Il termine epic fail, traducibile come “fallimento epico”, è entrato nel nostro vocabolario per descrivere un errore clamoroso. Può trattarsi di cadute rocambolesche, strafalcioni grammaticali o, sempre più spesso, di errori di comunicazione disastrosi. Nell’era digitale, la comunicazione istantanea rende il web un’arma a doppio taglio: un epic fail commesso da una celebrità o da un’azienda può fare il giro del mondo in pochi secondi, generando una crisi di immagine quasi impossibile da contenere. Gli epic fail di internet sono così numerosi da essere diventati un vero e proprio genere di intrattenimento.
Indice dei contenuti
- 1. Roberto Saviano e l’apostrofo
- 2. Uliveto e la pallavolo femminile
- 3. Dolce & Gabbana e la crisi con la Cina
- 4. Fedez e la festa al supermercato
- 5. Melegatti e lo scivolone omofobo
- 6. Groupalia e il marketing del terremoto
- 7. Il MIUR e l’errore alla maturità
- Lezioni dagli epic fail: come gestire una crisi
I 7 peggiori epic fail di internet che hanno fatto la storia
Ecco una raccolta di alcuni dei “fallimenti epici” più memorabili commessi da personaggi famosi e grandi aziende.
Protagonista | L’Epic Fail in breve |
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Roberto Saviano | Ha difeso l’errore grammaticale “qual’è” citando Pirandello, scatenando una polemica nazionale. |
Uliveto | Ha pubblicato una foto della nazionale di pallavolo femminile cancellando le due atlete di colore. |
Dolce & Gabbana | Ha prodotto uno spot percepito come offensivo per la Cina, aggravato da insulti privati di Stefano Gabbana. |
Fedez / Carrefour | Una festa di compleanno in un supermercato, con spreco di cibo e comportamenti irrispettosi. |
Melegatti | Ha pubblicato un post su Facebook con uno slogan percepito come omofobo. |
Groupalia | Ha usato la paura del terremoto in Emilia per promuovere un viaggio a Santo Domingo. |
MIUR | Ha pubblicato le tracce della maturità scrivendo “traccie” invece di “tracce”. |
1. Roberto Saviano e l’apostrofo difeso a spada tratta
Nel 2011, lo scrittore di Gomorra si rese protagonista di un clamoroso epic fail. In un tweet, scrisse “qual’è” con l’apostrofo. Molti follower glielo fecero notare, ma la sua risposta fu sorprendente: «Ho deciso, continuerò a scrivere qual’è con l’apostrofo come Pirandello e Landolfi.» La polemica che ne seguì fu tale da spingere la Treccani a intervenire per ribadire la regola.
2. Uliveto e la gaffe della pallavolo femminile
Al termine dei Mondiali di pallavolo del 2018, Uliveto pubblicò un post di ringraziamento alla squadra femminile. Nella foto, però, le due atlete di colore, Miriam Sylla e Paola Egonu, erano state di fatto cancellate. Sebbene l’azienda abbia parlato di errore involontario, la gaffe scatenò una bufera social con pesanti accuse di razzismo.
3. Dolce & Gabbana e la crisi diplomatica con la Cina
Prima di una sfilata in Cina, D&G lanciò uno spot in cui una modella cinese tentava goffamente di mangiare cibo italiano con le bacchette. Lo spot fu percepito come sessista e offensivo. A peggiorare la situazione, vennero resi pubblici messaggi privati di Stefano Gabbana carichi di insulti verso il popolo cinese. L’evento fu annullato e i prodotti del brand boicottati nel paese.
4. Il compleanno di Fedez al supermercato e lo spreco di cibo
Per il suo ventinovesimo compleanno, Chiara Ferragni organizzò una festa a sorpresa per Fedez in un supermercato Carrefour. L’evento, documentato su Instagram, si trasformò in un epic fail colossale: lanci di ortaggi, gare con i carrelli e spreco di cibo scatenarono l’indignazione del web, danneggiando l’immagine sia della coppia di influencer che della multinazionale.
5. Melegatti e lo scivolone omofobo su Facebook
Nel 2015, Melegatti pubblicò su Facebook una foto con la frase: «Ama il tuo prossimo come te stesso… basta che sia figo e dell’altro sesso». La frase, percepita come omofoba, suscitò l’immediata reazione della comunità online. Nonostante i maldestri tentativi di correggere il tiro, l’azienda si trovò al centro di una tempesta mediatica.
6. Groupalia e il marketing del terremoto
Uno dei peggiori epic fail fu quello di Groupalia. All’indomani del terremoto in Emilia del 2012, l’azienda pubblicò su Twitter un post di pessimo gusto: «Paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a #SantoDomingo». Il tweet divenne virale in poche ore, generando un’ondata di sdegno e costringendo l’azienda a scuse pubbliche.
7. Il MIUR e l’epic fail grammaticale alla maturità
Anche le istituzioni possono sbagliare. Nel 2017, il Ministero dell’Istruzione (MIUR), nel pubblicare le tracce dell’esame di maturità, commise un errore clamoroso: sulla piattaforma ufficiale, la parola “tracce” fu scritta nella forma errata “traccie“. Sebbene l’errore sia stato corretto, la gaffe divenne virale, un epic fail particolarmente imbarazzante per l’ente responsabile dell’istruzione nazionale.
Lezioni dagli epic fail: come gestire una crisi di comunicazione
Questi esempi dimostrano come un singolo post possa causare danni enormi alla brand reputation. Come si risponde a un epic fail? La gestione della crisi è fondamentale. Trasparenza, rapidità nel chiedere scusa (quando l’errore è palese) e assunzione di responsabilità sono passi essenziali per arginare i danni. Negare l’evidenza o, peggio, rispondere con arroganza, come dimostrano alcuni di questi casi, non fa che amplificare la portata del fallimento. L’epic fail diventa così una lezione costosa ma preziosa: nel mondo digitale, ogni parola ha un peso e la superficialità non è mai una buona strategia.
Fonte dell’immagine in evidenza: Pixabay
Articolo aggiornato il: 02/09/2025