A cosa servono i Bitcoin? Storia e pareri sulla criptovaluta più famosa

A cosa servono i Bitcoin? Storia e pareri sulla criptovaluta più famosa

A cosa servono i Bitcoin? Cerchiamo di capirlo insieme!

I Bitcoin, saliti alla ribalta un anno fa, quando il loro valore è schizzato a 20.000 dollari, sono una criptovaluta: una valuta digitale, basata sulla crittografia e decentralizzata. In altre parole sono un mezzo di scambio che non esiste in forma “fisica”, che funziona grazie alla crittografia asimmetrica e ad altre tecniche crittografiche e che non è controllato da alcuna autorità statale.

A cosa servono i Bitcoin

In estrema sintesi i Bitcoin servono alle stesse cose per cui serve una moneta come l’euro: accettare e fare pagamenti, compravendita di beni, scambio con altre valute, utilizzo in strumenti finanziari. Le similitudini finiscono qui. La prima differenza è nel valore: quello di una normale valuta dipende dall’istituzione che lo emette e dalla situazione politico/economica dello Stato, quello del Bitcoin invece è dovuto solo a domanda e offerta. Questo spiega le oscillazioni estreme del suo valore, dai pochi centesimi dell’esordio ai ventimila dollari dell’anno scorso, fino ai circa tremila/quattromila dollari attuali. A causa di quest’estrema volatilità, i Bitcoin non hanno avuto grandissima diffusione, ma sono accettati in una discreta quantità di attività commerciali, soprattutto online. Poiché sono un mezzo di pagamento “anonimo”, per il particolare meccanismo di funzionamento, hanno rivestito e rivestono anche un ruolo in traffici illeciti, in particolare per trasferimenti di denaro nel cosiddetto dark web.

Come funzionano

Il funzionamento della rete che c’è dietro i Bitcoin non è facile da sintetizzare e spiegare senza tecnicismi, volendo è possibile approfondirlo in diversi livelli di dettaglio, dai più semplici ai più tecnici. Volendo semplificare esiste una rete peer-to-peer dove ogni utente è un nodo e ha un “portafoglio” a cui corrisponde un indirizzo e in cui conserva i suoi Bitcoin. Basta installare un software apposito per crearne uno, non esiste quindi nessun registro che associ un indirizzo ad una data persona.

Le transazioni tra indirizzi vengono registrate nella blockchain, una sorta di libro mastro pubblico che è distribuito tra tutti gli utenti che partecipano alla rete Bitcoin. Come tutto ciò che riguarda i Bitcoin, anche questo processo è basato sulla crittografia. Inserire le nuove transazioni nel libro mastro richiede la soluzione di complessi problemi matematici di cui si occupano i cosiddetti miners, che sono utenti che sfruttano la potenza di calcolo dei propri computer per risolvere questi problemi crittografici. In cambio ottengono una ricompensa in Bitcoin al momento della soluzione, in parte dovuta al sistema stesso (che dimezza questa ricompensa ogni quattro anni), in parte dovuta ad una eventuale commissione per eseguire la transazione. Per vari motivi la difficoltà dei calcoli è legata al numero di miners: più cresce, più la difficoltà è alta. Uno dei motivi di questa scelta è per rallentare la creazione di nuova criptovaluta, dato che il numero di Bitcoin che possono essere creati è limitato a ventuno milioni, (di cui diciotto milioni in circolazione) per evitare l’inflazione.

Conseguenza di questi limiti è stato l’aumento della capacità di calcolo necessaria per gestire la rete Bitcoin. I problemi sono così complessi che i partecipanti possono solo unirsi alle cosiddette mining pools, una sorta di cooperative in cui gli utenti contribuiscono con la propria potenza di calcolo in cambio di una percentuale della ricompensa al momento della soluzione del problema crittografico. L’alternativa è spendere denaro in corrente e hardware specializzato, circuiti detti Bitcoin mining ASICs. Per avere un’idea della capacità di calcolo necessaria basta analizzare il consumo energetico annuale dell’hardware necessario a far funzionare la rete a questi ritmi: nei periodi di picco è arrivato a superare quello di nazioni come l’Irlanda.

Il futuro del Bitcoin

Quale sarà il futuro del Bitcoin? Difficile dirlo. A differenza di quanto molti credevano non è stato distrutto dal crollo del suo valore in seguito al picco. È una tecnologia interessante, ma molti dei suoi limiti permangono. Innanzitutto la mancanza di un ente centrale non dà nessuna garanzia sul suo valore e l’anonimato lo rende un mezzo ideale per scambi illeciti. Ci sono poi alcuni limiti tecnici, ad esempio sulla velocità delle transazioni e sullo spazio necessario per avere una copia della blockchain. Anche l’aspetto del consumo energetico è influente, dato che lo rende uno dei mezzi di scambio meno efficienti e dall’alto impatto. Anche l’idea di moneta decentralizzata in realtà non è stata pienamente realizzata a causa della necessità di potenza di calcolo: grossi gestori di nodi e/o di mining pool possono avere un’influenza sulla rete. Il futuro rimane insomma difficile da prevedere.

Francesco Di Nucci

Immagine di Tumisu, sotto Licenza Pixabay

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