I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift | Recensione e Analisi

I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift | Recensione

“I viaggi di Gulliver” è un romanzo pubblicato nel 1726 dallo scrittore di origini irlandesi Jonathan Swift, considerato uno dei pilastri del genere della satira in lingua inglese.

I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift: libro I.

“I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift si apre con la descrizione del contesto sociale del protagonista, il quale si imbarca per mare come medico di bordo. In seguito a un naufragio, Gulliver si ritrova sull’isola di Lilliput. Raggiunta la terraferma, Gulliver si addormenta per la stanchezza e al risveglio si ritrova completamente legato e con alcuni uomini, alti circa dodici centimetri, che gli camminano sul corpo. A un certo punto viene eretto un palchetto e sopra vi sale quello che Gulliver definisce dall’aspetto una persona di rango sociale elevato. Questo gli fa un lungo discorso ma lui non ne capisce nemmeno una sillaba.  Gulliver fa capire loro che è disposto a non voler fare del male e che però ha anche molta fame. Dopo essersi rifocillato, i Lillipuziani iniziano a ballare sul suo petto. Spesso Gulliver nel guardarli è tentato di scagliarne qualcuno per terra, però per la promessa fatta decide di non farlo. La diversità di dimensione fa sì che Gulliver li veda come dei pupazzi, non riuscendo a prenderli più di tanto sul serio. Successivamente viene portato a Lilliput e Gulliver paragona la vegetazione intorno alla città a un lungo giardino mentre la città a una specie di quadro, perché tutto è così piccolo che gli edifici gli appaiono minuscoli e quindi la sensazione che ha a primo impatto è quella di trovarsi davanti a un quadro. Vediamo come, per quanto Gulliver si sforzi, vi sia una riduzione di tutto ciò con cui egli entra in contatto; la differenza di scala si traduce anche in una ridotta percezione delle figure, degli oggetti e delle situazioni che Gulliver vive. Successivamente Gulliver fa la conoscenza dei reali, fornendo una descrizione del re. Costui era più alto di qualsiasi altro membro della sua corte di circa una sua unghia. Questa differenza di altezza era abbastanza da suscitare stupore in chi lo guardava. Il metro di paragone utilizzato non può che essere quello umano, considerando il pubblico a cui è rivolto il romanzo, tuttavia, lo sforzo che Gulliver fa per elogiare la figura del re finisce in realtà per sminuirla poiché l’unghia umana resta comunque qualcosa di molto piccolo. L’effetto ottenuto è quello di renderlo ridicolo senza volerlo realmente. Qui possiamo riscontrare uno degli elementi che rende così grande e soprattutto efficace la satira di Swift: in questo libro il bersaglio della satira è la civiltà inglese e più in generale quella europea rappresentata dai lillipuziani. Questi ultimi costituiscono un modo alternativo per parlare della società inglese, che lui attraverso il semplice cambiamento di scala può guardare e descrivere letteralmente dall’alto al basso. La conseguenza importante della differenza di scala tra Gulliver e i lillipuziani è la seguente: tutto ciò che quegli esseri minuscoli fanno e dicono ci appare piccolo e meschino.  Questo è l’effetto indiretto della satira di Swift all’interno del romanzo: riuscire a sminuire le nostre convinzioni, ma non attraverso una critica esplicita, bensì descrivendole attraverso creature semplicemente piccole. Swift si rende conto che può criticare la società inglese senza parlarne male direttamente ma facendola descrivere da Gulliver, che può osservarla dall’alto al basso. La metafora ottica che viene impiegata in questo libro è proprio quella dall’alto.

I viaggi di  Gulliver di Jonathan Swift: libro II.

 Nel secondo libro di “I Viaggi di Gulliver”, quest’ultimo finisce in una terra di giganti: adesso è Gulliver ad essere un Lillipuziano. Si ritrova dinanzi un gigante che lo afferra e lo porta nella sua abitazione. La seconda metafora ottica del romanzo è quella del microscopio, come si può ben comprendere da un particolare episodio. Presso la casa del gigante vi è un bambino e una nutrice. Quest’ultima per calmare il bambino decide di allattarlo e lo fa proprio dinanzi a Gulliver. Normalmente si penserebbe ad un momento di estasi per la vista di un seno enorme, ma Gulliver dice di non aver mai visto niente di più disgustoso di quel seno che viene definito mostruoso, proprio perché grandissimo. Il fatto che Gulliver sia molto più piccolo rispetto ai giganti permette a Swift di ingigantire tutto e di portare tutte le qualità umane all’estremo per farle poi collassare su sé stesse, sottolineando l’importanza del punto di vista. Gulliver viene poi venduto al re dei Brobdingnaghiani, il quale è interessato ad apprendere usi e costumi della sua società. In seguito alla descrizione di Gulliver il re però scoppia in una fragorosa risata. In questo libro Gulliver, infatti, rappresenta la società inglese, la quale viene vista come una società che suscita riso. Agli occhi del re tutto ciò che Gulliver ha raccontato della sua Inghilterra appare piccolo e meschino così come piccole e meschine erano apparse tutte le cose fatte dai Lillipuziani. Di nuovo la società inglese e in generale quella europea ne esce sminuita e ridicolizzata. Nel primo libro quindi il bersaglio della satira è la società inglese rappresentata dai Lillipuziani mentre nel secondo libro i bersagli sono due: la società inglese, ora rappresentata da Gulliver stesso, e il corpo umano.

