Tripofobia: cos’è la paura dei buchi, sintomi, cause e cura
La tripofobia è definita comunemente come la paura dei buchi, siano essi distanziati o ravvicinati. Questa condizione, che può sembrare insolita, coinvolge un numero crescente di persone e può manifestarsi con reazioni intense, fino a veri e propri attacchi di panico. In realtà, chi soffre di questo disturbo è terrorizzato dalla visione di pattern visivi ripetitivi, che possono includere non solo piccoli fori, come quelli di un favo d’api o di una spugna, ma anche protuberanze, cerchi e altre forme geometriche aggregate.
Cos’è la tripofobia: la paura dei pattern ripetitivi
Il termine tripofobia è stato coniato nel 2005 e deriva dal greco “trýpa” (buco, perforazione) e “phóbos” (paura). Sebbene il nome sia recente, il fenomeno è antico. Le prime descrizioni in ambito scientifico risalgono al 2013, grazie ai ricercatori Arnold Wilkins e Geoff Cole dell’Università dell’Essex. Secondo i loro studi, il disturbo avrebbe un’origine inconscia e istintiva, un retaggio evolutivo legato a meccanismi di difesa. La tripofobia non è quindi la paura del buco in sé, ma della particolare configurazione visiva che esso crea insieme ad altri elementi simili.
Sintomi della tripofobia: dal disgusto all’ansia
A differenza di altre fobie, la cui emozione dominante è la paura, la tripofobia è primariamente legata al disgusto. La visione di immagini o forme che contengono o raffigurano fori e puntini può scatenare un’immediata repulsione e nausea. Questa sensazione può poi evolvere in paura intensa e ansia. I sintomi possono essere sia psicologici che fisici:
- Nausea, vertigini e mal di testa;
- Eccessiva sudorazione e brividi;
- Tremore a mani o gambe;
- Battito cardiaco accelerato e sensazione di panico;
- Pelle d’oca e una sgradevole sensazione di prurito, specialmente se le immagini richiamano buchi sulla pelle.
Le immagini che generano queste reazioni possono essere le più varie: dai gruppi di fiori o animali (come il baccello del fiore di loto o i coralli) a oggetti artificiali come tubi o tavolette di cioccolato aerato.
Le cause della tripofobia: una paura ancestrale?
Le ricerche suggeriscono che la tripofobia derivi da un meccanismo di difesa evolutivo. I pattern che scatenano la repulsione condividono caratteristiche visive con elementi pericolosi presenti in natura. Il cervello, in modo istintivo, segnalerebbe come una minaccia quelle immagini che richiamano le macchie o i buchi presenti su animali e piante velenose (come il polpo dagli anelli blu, alcuni serpenti o ragni) o la pelle affetta da malattie infettive e parassiti. La reazione di disgusto sarebbe quindi una risposta primordiale per tenerci lontani da un potenziale contagio o avvelenamento. Allo stesso modo si spiega la sensazione di prurito, un riflesso difensivo della pelle a una possibile contaminazione. Un’altra teoria sostiene che questi pattern richiedano un maggiore sforzo di elaborazione da parte del cervello, causando stress visivo e disagio.
La tripofobia è una vera fobia? il dibattito scientifico
Attualmente, la tripofobia non è ufficialmente riconosciuta come un disturbo psichiatrico a sé stante nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5). Questo non significa che la sofferenza di chi ne è affetto non sia reale. Molti psicologi sostengono che, pur essendo primariamente basata sul disgusto, la tripofobia possa assumere le forme di una fobia specifica quando la paura diventa così intensa da causare evitamento e un disagio clinicamente significativo, un po’ come accade per la musofobia o altre paure specifiche. Il dibattito scientifico è ancora aperto, ma l’attenzione su questo disturbo è in costante crescita.
Come superare la tripofobia: cure e terapie efficaci
Sebbene la tripofobia sia un disturbo diffuso, gli specialisti sottolineano che può essere curata. Affrontare questa paura è possibile, specialmente se essa ha un impatto negativo sulla vita sociale e lavorativa. È assolutamente necessario rivolgersi a un professionista, evitando i test e le soluzioni “fai da te” che si trovano online, i quali non hanno alcuna valenza scientifica.
Terapia di esposizione e desensibilizzazione sistematica
Uno degli approcci più efficaci è la terapia cognitivo-comportamentale (TCC), in particolare attraverso la tecnica della desensibilizzazione sistematica. Con l’aiuto di un terapeuta, la persona viene gradualmente e in modo controllato esposta agli stimoli che scatenano la paura, partendo da quelli meno ansiogeni fino ad arrivare a quelli più intensi. Contemporaneamente, si apprendono tecniche di rilassamento per gestire l’ansia. Questo processo aiuta il cervello a “riapprendere” che i pattern temuti non rappresentano una minaccia reale, riducendo così la reazione di disgusto e paura.
L’importanza di un supporto professionale
Spesso non è possibile risolvere la paura in modo autonomo. Un professionista può aiutare a comprendere le radici del disturbo e a sviluppare strategie personalizzate per affrontarlo. Una terapia, pur non portando necessariamente all’estinzione totale della repulsione, può migliorare drasticamente le sue manifestazioni, permettendo alla persona di riprendere il controllo e di non essere più limitata dalla propria fobia. È interessante notare come chi soffre di tripofobia talvolta cerchi attivamente online le immagini che causano ribrezzo, in una sorta di “curiosità morbosa”. È importante, invece, ridurre al minimo l’esposizione involontaria e affrontare quella volontaria solo all’interno di un percorso terapeutico strutturato.
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