Gli ultimi giorni dell’umanità, per Venezia a Napoli | Recensione

Gli ultimi giorni dell'umanità, per Venezia a Napoli |Recensione

Gli ultimi giorni dell’umanità a Venezia a Napoli. Il cinema esteso

Dal 25 ottobre 2022 parte la XII edizione di Venezia a Napoli. Il cinema esteso che si svolgerà in diversi siti, tra cui il Cinema Astra, l’Istituto Francese di Napoli, il Modernissimo, il Vittoria, fino ad arrivare a Ponticelli, Bagnoli, Aversa, Casalnuovo, Capua e, per la prima volta, anche ad Avellino. Prodotta da Parallelo 41, che quest’anno compie venti anni, e con la direzione di Antonella Di Nocera, la rassegna cinematografica prevede una serie di proiezioni e incontri importati dalla 79° Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. La Biennale di Venezia nelle sale napoletane, per un totale di ben trenta opere e quaranta ospiti. A inaugurare la prima serata al Cinema Astra è stato Gli ultimi giorni dell’umanità, vincitore del premio Fedic, con la regia di Enrico Ghezzi e Alessandro Gagliardo.

Frammenti di cinema

Guardando Gli ultimi giorni dell’umanità vi si rintraccia un film d’autore, un archivio di memoria e anche uno spazio celebrativo in onore di Enrico Ghezzi. Ma al di là dell’apprezzamento dei più sagaci cinefili, il film è stato capace di creare alcuni momenti di intenso pathos nonché sottili spunti di riflessione, coniugando l’arte cinematografica alla filosofia in un gioco tecnico ampiamente virtuosistico.

Al centro della proiezione de Gli ultimi giorni dell’umanità è la macchina da presa: fulcro essenziale e strumento adoperabile, essa segue le vicende dell’umanità arrivando fin proprio a viverle. Ma quali vicende? Cosa sono gli ultimi giorni di questa umanità? Non c’è un tempo cadenzato e definito, ma il film coglie quell’umanità nella sua durata, come un flusso fluido da cui lasciarsi trasportare: il cinema proposto in Gli ultimi giorni dell’umanità non è opposizione ma resistenza, non ha i caratteri di un impatto d’urto che travolge ma una consistenza più fluida, che immerge e accompagna lo spettatore in un cinema che si fa esperienza sensoriale ed emotiva. E in questo morbido ma incisivo avanzare, la macchina da presa talora diventa essenza che vede e vive nutrendosi di quel flusso, talvolta riassume i suoi caratteri materiali di strumento nelle mani di un’umanità alla quale si augura di imparare a vedere e non solo a guardare.

Insomma, Gli ultimi giorni dell’umanità è una proiezione metacinematografica che con un certo piglio avanguardistico ridiscute le proprie potenzialità, insite sia nella sua essenza di arte sia nella sua essenza di strumento tecnico, e abbatte i limiti imposti. Così, il cinema diventa apertura, confine tra ciò che è stato e ciò che potrebbe essere in una condizione di costante aggiornamento. Questo spirito che, lo si ripete, non è di opposizione ma di resistenza nei confronti del valore e del senso di un’arte capace di comunicare attraverso svariate modalità, lo si riscontra anche tecnicamente in una serie di scelte di montaggio: inusuali e sperimentali, da intendersi nel senso di ricerca di qualcosa di non già fatto, di apertura al nuovo. È proprio tale tecnica, ostentata ma eseguita con maestria unica, che pone in discussione il conflitto inevitabile nel cinema tra essenza e strumento materico ma che, allo stesso tempo, propone una proposta conciliativa che non si arrendi mai nel rendere il cinema una dimensione sempre aperta e mai chiusa in sé stessa.

Da questo punto di vista, Gli ultimi giorni dell’umanità è un film interessante che promette un’esperienza cinematografica unica nel suo genere, malgrado la sua autorialità forse un po’ troppo tangibile che potrebbe andare rivalutata nel senso di un cinema che non corra il rischio di ricadere su sé stesso e che abbia una maggiore apertura ad un pubblico più ampio. Ma al di là di tutto, Gli ultimi giorni dell’umanità promette un cinema che consente di respirare un mondo di possibilità tutte da esplorare.

Immagine di copertina: Venezia a Napoli. Il cinema esteso      

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A proposito di Francesca Hasson

Francesca Hasson è giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2023. Appassionata di cultura in tutte le sue declinazioni, unisce alla formazione umanistica una visione critica e sensibile della realtà artistica contemporanea. Dopo avere intrapreso gli studi in Letteratura Classica, avvia un percorso accademico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e consegue innanzitutto il titolo di laurea triennale in Lettere Moderne, con una tesi compilativa sull’Antigone in Letterature Comparate. Scelta simbolica di una disciplina con cui manifesta un’attenzione peculiare per l’arte, in particolare per il teatro, indagato nelle sue molteplici forme espressive. Prosegue gli studi con la laurea magistrale in Discipline della Musica e dello Spettacolo, discutendo una tesi di ricerca in Storia del Teatro dedicata a Salvatore De Muto, attore tra le ultime defunte testimonianze fondamentali della maschera di Pulcinella nel panorama teatrale partenopeo del Novecento. Durante questi anni di scrittura e di università, riscopre una passione viva per la ricerca e la critica, strumenti che considera non di giudizio definitivo ma di dialogo aperto. Collabora con il giornale online Eroica Fenice e con Quarta Parete, entrambi realtà che le servono da palestra e conoscenza. Inoltre, partecipa alla rivista Drammaturgia per l’Archivio Multimediale AMAtI dell’Università degli studi di Firenze, un progetto per il quale inserisce voci di testimonianze su attori storici e pubblica la propria tesi magistrale di ricerca. Carta e penna in mano, crede fortemente nel valore di questo tramite di smuovere confronti capaci di generare dubbi, stimolare riflessioni e innescare processi di consapevolezza. Un tipo di approccio che alimenta la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo e che la orienta in una dimensione catartica di riconoscimento, di identità e di comprensione.

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