Alejandro Varela: Babylon I Recensione

Alejandro Varela

Alejandro Varela, scrittore americano di racconti,  esce nelle librerie con il suo primo romanzo dal titolo “Babylon”. Edito da NN, collana La Stagione, “Babylon” (titolo originale: “The Town of Babylon”, tradotto da Stefano Valenti) è la narrazione del “melting pot” dei nostri giorni negli Stati Uniti, nella finzione del “sogno americano“: uomini e donne che provengono da paesi e culture diverse che arrivano negli Stati Uniti inseguendo un sogno e si ritrovano in un clima di esclusione e di lotta perpetua per la sopravvivenza.

Attraverso la storia di Andres, detto Andy, di origine latinoamericana (“latinx”), è possibile percepire la solitudine vissuta dagli immigrati negli USA, sia latini, sia neri, che nativi americani ecc. che va a cozzare con il loro desiderio di emergere e ricostruirsi una vita. 

Alejandro Varela, laureato in Public Health è uno scrittore di racconti e di articoli apparsi su varie riviste quali The Point Magazine, Georgia Review, Boston Review e Harper’s. “Babylon” è stato finalista al National Book Award 2022 e selezionato come uno dei migliori libri del 2022 da Library Journal e Publishers Weekly. 

“Babylon” di Alejandro Varela, la sinossi

USA, giorni nostri. Andres, detto Andy è un professore universitario e  figlio di immigrati sudamericani che si sono trasferiti negli Stati Uniti molti anni addietro per fuggire da un territorio violento senza prospettive di lavoro né di futuro. I suoi genitori, Alvaro e Rosario hanno poi deciso di trasferirsi dalla città in campagna, in una tranquilla cittadina, con la convinzione che lì avrebbero potuto regalare ai propri figli una vita salubre e serena.  Lì però si sono ritrovati soli, in un luogo dove gli “stranieri” come i “neri” vengono considerati “specie” rara,  che è meglio tenere a distanza. 

Andres torna nella cittadina dove è cresciuto perché il padre ha avuto qualche problema di salute e vuole dare supporto a sua madre, cosi ne approfitta per fare i conti con il suo passato. Ne sente il bisogno da quando le cose con Marco, suo marito, medico di origini latine come lui,  non vanno molto bene. Tutto inizia con la sua partecipazione ad una festa di ex studenti: qui incontra i suoi amici del liceo con i quali aveva troncato improvvisamente i rapporti quando era partito per il college. Incontra Simone, la sua amica “nera” che scopre di essere schizofrenica e Jeremy, il suo primo amore.  Da lì si snoda la narrazione tra flashback sul passato che vedono come protagonista, oltre a Andy, i suoi genitori, il fratello Henry, la sua amica Simone e la sua famiglia. 

Alejandro Varela, con “Babylon”, partendo dalla storia della famiglia di Andy fa una riflessione sull’America di oggi: qui ormai gli immigrati di seconda, terza o quarta generazione, si mescolano in maniera più netta tra gli americani; diventa sempre più difficile distinguere un “americano” da un latinx ad esempio.  Ma poi cosa significa davvero essere “americani”? Andy, come molti figli di latinx, si sente a metà tra una cultura di origine che non conoscono e un’altra in cui sono cresciuti ma che non li riconosce come aventi diritto, per cui da un lato prova un sentimento di rivalsa per questo popolo irraggiungibile, dall’altro vuole farne parte come gli altri ma lotta ogni giorno più degli altri per emergere. Continuando una lotta quotidiana iniziata dai suoi genitori, una lotta che forse suo fratello Henry (Enriques) non voleva combattere e che l’ha sopraffatto. 

“Babylon” di Alejandro Varela è un romanzo con il quale si entra subito in empatia: la narrazione è fluida e dinamica. Un romanzo da leggere. 

“Negli ultimi mesi ho raggiunto un’importante consapevolezza: non provengo da nessuna parte. Non provengo più da qui. Non provengo da lì. Non sono cresciuto in mezzo alla “mia gente”. Ho trascorso la maggior parte della mia via circondato da persona bianche che in un modo o nell’altro non mi hanno preso sul serio. Sono andato all’università e ho continuato a circondarmi di bianchi- se questo sia stato intenzionale o meno lo decifreranno i futuri psicologi.”

 

Fonte immagine: Ufficio Stampa

A proposito di Rita Giordano

Sono laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche e mi occupo di progettazione sociale per il No Profit. Mi definisco curiosa e appassionata verso l’arte in tutte le sue forme: amo scrivere, dipingere ma soprattutto leggere, tanto da andare in astinenza se non leggo per più di un una settimana. Ho collaborato con varie riviste specializzate (Storie, Cevitasumarte, Guerra e Pace, Eco delle città).

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