Il placito capuano è un documento storico di notevole importanza, universalmente considerato la prima testimonianza scritta del volgare italiano e il punto di partenza per la ricostruzione della nascita della nostra lingua. Redatto nel 960 d.C., questo atto giuridico rappresenta un momento fondamentale in cui il linguaggio parlato dal popolo fece il suo ingresso in un documento ufficiale, rompendo il monopolio del latino. Conservato per secoli nell’abbazia di Montecassino, la sua importanza fu pienamente riconosciuta grazie agli studi di grandi storici della lingua.
Indice dei contenuti
Cos’è il placito capuano: il contesto storico e la controversia legale
Con il termine placito si indicava, nel medioevo, un’udienza o una sentenza giudiziaria. Il placito capuano, datato marzo 960, è il primo di una serie di quattro documenti simili, noti come placiti cassinesi, che attestano l’uso consapevole del volgare in un contesto giuridico. Il documento registra una controversia legale per il possesso di alcuni terreni. La contesa vedeva contrapposti Rodelgrimo d’Aquino, un signorotto locale, e l’abate Aligerno del monastero di Montecassino. Rodelgrimo rivendicava la proprietà di terre che, secondo l’abate, appartenevano al monastero da oltre trent’anni per usucapione. Il giudice Arechisi, per risolvere la questione, richiese la deposizione di testimoni che dovettero pronunciare una formula di giuramento chiara e comprensibile a tutti, scritta per questo motivo non in latino ma nella lingua parlata dal popolo.
La formula di testimonianza: il testo e la traduzione
L’intero placito è redatto in latino medievale, la lingua ufficiale degli atti giuridici. Al suo interno, però, il notaio inserì la formula esatta che i testimoni dovettero pronunciare in volgare. Questa è la parte che costituisce la prima attestazione ufficiale della lingua italiana:
Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti.
La traduzione in italiano moderno è la seguente:
«So che quelle terre, entro quei confini che qui sono descritti, per trent’anni le ha possedute l’amministrazione patrimoniale di San Benedetto.»
Analisi linguistica: perché è l’atto di nascita dell’italiano
L’eccezionalità del placito capuano risiede nel suo essere il primo documento ufficiale in cui il volgare non è usato per caso, ma con la precisa intenzione di essere giuridicamente valido e comprensibile. L’analisi della formula rivela numerosi tratti che lo distinguono nettamente dal latino e lo avvicinano all’italiano moderno.
Parola in volgare | Significato e analisi linguistica |
---|---|
Sao | Dal latino “sapio”, ma con la perdita della desinenza finale, tipica del volgare (“so”). |
Ko | Uso della congiunzione “che”, derivata dal latino “quod”. |
Kelle | Forma di aggettivo dimostrativo (“quelle”), assente in latino classico. |
Ki | Avverbio di luogo (“qui”), che mostra l’evoluzione dal latino “ecce hic”. |
Le possette | Il pronome “le” precede il verbo, una costruzione sintattica tipica delle lingue romanze. |
L’importanza storica e la sua conservazione
Il placito capuano, insieme agli altri tre placiti cassinesi, dimostra che nel X secolo esisteva già una netta distinzione tra il latino, lingua della cultura e del diritto, e il volgare, la lingua d’uso quotidiano, ormai matura al punto da poter essere utilizzata in un contesto ufficiale. Questo documento segna quindi un punto di non ritorno nella storia della lingua italiana. Oggi, la pergamena originale è custodita presso l’archivio della maestosa abbazia di Montecassino, sopravvissuta a secoli di storia e a eventi distruttivi. Per approfondimenti sulla nascita della lingua, è possibile consultare fonti autorevoli come l’Enciclopedia dell’Italiano Treccani.
Fonte immagine per l’articolo “Cos’è il Placito Capuano“: Pixabay
Articolo aggiornato il: 19/09/2025