Giurato numero 2, la recensione del film di Clint Eastwood con Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K. Simmons, Chris Messina, Gabriel Basso, Zoey Deutch, Cedric Yarbrough, Leslie Bibb, Kiefer Sutherland, Amy Aquino e Adrienne C. Moore
Se c’è qualcuno che non ha voglia di fermarsi e starsene con le mani in mano, quello è Clint Eastwood. Sembrava l’ultima fatica Cry Macho (2021), con il cappello da cowboy appeso alla parete che lo ha consacrato come l’icona del western italiano. E invece no. Clint Eastwood non è certo un uomo che si ferma davanti ai suoi 94 anni, capelli e barba bianchi. Anzi. L’intenzione è un’altra: di cedere nemmeno a parlarne, piuttosto preferisce regalare al cinema un’altra storia coinvolgente, molto diversa da Million Dollar Baby (2004), Gran Torino (2008), American Sniper (2014) o The Mule (2018), solo per citarne alcuni.
Giurato numero 2: la giustizia è cieca secondo Clint Eastwood
Ci voleva Eastwood per parlare di sentenze giudiziarie erronee, indagini campate in aria e pentimenti accantonati che poco importano se c’è la famiglia di mezzo. Giurato numero 2 non ha bisogno di mezzi termini. Corre sul filo delle parole come una macchina a tutta velocità che non vede che cosa investe. E immediatamente ci porta dentro un’aula di tribunale per tutte le due ore di girato, a discutere se condannare o assolvere l’imputato accusato di omicidio volontario. Il problema è soltanto uno: per Justin Kemp (Nicholas Hoult) non è solo un processo. È un dilemma, una scelta tra sé stesso e la vita di un altro uomo dietro le sbarre. C’è qualcosa di freddo dietro il ghiaccio di quegli occhi, di nascosto dentro il buio dei giovani anni trascorsi nell’abuso di alcol. La cruda verità lasciata in sospeso nella mente di Kemp ritorna più assordante che mai. Cosa prevale? Il buon senso o il senso di colpa?
Kemp pensa. Rimugina. I suoi ricordi tornano indietro a quella sera al bar. Poi un tuffo nel presente: non è né un pugile, né un soldato, né tantomeno un corriere. È un giurato chiamato a decidere la sorte di un omicida. Che scelta difficile avere in una mano la vita di un uomo che si dichiara innocente e nell’altra la veridicità del capo d’imputazione. I due piatti della bilancia tenuti dalla dea Themis che sovrasta e guarda dall’alto.
La legge non è uguale per tutti secondo Clint Eastwood. Non si risparmia, di certo, a sferrare qualche parola di troppo al sistema giudiziario americano, affidato a una giuria rinchiusa dentro una stanza per deliberare il verdetto. Le prove devono essere di più, le testimonianze più approfondite e l’attenzione mediatica meno assillante. Eppure, la camera di Eastwood ci vuole svelare di più. Quel di più che vogliamo venga alla luce per rispettare la legge, per fare giustizia su chi è il reale colpevole di un omicidio. Tuttavia, molto spesso si punta il dito contro la persona sbagliata perché fa comodo liberarsi subito del caso e fare piazza pulita. E questo Eastwood lo sa bene.
In Giurato numero 2 ci sono convinzioni, prove inconsistenti, difese che cadono e iniziano a dubitare, sconfitte e uomini che sanno portare una maschera sul viso per celare le cose come stanno dietro una nuova vita che inizia. Quegli indizi lasciati però testimoniano il non detto, e per il nuovo procuratore gli occhi non mentono mai.
Chiamatelo pure un gioco di parole ma occhio a Clint Eastwood, che di storie intriganti ne ha tante da raccontare. Il buon e amato Clint non ha intenzione di mollare la (macchina da) presa!
VOTO: 8.5/10
Martina Corvaia
Immagine: Warner Bros. Pictures