista, in uno stratagemma visivo particolarmente efficace.

Sakura no mori no mankai no shita

Gli episodi cinque e sei adattano Sakura no mori no mankai no shita (Sotto la foresta di ciliegi in fiore), uno dei racconti più celebri di Sakaguchi Ango. La storia narra del rapporto di un bandito che vive tra le montagne rapendo varie donne, che diventano poi sue “mogli”. La sua ultima preda esercita una potente attrazione su di lui, tanto da convincerlo ad uccidere tutte le altre mogli e a procurargli continuamente delle teste umane con cui giocare, finché il bandito non uccide anche l’ultima moglie, che si trasforma in petali di ciliegio. Il protagonista della storia è inspiegabilmente terrorizzato dai fiori di ciliegio, che nella tradizione giapponese vengono spesso correlati al concetto di bellezza, e la loro fioritura è per i giapponesi un evento imperdibile. Sakaguchi compie un’opera di ribaltamento nei confronti di questa concezione, rappresentando i fiori di ciliegio come qualcosa di orribile; quest’idea venne all’autore dopo aver assistito alla cremazione di alcune vittime dei bombardamenti di Tokyo, che avvenne proprio sotto dei fiori di ciliegio. La perdita della bellezza dei fiori di ciliegio rappresenta la fine del Giappone tradizionale, un paese costretto a ripensarsi profondamente dopo lo smacco subito durante la Seconda Guerra Mondiale. Anche con Sakura no mori no mankai no shita il team di Aoi Bungaku propone una trasposizione avvincente, capace di rendere l’inquietudine di molte scene, soprattutto nel finale.

Kokoro

È Kokoro (Il cuore delle cose), il capolavoro di Natsume Soseki, ad essere il soggetto degli episodi sette e otto. In realtà, negli episodi di Aoi Bungaku non viene trasposto il romanzo nella sua interezza, ma solo la storia raccontata dal Maestro, che ne costituisce l’ultima parte. La vicenda del Maestro, della sua futura moglie e del suo amico K. viene narrata, nel primo episodio, dal punto di vista del Maestro, che nel romanzo è il narratore dell’ultima parte. Nel secondo episodio, però, la stessa storia è raccontata dal punto di vista di K., e assistiamo quindi più da vicino all’innamoramento di K. e della ragazza. L’operazione compiuta dai registi della serie è molto interessante poiché ci permette di indagare più a fondo i sentimenti di un personaggio che ci appare inizialmente più distante. Il merito della serie, per quanto riguarda questi due episodi, non è solo quello di riproporre al grande pubblico un classico, ma anche quello di arricchirlo e di presentarlo in una veste nuova e diversa, seppur sempre nel totale rispetto per l’opera originale.

Hashire Merosu

Negli episodi nove e dieci viene proposto un altro racconto di Dazai, molto diverso da Ningen Shikkaku, ovvero Hashire Merosu (Corri Melos!). Dazai scrisse questa storia ispirato dalla ballata Die Burgschaft di Friedrich Schiller, a sua volta tratta da un’antica leggenda greca contenuta nella raccolta Fabulae dell’autore romano Gaius Iulius Iginus. Nel racconto di Dazai il protagonista è appunto Melos, giovane greco di Siracusa, il quale tenta di uccidere il sovrano tiranno Dionisio. Condannato a morte per il gesto, chiede al re di attendere tre giorni per poter partecipare al matrimonio di sua sorella, e i due giungono ad un accordo: se Melos non tornerà entro il tramonto del terzo giorno, sarà il suo migliore amico Selinuntius ad essere ucciso. Dopo aver partecipato al matrimonio della sorella, Melos inizia una corsa contro il tempo per salvare Selinuntius. Opera molto amata in Giappone ma meno conosciuta all’estero rispetto ad altre dello stesso autore, Hashire Merosu è uno dei tanti esempi di testi antichi rielaborati e riproposti da Dazai nel corso della sua carriera, nella quale egli ha spesso attinto dalla tradizione sia giapponese che europea per dare nuova linfa a storie già conosciute ed attualizzarle. Nei due episodi di Aoi Bungaku dedicati all’opera, alla storia di Melos viene raccontata parallelamente la storia di un giovane drammaturgo, Takada, che deve scrivere uno spettacolo teatrale basato proprio su questa leggenda. Alla storia dell’amicizia tra Melos e Selinuntius si affianca quella di Takada e Joshima, migliore amico di Takada in gioventù che lo abbandonerà non seguendolo a Tokyo, causando in lui un profondo dolore. Takada, attraverso la scrittura del dramma, riesce a ricucire la ferita e, infine, a ricongiungersi, così come Melos, al suo migliore amico.

Kumo no ito e Jigokuhen, il finale di Aoi Bungaku

Gli ultimi due episodi di Aoi Bungaku sono basati su due racconti di Akutagawa Ryunosuke, ovvero Kumo no ito (Il filo del ragno) e Jigokuhen (La rappresentazione dell’inferno). Il primo racconta le vicende di Kandata, un criminale che viene condannato a morte per i suoi numerosi omicidi, finendo all’inferno. Buddha decide però di dargli un’ultima possibilità, poiché in vita aveva compiuto una singola buona azione, salvando un ragno; è proprio il ragno da lui salvato a tendergli un filo con il quale risalire gli inferi e tornare nel mondo dei vivi, ma Kandata brucia anche questa possibilità di redenzione spingendo via tutti gli altri dannati che provano a seguirlo, dimostrando ancora una volta il suo grande egoismo e venendo conseguentemente rispedito all’inferno. L’episodio dell’anime, a differenza del racconto, si concentra di più sulla vita del protagonista e adatta l’episodio del filo nel finale, nel quale appare anche Yoshihide, protagonista di Jigokuhen. Egli è il pittore più abile di tutto il Giappone e lavora alla corte del signore di Horikawa, che decide di commissionargli un dipinto nel quale dovrà essere raffigurato l’inferno. Yoshihide lavora maniacalmente all’opera, arrivando perfino a mettere in pericolo la vita dei suoi assistenti, e arriva a chiedere al suo signore di ricreare una scena che dovrà poi dipingere sul paravento: la caduta di una carrozza incendiata con dentro una donna. Il signore decide di accontentarlo sacrificando la vita di Yuzuki, figlia di Yoshihide, che dopo aver concluso il dipinto, forse per il rimorso, pone fine alla sua vita. L’adattamento animato proposto da Aoi Bungaku differisce in molti aspetti dall’opera di Akutagawa. Oltre alla continuità proposta tra le due storie, non presente originariamente, nell’anime il signore di Horikawa commissiona a Yoshihide un affresco rappresentante la grandezza del suo regno, ed è Yoshihide a decidere arbitrariamente di realizzare una rappresentazione dell’inferno, colpito dalla sofferenza degli abitanti del regno causata dalla tirannia del signore. Nella serie i due racconti vengono collegati tematicamente, poiché in entrambi è centrale il tema dell’inferno, anche se esso viene sviscerato in maniera più approfondita in Jigokuhen, che è un racconto molto più modernista di Kumo no ito, il quale è essenzialmente una favola di matrice buddhista. Anche in questi ultimi due episodi il team di Aoi Bungaku riesce a ricreare le atmosfere cupe e suggestive dei racconti, portando in scena l’inferno descritto da Akutagawa.

 

Fonte immagine in evidenza: immagine promozionale della serie

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