Tragùdia – Il canto di Edipo al Bellini | Recensione

Tragùdia - Il canto di Edipo

Tragùdia – Il canto di Edipo, spettacolo di Alessandro Serra liberamente ispirato alle opere di Sofocle, è al Bellini dal 12 al 14 novembre.

Dal 12 al 14 novembre va in scena al Bellini Tragùdia – Il canto di Edipo, spettacolo interamente in grecanico con sovratitoli in italiano scritto e diretto da Alessandro Serra. Il testo è una libera rielaborazione della trilogia tebana di Sofocle, che ripercorre tutte le vicende di Edipo, dalla reggenza di Tebe fino alla morte a Colono, ospite presso la corte di Teseo.

Nel mezzo, tra l’apice del suo potere e la morte in terra straniera, Edipo vive la più dolorosa delle esperienze che costituisce il motivo portante di Tragùdia – Il canto di Edipo: la scoperta che il suo mondo si fonda sulla menzogna, che tutto ciò che lo circonda è un vuoto simulacro. Edipo scopre che suo padre e sua madre non sono coloro che realmente lo hanno messo al mondo, che la sua sposa è in realtà sua madre, che i suoi figli sono frutto di un incesto, che il suo vero padre è morto anni or sono per sua stessa mano. La reazione alla scoperta di un verità agghiacciante è la disperazione, la necessità dell’espiazione. 

La tragedia è un’arte fortunata, perché gli spettatori conoscono l’intreccio già prima che il poeta lo racconti, basta ricordarglielo. Appena pronunziato il nome di «Edipo», già si sa tutto il resto – il padre Laio, la madre Giocasta, le figlie, i figli, che cosa ha sofferto, la sua colpa. (Antifane, Poiesis)

Come dunque riproporre uno dei miti più noti, quello di Edipo, senza cadere nella noia, nella sterile riproposizione, nella scolastica riproduzione di un capolavoro? Alessandro Serra in Tragùdia – Il canto di Edipo ci riesce passando per un attento studio sulle immagini, sui chiaroscuri, sulla lingua e sul suono.

L’italiano sembra abbassare il tragico a un fatto drammatico. Abbiamo perciò scelto il grecanico, lingua che ancora oggi risuona in un angolo remoto di quella che fu la Magna Grecia, una striscia di terra che dal mare si arrampica sull’Aspromonte scrutando all’orizzonte l’Etna.

In Tragùdia – Il canto di Edipo, la scelta del grecanico restituisce al pubblico tutta la nobiltà e la gravità di un testo senza tempo, il sapiente gioco di luci, la scenografia essenziale eppure mastodontica, le immagini che diventano icastiche quando sono accompagnate da un originalissimo lavoro fonico (Gup Alcaro) fanno di un classico della letteratura occidentale un’opera personalissima e in qualche modo nuova. 

Tragùdia – Il canto di Edipo ci regala una versione inedita del ciclo tebano, in cui le lacrime si mischiano alla polvere, il dolore si mescola al risentimento, la vendetta all’amore fraterno, la morte alla rinascita. 

regia, scene, luci, suoni e costumi Alessandro Serra

con Alessandro Burzotta, Salvatore Drago, Francesca Gabucci, Sara Giannelli, Jared McNeill, Chiara Michelini, Felice Montervino

traduzione in lingua grecanica Salvino Nucera
voci e canti Bruno de Franceschi
collaborazione ai movimenti di scena Chiara Michelini
collaborazione al suono Gup Alcaro

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