Una tv alternativa: 5 bizzarri show televisivi giapponesi

Una tv alternativa: 5 bizzarri show televisivi giapponesi

Un pudore ben lontano dagli standard europei, quello degli show televisivi giapponesi. Gli spettatori italiani sono abituati a quiz show dai toni relativamente pacati e, per quanto avvincenti, statici nella struttura: si pensi allo storico Chi vuol essere milionario. Ora, guardando alle “sfide” che i partecipanti ai game show giapponesi devono affrontare, possiamo senz’altro affermare che il pubblico in studio e da casa si annoierebbe guardando i programmi delle reti italiane! Infatti, se Ciao Darwin vi è sembrato spietato e a tratti disgustoso, in Giappone i livelli di stravaganza e immoralità raggiungono vette intangibili per la televisione continentale.

Tagliando deliberatamente game show in cui si baciano “cose” poco convenzionali e karaoke che coinvolgono le più intime parti del corpo, vi proponiamo i 5 show televisivi giapponesi più bizzarri che la televisione nipponica trasmette in barba alle domande di cultura generale degli show che spopolano nel resto del mondo.

I 5 bizzarri show televisivi giapponesi che vi sbalordiranno

Takeshi’s Castle. Legato all’infanzia di tutti i bimbi sintonizzati su K2 dopo cena, il lo show televisivo ideato dal regista e attore Takeshi Kitano è stato trasmesso in Giappone dal 1986 fino al 1989, per poi approdare anche in Italia per la prima volta all’inizio degli anni novanta, commentato dalla Gialappa’s Band nel suo Mai dire Banzai. Il nome dello show è anche l’obiettivo del gioco: espugnare il castello di Takeshi (e vincere un premio di un milione di yen). In ogni puntata, un gruppo di 100 concorrenti capitanati dal Generale Lee deve superare una serie di improbabili prove come il Deep Float, in cui i partecipanti devono cercare di rimanere in equilibrio su delle piccole piattaforme sull’acqua, o Skittles, in cui i concorrenti travestiti da birilli giganti devono rimanere in piedi mentre uno scagnozzo di Takeshi cerca di colpirli con un’enorme palla da bowling. Pochissimi sono stati i giocatori che, arrivati alla fine del gioco (lo Show Down), hanno sconfitto il conte Takeshi (interpretato dallo stesso regista) e hanno preso il suo castello.

Candy or Not Candy? In italiano potremmo tradurlo in Caramelle oppure no?: un titolo parlante considerando che i concorrenti devono indovinare se gli oggetti che vengono loro sottoposti durante il gioco sono o non sono dolci commestibili. Dov’è la difficoltà? I pasticceri del programma preparano delle “caramelle” incredibilmente verosimili agli oggetti più disparati: i giocatori, ad esempio, vengono messi innanzi a due scarpe esattamente identiche, una soltanto, però, è commestibile. Ma poco importa perché qualunque sia la loro scelta, fortunata o meno, dovranno mangiarla comunque. Pena: la squalifica.

Dero! Dero! Il livello di pericolosità, in questo caso, si alza vertiginosamente. Le sfide che i partecipanti, divisi in due squadre da cinque, sono chiamati ad affrontare, infatti, non hanno nulla a che fare con percorsi ad ostacoli o domande a cui rispondere a tempo: devono, ad esempio, disinnescare ordigni, risolvere il cubo di Rubik mentre parti del pavimento della stanza in cui sono rinchiusi spariscono, oppure attraversare strisciando o correndo cunicoli strettissimi mentre le pareti si restringono.

Downtown no gaki no tsukai ya arahende!! Conosciuto anche come Downtown’s I’m Not An Errand Boy!! o Downtown’s This Is No Job For Kids!!, questo varietà giapponese è uno degli show comici ad oggi più apprezzati in patria dall’anno della sua prima messa in onda, nel 1989. Condotto dal duo comico dei Downtown, questo show vanta tanti segmenti divertenti, variegati ma accomunati dalla stessa tensione vero l’assurdo. Primi tra tutti i batsu game, in cui uno o più membri del cast, dopo aver perso una scommessa o una sfida, devono scontare una dura (ma soprattutto umiliante) punizione: pensiamo al No-Laughing High School, in cui i concorrenti devono sopravvivere ad una giornata al liceo senza ridere neanche una volta (punizione: una sculacciata con uno shinai, una spada tipica giapponese), oppure alla Chinko Machine, una sorta di catapulta che colpisce nelle parti basse il concorrente che sbaglia uno scioglilingua.

Money In Bra Game. Non c’è bisogno di tante spiegazioni per uno show che in italiano chiameremmo Il gioco dei soldi nel reggiseno. L’obiettivo, di facile intuizione, è quello di raccogliere il maggior numero di monete nel proprio decolté: e chiaramente, più prosperosa sarà la partecipante, più semplice sarà per lei portare a casa più denaro possibile. Questo non è di certo l’unico show in cui protagoniste sono delle donne avvenenti: infatti nel mondo televisivo giapponese, se non come partecipanti, le donne trovano materiale occupazione del proprio corpo come vera e propria “tappa” o scopo di un gioco. Null’altro se non la conferma dell’abisso intercorrente tra il concetto di buon costume in Giappone e in Europa.

Insomma, c’è da chiedersi come reagirebbe l’Italia nel vedersi proporre show televisivi di questo calibro all’ora di cena!

A proposito di Ilaria Iovinella

Premessa: mai stata di poche parole, eterna nemica dell'odioso "descriviti in tre aggettivi". Dovessi sintetizzarmi, direi che l'ossimoro è una figura retorica che mi veste bene. Studio giurisprudenza alla Federico II, ma no, da grande non voglio fare l'avvocato. Innamorata persa dell'arte e della letteratura, dei dettagli e delle sfumature, con una problematica ossessione per le storie da raccontare. Ho tanto (e quasi sempre) da dire, mi piace mettere a disposizione di chi non ha voce le mie parole. Insomma, mi chiamo Ilaria e sono un'aspirante giornalista, attualmente impacciata sognatrice con i capelli corti.

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