I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift: libro III.

Nel terzo libro di “I Viaggi di Gulliver”, il protagonista si reca in più posti ed è l’unico libro in cui entra in contatto con diverse alterità. Anche qui c’è una nuova metafora ottica, che è quella del caleidoscopio. Gulliver arriva presso i Laputiani, nell’isola volante di Laputa. La cosa che lo colpisce di più è che questi se ne vanno in giro con degli accompagnatori che di quando in quando li schiaffeggiano perché sono così assorti nei loro pensieri che vanno scossi per riportarli alla realtà. Queste persone sono distratte, sognano ad occhi aperti e quindi non riescono ad entrare in contatto con l’altro; è un’umanità alienata perché presa esclusivamente dai propri pensieri. È una critica all’intellettualismo nel senso più generico del termine, all’intelletto che viene piegato dalle nostre passioni. Arrivato a Balnibarbi, Gulliver vede le conseguenze di questo intellettualismo perché si trova di fronte a una città costruita malissimo. Si reca poi presso quella che era una sorta di università: la prima persona che incontra ha il compito di estrarre raggi solari dai cetrioli, un altro studioso lavora in uno studio puzzolente in cui cerca di convertire le feci nel cibo originale da cui derivano, e infine si imbatte in un architetto che cerca di studiare il modo per costruire le case partendo dai tetti invece che dalle fondamenta. Questi studiosi sono presi da esperimenti che non troveranno successo. Tuttavia, vi è comunque una logica alla base da cui deriva il problema di fondo: il fare le cose al contrario. Se non riconosciamo l’errore della nostra logica perché troppo presi dalle nostre convinzioni cadiamo in errore e tutto il nostro lavoro si rivelerà inutile e sbagliato. Ecco perché è importante la critica e il confronto con l’altro. Gulliver passa poi per Luggnagg, dove incontra gli Struldbrugs, ovvero gli immortali. In questo caso il bersaglio della satira dell’autore è la vita biologica. Swift ci presenta come non desiderabile, quando portata all’estremo, anche la vita, presentata come una condanna peggiore della morte. Questi immortali sono descritti come persone invidiose, incapaci di intrattenere rapporti neppure con la progenie. Sono persone chiuse perché si tratta di una vecchiaia destinata a durare per sempre. Swift si rende conto che una persona è massimamente viva quando gode della devozione delle persone che ama. Quando però questa condizione viene a mancare, come nel caso delle persone molto anziane, si sperimenta una condizione di morte in vita. Ciò che infatti ci rende morti è proprio l’incapacità di poterci interfacciare con le altre persone.

I viaggi di Gulliver, conclusione: libro IV.

Nel quarto ed ultimo libro de “I Viaggi di Gulliver“, il protagonista finisce nella terra degli Houyhnhnm. Le prime creature che Gulliver incontra in questo viaggio sono gli Yahoos, creature deformi con il petto e il capo ricoperti di pelo e barbe simili a quelle delle capre. Queste creature si arrampicano sugli alberi come scoiattoli grazie ai loro artigli ed hanno una grande agilità e forza. A un certo punto due cavalli si avvicinano a Gulliver e decidono di portarlo presso la casa di uno di loro. Qui Gulliver viene confrontato con uno Yahoo. Il cavallo gli confessa che data la somiglianza gli sembra uno di loro ma che il suo comportamento, la civiltà, la compostezza sono assolutamente qualità assenti in quegli animali. Gulliver apprende la lingua parlata dai due cavalli e racconta loro gli usi e i costumi della sua terra. I due restano particolarmente colpiti dalle disparità economiche e sociali che contraddistinguono la società europea e dal fatto che alcune persone erano più ricche di altre. Gulliver questa volta è sbalordito dalle virtù di questi cavalli, che vivono secondo natura e ragione ed esercitano il puro buon senso non corrotto dagli istinti. La metafora ottica usata in questa parte del libro è quella della lente bifocale perché abbiamo due alterità in perfetta simmetria tra di loro: gli Yahoos creature che vivono secondo gli istinti e i cavalli che vivono solo secondo la ragione. Anche in questo caso le due caratteristiche vengono portate agli eccessi ma nel caso dei cavalli le conseguenze sono positive.  Gulliver adesso capisce che la sua società è così meschina che non prova a difenderla e anzi fa di tutto per trascorrere il resto della sua vita presso quegli ammirevoli Houyhnhnm.

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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