Le interpretazioni nei biopic sono per natura estremamente complesse perché prevedono la totale immedesimazione psicofisica di una persona realmente esistita. Fin quando si tratta di un personaggio fittizio, nato dalla mente dello sceneggiatore, un attore ha una maggiore autonomia ed elasticità recitativa, ma quando si tratta di vestire i panni di un uomo o una donna che hanno vissuto la propria vita, allora ci sono dei parametri emotivi differenti, che vanno rispettati per poter realizzare un’interpretazione veritiera, adeguata, che possa collimare con la verità storica e la natura interiore di quella specifica persona.
Il genere biografico (in inglese biopic, ovvero biographic picture) è di fondamentale importanza, non solo per la Settima Arte, ma per l’intera società, in quanto ci permette di immergerci nel cuore della storia e di essere spettatori del passato. Naturalmente un prodotto biografico per cogliere l’essenza spirituale ed ottenere l’ammirazione del pubblico ha bisogno di un interprete che sia in grado di spogliarsi completamente della propria personalità e sprofondare negli abissi sensoriali di quel personaggio restando però fedele a tutte quelle sfumature caratteriali e fisiche che sono già state rappresentate nella vita reale.
Negli ultimi anni il genere biopic ha conquistato l’universo filmico, trionfando negli incassi, nei premi e nell’approvazione collettiva e portando sul grande schermo incredibili storie di personaggi straordinari degni di un’osservazione mondiale (tra i più recenti la performance di Cillian Murphy nei panni del fisico J. Robert Oppenheimer in Oppenheimer di Christopher Nolan).
Abbiamo assistito alla realizzazione di meravigliose opere biografiche e delle loro strepitose interpretazioni, che, oltre ad aver fortificato la bellezza cinematografica, hanno addottrinato l’immaginario collettivo e divulgato la valenza storico-culturale di eventi e personalità, alcune persino sconosciute al grande pubblico. Tra i più attuali: Bohemian Rhapsody, Rocketman, Tick Tick…Boom!, Green Book, Il caso Spotlight e tanti altri.
In questo nostro articolo abbiamo preparato una classifica di quelle che crediamo essere le dieci migliori interpretazioni nei biopic, ovvero quelle prestazioni attoriali che, fra tutte, hanno rivestito alla perfezione corpo e anima del personaggio. Impresa indubbiamente difficile, avendo dovuto selezionarne soltanto dieci e, pertanto, omettendo altre favolose performance; basti pensare alla magistrale immedesimazione di Benedict Cumberbatch in The Imitation Game, alla delicata e commovente rappresentazione offerta da Alicia Vikander in The Danish Girl o addirittura all’iconica interpretazione di Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street.
Ecco le dieci migliori interpretazioni nei biopic
10) Matthew McConaughey – Dallas Buyers Club (Interpretazioni nei biopic, 2013)
Al decimo posto la travolgente performance di Matthew McConaughey in Dallas Buyers Club. Texas, anni ’80: Ron Woodroof scopre di essere malato di AIDS, ma si trova in un quel periodo storico in cui i trattamenti per l’HIV/AIDS erano poco studiati. Così decide di contrabbandare farmaci non approvati in Texas per curare i suoi sintomi e li distribuisce ad altre persone con la sua stessa malattia, istituendo il Dallas Buyers Club. In più il protagonista affronta l’opposizione dell’agenzia FDA, che proibiva la vendita dei farmaci.
McConaughey ci ha regalato un’interpretazione intensa e profonda, piena di forza e dolore, riuscendo ad arrivare al cuore dello spettatore e a far conoscere al mondo intero un’incredibile storia di coraggio. L’attore intraprese persino una trasformazione fisica che lo ha portato ad avere un fisico quasi scheletrico. Infatti perse venti chili per poter vestire accuratamente i panni del personaggio, e ci è riuscito in maniera assolutamente impeccabile, forgiando una delle migliori interpretazioni nei biopic. Oscar al miglior attore 2014.
9) Adrien Brody – Il pianista (Interpretazioni nei biopic, 2002)
Probabilmente il miglior film di Roman Polanski, Il pianista narra la storia del pianista polacco ed ebreo Władysław Szpilman, i cui panni sono rivestiti dal giovanissimo e talentuosissimo Adrien Brody. La pellicola, ambientata nel periodo della Seconda guerra mondiale, ripercorre alcune tappe della vita di Szpilman e della sua famiglia: dalla reclusione nel ghetto di Varsavia fino alla fuga del pianista che scampò ai campi di concentramento nazisti. Un’opera straziante, lacerante, un significativo contributo alla memoria storica nonché uno dei più amati e acclamati film del genere biopic.
