Cinema Sovietico: breve introduzione

Cinema Sovietico: breve introduzione

Quando si parla di cinema si tende spesso a tralasciare una corrente fondamentale nello sviluppo del medium che noi tutti apprezziamo oggigiorno, ovvero il cinema sovietico.

Il cinema del montaggio sovietico è legato fortemente alla Rivoluzione d’Ottobre. Si tratta in realtà di una tripla rivoluzione: la prima che avviene nel 1817, quando dei menscevichi riescono a deporre definitivamente lo zar Nicola II; la seconda dove abbiamo come protagonisti i radicali bolscevichi capeggiati da Lenin che daranno vita alla cosiddetta URSS; infine la terza rivoluzione, completamente diversa dalle precedenti, che interessa principalmente il settore artistico.

La parola d’ordine di questa Rivoluzione delle Arti è quella di cancellare definitivamente la tradizione artistica borghese in favore di quella del proletariato, protagonista indiscusso di questa rivoluzione. È molto curioso paragonare la situazione rispetto al resto del mondo: in Francia nasce il cinema coi fratelli Lumière e già si andava diffondendo la concezione di film come arte; in Italia c’era in corso una grande rivalutazione artistica del mezzo tramite il filone storico molto apprezzato, in America c’era la figura di Griffith, che con la sua retorica mirava a nobilitare il cinema, facendolo diventare anche un veicolo morale per l’aristocrazia. 

In Russia, questa Rivoluzione manda al diavolo tutto ciò: ciò che conta è il popolo, la classe popolare, si cerca un cinema che parli al proletariato, che comunichi come quest’ultimo e che esprima la vera ed effettiva visione del mondo. Si crea un fortissimo scetticismo verso il concetto di artista geniale, il cinema come veicolo artistico da parte del creatore, ma si crede piuttosto all’idea di un’arte come pratica sociale, frutto della collaborazione collettiva che deve avere la capacità di comunicare un modo di pensare condiviso dalla maggioranza.
È per questo che l’arte proposta dalla Rivoluzione d’Ottobre, ed in particolar modo il cinema sovietico, è un’arte con una forte accezione politica e che vuole quindi mettere in scena la visione di un mondo non in mano alla borghesia, ma governato dal basso, dal proletariato.

Esistono diversi nome associati al montaggio sovietico:

1) Lev Kulešov: era un insegnante dell’Università Statale pan-russa di Cinematografia, una delle prime istituzioni statali dedicate al cinema e che già ci dà l’idea di come i nuovi leader comunisti e socialisti dell’Unione Sovietica avessero intuito subito l’importanza della comunicazione tramite mezzo cinematografico.  Kulešov è famoso soprattutto per il suo esperimento, chiamato esperimento Kulešov, che si basa sull’idea di prendere uno stesso primo piano dell’attore e mostrare come la nostra impressione di quest’inquadratura e le conclusioni che possiamo trarre dal suo viso cambino completamente a seconda dell’immagine che vi associamo.
Lo stesso Hitchcock ci spiega con un suo esperimento che, prendendo le stesse due inquadrature, una relativa ad un signore di una certa età intento a guardare qualcosa e l’altra che mostra sempre lui con una reazione diversa, a seconda di ciò che viene montato tra le due inquadrature, cioè l’oggetto del suo sguardo, la nostra impressione cambia totalmente: all’inizio, quando c’è una madre col suo bambino, egli apparirà come un gentiluomo, intenerito da una scena di idillio familiare; nell’altro caso, nel vedere una ragazza in costume da bagno, il signore apparirà come un vecchio pervertito.È quindi la struttura in cui sono messi gli elementi a produrre il significato, che non è insito dunque nel singolo, nel volto. È presente un video su Youtube di Hitchcock che spiega l’effetto Kulešov proprio su queste scene sopracitate che vi invitiamo a visionare;

2) Vsevolod Pudovkin: ricordato principalmente per il suo modo di utilizzare il montaggio. Utilizza il montaggio in modo assolutamente narrativo e crede molto nella sceneggiatura forte e d’impatto. Lo spettatore viene coinvolto da un montaggio definibile convenzionale all’interno della scuola sovietica ma avanguardistico per quanto riguarda le inquadrature così ben orchestrate da diventare fortemente narrative, anticipando quello che sarà il cinema sovietico degli anni ’30.
I suoi film più celebri sono La Madre, La fine di San Pietroburgo e Tempeste sull’Asia, che fanno parte di una trilogia;

3) Sergej Ejzenštejn: forse il più importante dei tre, che sposa una scuola di pensiero totalmente opposta a quella di Pudovkin. Per lui infatti il montaggio non deve essere narrativo ma conflitto, infatti il suo slogan più famoso era proprio cine-pugno, nel senso che secondo la sua idea il film dovesse prendere a pugni lo spettatore, scioccandolo in modo tale da farlo uscire dal suo stato di torpore e far scaturire in lui il pensiero. Questa idea di cinema nasce proprio dall’idea di un cinema che non si può accontentare di essere soltanto un’esperienza visiva ma deve, in qualche modo, coinvolgere e sconvolgere così tanto lo spettatore da farlo sentire quasi minacciato fisicamente.
Infatti, Ejzenštejn teorizza il cosiddetto montaggio delle attrazioni, un montaggio che mira ad indurre nello spettatore una reazione che sia visiva ma al tempo stesso psichica, inducendolo ad una presa di coscienza. Le tre pellicole più note create da Ejzenštejn sono: Sciopero, La corazzata Potëmkin e Ottobre. Si tratta di film che ricostruiscono dei momenti di lotta del popolo russo prima dell’instaurazione dell’Unione Sovietica: Sciopero ripercorre uno sciopero avvenuto realmente nel 1912, La corazzata Potëmkin ripercorre la prima rivoluzione russa del 1905, una rivolta anti-zarista, e Ottobre venne realizzato per il decennale della Rivoluzione d’Ottobre e racconta quindi dei famosi Dieci giorni che sconvolsero il mondo.
Il film appartenente al cinema sovietico che più di tutti mostra il montaggio della attrazioni è Sciopero, dove oltre ad un utilizzare un montaggio molto ritmico tramite inquadrature diverse e molto veloci dello stesso spazio, l’elemento che porta allo shock dello spettatore è l’incredibile enfasi sui corpi privi di vita dei singoli scioperanti e la scena di una bambina bionda che mentre gioca viene buttata a terra dai soldati zaristi. Il tutto culmina poi con l’inquadratura finale dove viene mostrata l’enorme massa di persone morte con Ejzenštejn che vuole chiaramente comunicarci la brutalità della rivolta e la perversione dei soldati.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

A proposito di Bassano Vincenzo

Laureato in Lingue e Culture Comparate presso l'università L'Orientale di Napoli. Specializzato in lingua e letteratura inglese e giapponese. Grande appassionato di cinema, videogiochi, anime e fumetti.

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