Sicuramente una sfida attoriale molto ardua ed emotivamente fragile per Brody che si fa carico di tutta la sofferenza e di tutto il tormento che il pianista affrontò nella sua vita. L’attore trasuda dagli occhi un’autenticità d’animo, riuscendo a realizzare una meravigliosa prestazione capace di commuovere l’intero pubblico. Per interpretare al meglio il ruolo del pianista, Brody si sottopose, per sei mesi, ad una dieta che prevedeva uova bollite, té verde e carne bianca, arrivando a perdere quindici chili. Oscar al miglior attore 2003 (il più giovane nella storia a vincere in tale categoria).
8) Philip Seymour Hoffman – Truman Capote – A sangue freddo (Interpretazioni nei biopic, 2005)
Philip Seymour Hoffman è stato uno dei più grandi attori di sempre e, nella sua breve carriera, ha regalato al mondo un’infinità di straordinarie interpretazioni, ma prima fra tutte quella di Truman Capote in Truman Capote – A sangue freddo. La pellicola si basa sulla vita del fantasioso scrittore statunitense e del suo lavoro di ricerca su un omicidio di una famiglia in Kansas al fine di trovare l’ispirazione per il suo prossimo capolavoro letterario, dal titolo A sangue freddo.
Hoffman indossa gli abiti e l’anima di un personaggio che ha avuto un grande impatto nell’ambito letterario, e coglie a pieno l’eccentricità e l’eleganza dello scrittore, valorizzando anche il suo impeccabile carisma e la sua spiccata fantasia. E nel viaggio che Capote compie per arrivare alla scintilla artistica, Hoffman resta aggrappato alla sua una fantastica performance e (ri)crea la raffigurazione di una personalità complessa e profondamente sensibile in modo eccezionale, realizzando una delle migliori interpretazioni nei biopic. Oscar al miglior attore 2006.
7) Daniel Day-Lewis – Il mio piede sinistro (1989)
Quando c’è Daniel Day-Lewis in un film, potete star certi che assisterete ad un’interpretazione indimenticabile (Il Petroliere ne è la prova). Ne Il mio piede sinistro viene raccontata l’incredibile storia di Christy Brown, scrittore e pittore irlandese, nato con una grave paralisi cerebrale che gli impediva l’utilizzo dei gesti e della parola. L’unica parte del corpo di cui possedeva ogni funzione era il piede sinistro e, con questo, riuscì sia a comunicare sia a produrre opere artistiche di grande rilievo.
Day-Lewis, conosciuto per la sua maniacale preparazione, sul set del film si era rifiutato di lasciare la sua sedia a rotelle e chiedeva ai membri della truppe di aiutarlo, come se soffrisse davvero dello stesso problema di Brown; e quindi, dovevano portarlo in giro per il set ed imboccarlo per farlo mangiare. In più, l’attore imparò a scrivere con il suo piede. Tutto questo per prepararsi ed immedesimarsi al meglio in un ruolo così emotivamente delicato e fisicamente complicato. Ciò che ha fatto Day-Lewis in questo film, oltre ad essere una straordinaria prova di recitazione, è un prodigioso esempio di come riconoscersi e fino in fondo nella vita di qualcun altro. Oscar al miglior attore 1990.
6) Charlize Theron – Monster (2003)
Definito dallo storico critico cinematografico Roger Ebert come il miglior film del 2003, Monster racconta uno dei più noti fatti di cronaca: la brutale e violenta storia della serial killer Aileen Wuornos, prostituta che uccise sette uomini, interpretata da Charlize Theron. La pellicola indaga sul fattore umano e psicologico della donna, esplorando le tappe della sua vita: dalla prostituzione, passando per la tormentata relazione con la sua compagna fino ad arrivare agli omicidi efferati e alla condanna a morte per iniezione letale, avvenuta nel 2002.
Quella di Charlize Theron è senza dubbio una delle migliori interpretazioni nei biopic. L’attrice ha compiuto un lavoro di ricerca e preparazione assolutamente sbalorditivo: era ingrassata di quattordici chili, si era rasata le sopracciglia, portava una protesi dentale, il tutto accompagnato ad un favoloso lavoro di make-up, che l’ha presa irriconoscibile, e dall’ammirevole professionalità della Theron, la quale ha accuratamente studiato la biografia del personaggio e osservato, attraverso documentari, mimica e movenze per identificarsi alla perfezione nella travagliata emotività di Aileen. Oscar alla migliore attrice 2004.
5) Russell Crowe – A beautiful mind (2001)
Un film pieno di meraviglia e una performance degna del plauso universale. Ron Howard, con A beautiful mind, porta sul grande schermo le straordinarie vicende personali e lavorative del matematico ed economista premio Nobel John Nash, il cui ruolo è affidato a Russell Crowe. La rappresentazione di un uomo eccentrico e anticonformista, della sua intensa storia d’amore, del suo geniale e carismatico talento e della sua tormentata lotta contro una terribile malattia che condizionò la sua esistenza: la schizofrenia.
L’attore restituisce al personaggio un’adeguata rappresentazione biografica, viaggiando nei grovigli di una mente tanto geniale quanto fragile che per decenni ha lottato contro il suo un male invisibile. Osservando Crowe nei panni del genio dei numeri è come se sentissimo anche noi il peso di un’intera vita segnata da una tormentosa dimensione psichica dalla quale è impossibile scappare. Nash ha conquistato l’ammirazione e il riconoscimento planetario, non solo per il suo intramontabile genio visionario, ma anche per la sua storia, esempio di resilienza e coraggio, e l’interpretazione di Crowe ha incarnato perfettamente l’anima del suo personaggio, segnato dal tormento e dalla sofferenza, e della sua forza d’animo che gli ha permesso di continuare a vivere la sua vita e ad utilizzare il suo incredibile talento, nonostante il macigno clinico che lo ha accompagnato. Candidatura all’Oscar come miglior attore 2002.
4) Hillary Swank – Boys Don’t Cry (1999)
Una storia di rinascita, un esempio di libertà, ma anche un brutale ritratto della transfobia. Hillary Swank interpreta Brandon Teena, ragazzo transgender, che ha lottato per la ricerca della propria identità e dell’amore. Boys Don’t Cry riporta, con una immensa sensibilità artistica, la storia di Brandon, dai suoi tormenti esistenziali fino ad arrivare alla sua terribile fine, che ha segnato uno dei fatti di cronaca nera più tragici: lo stupro e l’omicidio del ragazzo. Un’opera molto forte, forse anche difficile da guardare perché ci si ritrova faccia a faccia con l’odio immotivato, che è una costante nella società, capace di distruggere una vita innocente.
L’unico termine che si può usare per descrivere questa performance è perfetto. L’attrice ha affrontato una sfida attoriale ai limiti dell’estremo, sotto qualsiasi punto di vista, umano, fisico, emotivo, psicologico. E anche la sua preparazione per il ruolo è stata del tutto esemplare; infatti, Swank, prima delle riprese, usciva in pubblico vestita da uomo, con i capelli tagliati e il seno fasciato. Oltretutto ha fatto molta pratica vocale, utilizzando una voce profonda, e alla gente si presentava come James, il fratello di Hillary. Grande professionalità, meravigliosa interpretazione, veritiera e audace, che cattura il pubblico e rende omaggio al suo personaggio, immedesimandosi negli abissi dell’interiorità. Oscar alla migliore attrice 2000.
Il podio
3) Eddie Redmayne – La teoria del tutto (2014)
Al terzo posto abbiamo uno dei più film più amati da tutto il mondo, soprattutto grazie al suo interprete. La teoria del tutto è la rappresentazione biografica di una delle più influenti e innovative menti della fisica e cosmologia, il professor Stephen Hawking. Nel ’63, durante i suoi studi a Cambridge, il giovane Stephen sta cercando di trovare un’equazione unificatrice per spiegare la nascita dell’universo. E nel corso della narrazione, assistiamo ai suoi instancabili sforzi e impegni lavorativi, alla storia d’amore con la sua compagna e, soprattutto, all’evolversi distruttivo di un tremendo male che affligge la sua capacità motoneuronale, costringendolo alla paralisi.
Eddie Redmayne, così giovane e così pieno di talento, si aggiudica un posto speciale nella storia della recitazione con una delle più celebri interpretazioni nei biopic; sensazionale, profonda, ai limiti della perfezione. Per prepararsi al ruolo, l’attore studiò tantissimi filmati per imparare l’accento del professore, ma senz’altro l’impegno maggiore è stato la totale impersonificazione della malattia avendo dovuto rapportarsi con il male fisico che ha costretto Hawking alla tetraplegia. Immaginate l’immensa difficoltà nell’interpretare un personaggio così autorevole e carismatico, ma anche così pieno di sofferenze e continui ostacoli clinici, che ha combattuto fino alla fine per portare avanti il lavoro di tutta una vita. Redmayne ce l’ha fatta, e direi anche in maniera più che magistrale. Oscar al miglior attore 2015.
2) Sean Penn – Milk (2008)
Senza la speranza, la vita non vale la pena di essere vissuta, queste le parole di Harvey Milk, primo gay dichiarato ad essere eletto ad una carica politica negli Stati Uniti. Milk, interpretato da Sean Penn, ha proseguito la sua attività politica lottando per i diritti dei gay, scrivendo un’importante pagina della storia americana, abbattendo quelle barriere di odio e intolleranza che per anni ha afflitto la comunità omosessuale. La storia di Milk, portata sul grande schermo dalla regia di Gus Van Sant, è stata un importante trampolino di lancio per l’affermazione dell’uguaglianza e della libertà e il film ci mostra il suo incredibile coraggio nel portare avanti le sue ideologie, nonostante la mentalità retrograda degli anni ’60-’70.
Secondo posto per l’interpretazione di Sean Penn, che è meravigliosamente straordinaria, studiata nei minimi dettagli, fedele alle caratteristiche del personaggio e così toccante e profonda sotto l’aspetto umano. Penn, che aveva da poco terminato le riprese del suo Into the Wild – Nelle terre selvagge, accettò con entusiasmo il ruolo di Milk e si preparò con maniacale impegno e fatica: per avvicinarsi meglio alla corporatura del personaggio, si sottopose ad una rigida dieta dimagrante, perdendo anche il suo tono muscolare; incontrò molte persone che conobbero il politico e studiò molti suoi discorsi e interviste per catturare al meglio l’intonazione della voce. In più, la sua trasformazione fisica è stata avvalorata da un incredibile lavoro di trucco, che applicò all’attore una protesi al naso e ai denti, lenti a contatto colorate e un’attaccatura differente dei capelli. Il risultato è una performance pura, autentica, lodevole e meritatamente acclamata dal mondo intero. Oscar al miglior attore 2009.
1) Robert De Niro – Toro scatenato (1980)
E al primo posto abbiamo la migliore interpretazione di uno dei più grandi attori mai esistiti (se non il migliore in assoluto) Robert De Niro, che veste i panni del pugile Jake LaMotta nel capolavoro senza tempo di Martin Scorsese Toro scatenato. La storia segue le impetuose e faticose vicissitudini professionali e interpersonali del pugile, un campione sul ring e un uomo completamente dominato dall’ira, nel ritratto cinematografico della sua ascesa e del suo declino, dei suoi istinti aggressivi e del suo desiderio di ottenere l’amore dei propri cari, ma che si lascia trasportare dall’odio.
Quella di De Niro in questo film è considerata da molti come la migliore interpretazione mai realizzata. Con Toro scatenato abbiamo l’opportunità di assistere ad una performance che da subito è diventata emblema di recitazione, acclamata dalla critica, dal pubblico e riconosciuta come un’autentica perla di immedesimazione, sotto qualsiasi aspetto. L’attore dà vita ad un personaggio controverso, aggressivo, desideroso di ottenere la vittoria a tutti i costi, mostrandosi come un vincente, ma rivelando anche l’aspetto umano e distruttivo della sua personalità. La lavorazione del film ha richiesto la divisione in due parti, ovvero la parte principale e le scene in cui si vede LaMotta ingrassato e invecchiato; per questo motivo De Niro dovette prima ingrassare di circa trenta chili per poi subire un dimagrimento e una ricostruzione muscolare. La celebre metamorfosi del divo è l’esempio di un metodo di recitazione estrema e di una degna e fedele rappresentazione della realtà. Oscar al miglior attore 1981.
Fonte immagine in evidenza: The Movie Database